Con una complessa analisi, effettuata unitamente a Patrizia Luongo, nel recente libro “Un futuro più giusto – Rabbia, conflitto e giustizia sociale” Fabrizio Barca effettua un’ampia disamina dell’esistente sistema sociale e produttivo italiano correlata anche al contesto internazionale.
I due autori focalizzano le peculiarità socio-economiche dei nostri tempi, attenzionando in modo particolare una serie di mutazioni che, con ogni evidenza, non appaiono ancora sufficientemente accompagnate da forme di controlli (politici, giuridici e comportamentali).
In un contesto sostanzialmente neoliberista, proliferano ancora indisturbati processi tecnologici che condizionano e indirizzano a sempre maggiori sfruttamenti, marginalizzando a status di “subalternità” le fasce meno abbienti, viste come fossero costituite sostanzialmente da soli “consumatori orientabili”.
Al riguardo, particolarmente interessante risulta anche l’attenzione posta sull’utilizzo pressochè incontrollato degli algoritmi – ormai onnipresenti in ogni campo e divenuti sistema - che, nell’assenza di un’adeguata disciplina pubblica e di regole scritte, consente a colossi economici - attraverso i sistemi informatici sofisticati in uso quasi esclusivo - sfruttamenti incondizionati, con situazioni di enorme privilegio, che quasi mai coincidono con l’interesse pubblico più generale.
Nel libro si fa riferimento anche a manager e degli enti pubblici in particolare (che tuttora rappresentano circa un terzo dell'economia produttiva nazionale), illustrandoli per quello che in verità sono, e del controllo e indirizzo strategico da loro esercitato sulle rispettive partecipate statali. Viene fatto osservare come la classe politica, che opera le scelte e procede alle nomine, oggi si limita all’individuazione dei soggetti cui affidare il ruolo di piena gestione, lasciando gli incaricati sostanzialmente liberi di operare. Ciò, collegato a tutti i rischi e i ritorni “partitocratici” di breve periodo, anche per la durata del mandato, non consente quasi mai l’attuazione di vere politiche industriali di ampio respiro. Il limite di durata triennale delle nomine, di fatto riduce pertanto visioni lungimiranti e fa propendere i diversi manager a scelte prossime all'imminente, atteso la cadenza delle cariche che ambiscono a rinnovi.
In quest’ottica acclarata si ipotizzano nel libro anche interventi per una istituzione stabile di coordinamenti generalizzati fra i manager di tutte le realtà partecipate, rivolti allo sviluppo di obiettivi univoci e che coordinino gli intenti condivisibili. Per tali aspetti si continuerà a far pieno affidamento agli stanziamenti nazionali e/o comunitari che possono ben consentire la piena realizzazione dei progetti accomunabili di ampia durata.
Una cooperazione generalizzata fra le varie rappresentanze politiche istituzionali, le tante università impegnate a ricerche, le associazioni di categoria e che preveda anche l’intervento diretto di molte rappresentanze di società civile impegnata in vari campi, andrebbe a completare un’azione amministrativa integrata, volta a studiare e catalogare le esigenze segnalate dalle comunità, secondo le priorità programmabili e le disponibilità economiche.
In argomento assumerebbe, inoltre, particolare rilevanza un’importante osservazione rilevata dagli autori circa gli investimenti pubblici rivolti a innovazione e ricerca, rispetto allo sfruttamento reale degli esiti via via prodotti e disponibili, potenzialmente gratuiti per chi ne faccia richiesta, ma realisticamente sfruttabili da pochi.
Al riguardo Barca e Luongo sostengono testualmente che:
“Il problema sta nel fatto che sulla carta la conoscenza prodotta da quelle infrastrutture pubbliche è utilizzabile da ognuno di noi, da ogni piccola o grande impresa, ma in realtà solo le grandi imprese, che hanno accumulato la conoscenza e gli strumenti per attingere per prime a quel sapere, riescono ad utilizzarlo, e lo fanno proprio. Così un vasto patrimonio di open science, che potrebbe essere rivolto ad accrescere la giustizia sociale, produce l’effetto contrario: le imprese private si appropriano di conoscenze nate come bene pubblico e acquisiscono una robusta posizione di monopolio con guadagni che eccedono il ragionevole profitto da libera concorrenza”.
La problematica anzidetta, è forse uno dei profili più rilevanti e attuali nell’analisi condotta. Perchè la questione va anche a interessare fortemente la salute e la scienza medica. Più in generale viene le questioni vengono approfondite per addivenire a un obiettivo unico perseguibile che contempli “missioni strategiche nelle tre dimensioni della competitività, della giustizia ambientale e della giustizia sociale”. Ne deriva che “questo obiettivo deve riguardare in primo luogo i tre settori di salute, trasformazione digitale e transizione energetica, che sono investiti in modo possente nel cambiamento tecnologico e sono centrali per la nostra vita”.
