giovedì 31 agosto 2017

Come disse quello? Chi è senza peccato scagli la prima pietra?






Qualche tempo fa è capitato che fra parenti, dopo pranzo, sono state tirate fuori delle fotografie di varie epoche che coinvolgevano a vario titolo i convenuti.
Per i più grandi è stato come riassaporare abitudini andate desuete e, nel rivedere momenti del passato, in talune foto, ritornammo a domandare chi era il personaggio rappresentato o quale era il luogo ritratto.
Coloro che erano in grado di rispondere magari raccontavano ancora una volta vecchi aneddoti ovvero nuovi intervenuti ne aggiungevano altri e, come quando prendi le ciliegie, si innescavano spesso anche racconti di eventi collegati che talvolta introducevano personaggi nuovi.
Un tempo solo viaggi o eventi occasionali erano pretesti per scattare delle foto; di regola il ricorso alla fotografia si collegava a gite fuori porta, a escursioni dell’azione cattolica, a viaggi per andare a trovare lontani parenti, ad accadimenti specifici come matrimoni, lauree, battesimi e prime comunioni.
In chi ha avuto la fortuna di accumulare un certo numero di anni, rivedere immagini di allora continua a conservare un fascino particolare, anche perché rinfresca la memoria e ci consente di far rivivere un po’ del nostro passato, ravviva tanti ricordi e le moltitudini di persone che ci hanno accompagnato negli anni. 
Ci si rivede piccoli e impacciati e talvolta ridicoli nelle mode del tempo, riscopriamo splendide giovinezze nei volti delle persone care a noi vicine o che ricordavamo, da ultimo, solo anziane.
Rivedere le foto di una volta rappresentava un rituale, un appuntamento cui partecipavano tutti, piccoli e grandi, parenti e affini. 
Attraverso le foto, che si giravano in circolo in un continuo passamano, tutti trovavano spunti per curiosità nuove, occasioni per far rinascere dibattiti, mentre i più piccoli ascoltavano incuriositi.
Ogni immagine custodisce sempre un qualcosa, anche perché si lega a specifici momenti familiari, con annesse le personalissime sensazioni.
In genere l’insieme delle foto che rappresentavano tanti anni si concentravano quasi sempre in una o due scatole ed eventuali duplicati presenti erano generalmente le copie in più fatte fare per poi farne regalo.
L’evolversi delle tecnologie e la progressiva crescita del benessere sociale hanno reso sempre più accessibile e praticabile l'interesse per la fotografia.
Con il boom economico, il popolo dei migranti si trasformò ben presto in massa di viaggiatori e lo sviluppo scolastico e culturale della nazione aiutò a scoprire a pieno le potenzialità documentali e narrative del nuovo mezzo.
Un fatto è certo però: mentre prima la produzione fotografica era essenzialmente basata sull’attività di professionisti e pochi fotoamatori che rispondevano sempre a delle regole, la democratizzazione dell’esercizio e la disponibilità di materiali e mezzi innescò a dismisura l’aumento delle quantità di immagini, spesso anche a discapito del  livello qualitativo.
Divenne pure popolare la partecipazione a corsi generici di fotografia, anche solo per provare il fascino della rivelazione dell’immagine bianco nero che avveniva in camera oscura. 
Intanto in molti si rivolsero pure alla pellicola positiva e incominciarono a proporre diaporami infiniti.
Come aneddoto personale ricordo il mio cinico accanimento verso amici e conoscenti nel propinare visioni di diapositive spesso impossibili per qualità e quantità.
Magari nei primi tempi i più accondiscendevano perché con le immagini di nuovi mondi andavano a soddisfare curiosità nel vedere genti e posti nuovi ma, diventata quasi una regola, ti sentivi in ultimo dire: “va bene, veniamo a casa tua, ma a condizione che non tiri fuori il proiettore”.
Oggi il web concede tantissime occasioni per visionare immagini bellissime di autori vari, ma offre anche ai fotoamatori innumerevoli opportunità per poter proporre con discrezione i prodotti che sono risultato delle proprie passioni.
Attraverso siti dedicati o più generalmente con l’utilizzo dei tanti portali/social, ciascuno può trovare tutti gli spazi che cerca.
Il tutto senza dare obbligo agli altri di accedere alla visione. Chi ha interesse può farlo, chi non trova alcun coinvolgimento può tranquillamente farne a meno e senza nessuna offesa.
In conclusione, quindi, come si diceva in chiusura in ogni favola finalmente …. "Happily Ever After" …. ovvero “e tutti vissero felici e contenti”. 