Nel saggio viene pure riposta particolare attenzione alle Università per la loro interazione con il sistema produttivo che, in un paese come l’Italia, palesa tuttora contesti differenziati fra Nord e Sud e non solo.
In ciò si prende anche atto del fatto che la PMI evidenzi forti carenze tecnologiche, dovute anche alle differenti patriminializzazioni delle singole imprese e alle opportunità di finanziamento e sviluppo offerte dalle politiche industriali nazionali.
Il testo di Barca e Luongo, più che costituire un ennesimo saggio divulgativo, sembra essere un documento dettagliato e complesso rivolto alla politica che, oltre a discernere sui vari aspetti economici e sociali dell’Italia contemparane, prospetta una serie di soluzioni percorribili che, senza alcun dubbio, potrebbero anche ben costituire punti cardine di un programma partitico, per qualunque rappresentanza progressista che lo voglia – anche parzialmente - accogliere.
Lungo i tanti argomenti trattati vengono evidenziate le esistenze di varie collaborazioni avviate in Italia fra diverse strutture pubbliche, quelle universitarie e le varie associazioni di cui gli autori fanno anche parte in particolare. Sembrerebbe, che sebbene molto attive, questi coordinamenti sembrano allocati in perimetri marginali rispetto alla politica fattiva. Molte attività vengono avanzate, ma sono ancora idee che non hanno ancora saputo coinvolgere commissioni parlamentari o hanno indotto a scrivere disegni di legge correlate alle ipotesi progettualizzate.
Ulteriore questione sollevata e quasi un problema centrale e di grande attualità è indicato nelle “Aree marginalizzate” che, come già accennato, vanno oltre la discrepanza fra nord e sud del paese e che inglobano principalmente quasi tutte le periferie urbane e i grandi agglomerati, oltre alle tante aree interne “in sofferenza” diffuse in tanti angoli della penisola.
Non trascurate, stante le molte questioni affrontate, risultano quindi le complessità che condizionano la “giustizia sociale”, nei suoi molteplici e diversificati aspetti. Ad esempio per una approssimata globalizzazione basata su regole nazionali differenti e perfino su eclatanti incongruenze comunitarie, per la parcellizzazione delle forme di lavoro “innovative”, per l’erosione di cinquant’anni di conquiste sindacali, per le precarietà che alimentano povertà e sfruttamenti diffusi, per la sempre più frequente tendenza alla “socializzazione” del “capitale di rischio” sottostante all’imprenditoria capitalista 2.0. E chi più ne ha più ne metta.
Le pagine del libro che, come detto, sono ricche di analisi e informazioni, illustrano tutte le problematiche osservate attraverso efficaci approfondimenti, ai quali vengono sistematicamente anche associate oltre a “uno stato dell’arte” anche delle proposte per cambiamenti o soluzioni praticabili.
Le pagine del libro, che sono ricche di analisi e informazioni, illustrano tutte le problematiche attraverso approfondimenti, ai quali vengono sistematicamente anche associate delle proposte.
Le problematiche Covid contingenti spesso accentuano la portata delle questioni, se affiancate alle emergenze che l’epidemia pone oggi in forte evidenza.
Non ultima è anche l'attenzione posta sull'aumentata disparità conseguente ad una iniqua distribuzione della ricchezza prodotta. Aspetto che, negli ultimi anni ha visto sempre più crescere di numero e i volumi delle disponibilità e gli accumuli delle classi economiche più abbienti. Anche qui, analisi e soluzioni sono argomentate in modo ampio al fine di studiare un sisteva orientato verso un'efficace inversione di tendenza che, anche un sistema capitalistico illuminato, dovrebbe trovare utile per una maggiore giustizia sociale, anche in funzione di un rilancio dei consumi.
Per concludere, ci si rende conto e si può facilmente affermare che risulta difficile e pressochè impossibile riassumere in poche parole un saggio così ricco, articolato, dettagliato e alquanto complesso.
Un appunto che si potrebbe fare è che forse gli autori avrebbero potuto anche procedere a schematizzare meglio i tratti essenziali dell’ampia materiale trattato, ma per un addetto ai lavori questo non può costituire di certo un vero problema.
Per chi vuole e che trova interesse nelle tematiche accennate, si rimanda all’acquisto del volume edito da Il Mulino (pp. 280 dal costo di 16 euro). Possono anche essere consultati i siti web di riferimento https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/ e la pagina FB https://www.facebook.com/ForumDisuguaglianzeDiversita/.
© Essec