© Essec 2017


"Odyssey": Ai Weiwei a Palermo (Slide show)


Oltre mille metri quadrati di “floorpaper” con un motivo iconografico composto da un intreccio di immagini tratte dai social media e dal materiale raccolto dall’Artista nel corso dei suoi viaggi nei diversi campi profughi del mondo, ed organizzato formalmente secondo stilemi che si ispirano agli elementi grafici e compositivi delle antiche civiltà greche ed egizie. Le illustrazioni stilizzate in bianco e nero presentano immagini giustapposte, come nella pittura vascolare greca, e i contenuti rimandano all’immaginario mediatico del XXI secolo, rappresentato da scene di militarizzazione, migrazione, fuga e distruzione. Odyssey nasce da un progetto di ricerca sui rifugiati e sui campi profughi nel mondo, avviato nel 2015 dal grande artista cinese che vive e lavora tra Berlino e Pechino ed è stato promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Palermo e da Amnesty International Italia nell’ambito di “Diritti in Cantiere”, una ricca serie di iniziative culturali ed educative che ha preceduto i lavori della sua XXXII Assemblea generale. L’organizzazione è di ruber.contemporanea, in collaborazione con Accademia di Belle Arti di Palermo | dICODA Dipartimento di Comunicazione e didattica dell’Arte. Un progetto di ricerca che ha radici profonde, come spiega lo stesso artista: «Ho pensato alla mia esperienza come rifugiato. Quando sono nato, mio padre, Ai Qing, è stato denunciato come nemico del partito e del popolo. Siamo stati mandati in un campo di lavoro in una regione remota lontano da casa […] È un’esperienza terribile essere considerato straniero nel tuo paese, nemico della tua gente e delle cose che più mio padre amava» (Laundromat, Jeffrey Deitch Gallery, New York, 2016). Il suo interesse per lo studio di questo tema nasce già nel 2011, quando Ai Weiwei viene arrestato, ma può concretizzarsi solo nel 2015 quando gli viene restituito il passaporto e la possibilità di viaggiare fuori dalla Cina per visitare i campi profughi di diversi paesi, tra cui Grecia, Turchia, Libano, Giordania, Israele, Gaza, Kenya, Afghanistan, Iraq, Pakistan, Bangladesh, Messico. Nel 2016 gira un documentario sulla situazione mondiale dei rifugiati. Ai Weiwei, da sempre impegnato tra attivismo politico e ricerca artistica, è forse l’artista cinese oggi più famoso nel mondo e nel 2015 è stato nominato Ambasciatore della Coscienza di Amnesty International. Ha realizzato per Palermo un’istallazione di straordinaria forza che condensa in una grafica allo stesso tempo terribile per la forza dei contenuti e accattivante per la pulizia della forma, le immagini raccolte in questi anni di ricerca. (fonte: https://www.amnesty.it/grande-successo-allinaugurazione-odissey/) Fotografie e montaggio: Essec - Salvatore Clemente (http://www.toticlemente.it) 

domenica 27 agosto 2017

L’astuto, l’eroe del nostro tempo





Semplice riflessione nata da esperienze personali, su un tipo umano largamente diffuso: ovvero l’astuto.
Nell’accezione comune di questa nostra epoca, l’astuzia è dote positiva.
L’astuto anche laddove procuri danni, passa per individuo intelligente, geniale, acuto.
È un eroe del nostro tempo. Abile manipolatore, esperto nell’illudere riguardo alle proprie capacità, è incapace di analizzare il punto di vista altrui se non in funzione del proprio vantaggio.
L’astuto è avido al punto che prova gusto nell’ottenere vantaggio a discapito del prossimo anche quando non ce n’è alcun bisogno.
Convinto oltremisura delle proprie doti, prevarica con arte allo scopo di raggiungere i suoi personali obbiettivi, unica cosa che conta.
Sono innumerevoli i danni che l’astuzia provoca tra gli uomini, enorme l’energia spesa per gestirne le conseguenze: ma l’astuto, anche se punito, non perderà il suo senso di superiorità, lo si vedrà fare la vittima incolpando tutti tranne che se medesimo.
L’astuto è un millantatore che vende se stesso, mutando a seconda delle esigenze, ma non avendo consistenza, non vende nulla se non pura apparenza.
Non stupisce che tale figura sia protagonista in una società come la nostra che si lascia abbindolare e dove tutto si muove per reazione emotiva. Ne ho conosciuti tantissimi di astuti, taluni una volta smascherati subiscono un progresso in maturità.
L’astuto lo riconosci subito, si pone con arroganza, cosa che l’intelligente evita avendo diversa statura morale e in quanto connette il suo agire con un giudizio che lui stesso si sa dare.
È un tipo umano eterno, come mostra la letteratura, e da un lato fa pena in quanto non ha coscienza del fatto che l’altro lo sta osservando e valutando per quello che è.
L’astuto emerge sin dalla tenera età. C’è l’alunno intelligente tra i banchi di scuola che è mosso da desiderio di capire, studia e migliora, l’astuto lo ritiene fatica sprecata, copia il compito in classe per poi vantarsi di un proprio successo.
Ogni volta che mi soffermo su certe figure di spicco della società e della politica del nostro paese, ma poi anche della vita di tutti i giorni, vedo brillare ovunque soprattutto questa somma qualità: l’astuzia.