ELEZIONI USA 2008 : Giovani, anziani, bandiere: un silenzio irreale, poi il boato all'annuncio ufficiale e anche la città è invasa da cortei spontanei: "Siamo tornati uniti" . "Il sogno di una vita, come con JFK" Tra la folla impazzita di Chicago dal nostro inviato ANAIS GINORI
CHICAGO - "Ho sognato così tanto questo momento che quasi mi sembra irreale". Alicia piange e ride, non sa neanche lei cose le stia esattamente accadendo. Sono da poco passate le 22 a Chicago, e sul grande schermo di Grant Park, dopo la suspense di exit poll e proiezioni, cala per un attimo il silenzio. La Cnn annuncia: "Barack Obama President". Il popolo di Grant Park si stringe in un unico urlo. Le famiglie si abbracciano. Gli uomini alzano il pugno in segno di vittoria. Centinaia di bandiere americane sventolano verso il cielo.
C'è Les, un pensionato di 68 anni, che non ha dubbi: "Obama mi ricorda Jfk. Ora l'America volta pagina". E ci sono giovani come Alicia, Jennifer o David che non hanno modelli da imitare: votano per la prima volta e resteranno per sempre segnati da queste ore. Anzi: da questi ultimi diciotto mesi. Questa generazione di ragazzi molto cool come il loro leader - festeggiano a pizza e cioccolata calda, niente alcool - è stata contagiata dallo strano virus della politica. "Obama ci insegna che è possibile cambiare le cose". "Change" e "Hope" - gli imperativi di questa campagna elettorale - sono daperttutto. Su magliette e cappelli, ma anche stampati sulla pelle. Il cambiamento e la speranza. E poi quello slogan, pronunciato come un mantra, durante il discorso del nuovo presidente. "Yes, we can". Non ci sono più dubbi. Si può.
Sono le sette quando il sole tramonta sul lago Michigan e si aprono i cancelli di Grant Park: entrano settantamila supporter di Obama, soltanto quelli che sono riusciti a prenotarsi il biglietto online. Election Night 2008. Un ticket per la storia. Il colpo d'occhio è magnifico. Sulle facciate dei grattacieli dello skyline appaiono come per magia le parole "Usa" e "Vote 2008". La scenografia è stata studiata in ogni dettaglio. Il palco del primo discorso di Barack Obama è rivolto verso le telecamere, non verso il pubblico. E ci sono alti vetri antiproiettile che impediscono in parte di vedere. Ma nessuno si sogna di protestare. Tutti vogliono partecipare: solo questo conta. "Come il primo passo sulla Luna, come quando è crollato il Muro" dicono molti giovani che nel 1969 non c'erano e nel 1989 erano appena nati. Questa è la loro storia. Un'avventura "cominciata con pochi soldi e nessun endorsement", ricorda Obama, che è stata costruita passo passo con questo popolo. Grazie all'entusiasmo e a piccoli gesti: donare cinque dollari al mese, bussare alle porte dei vicini, osare telefonare a uno sconosciuto.
Le strade di Chicago sono invase da un esercito pacifico. Tutta Downtown è praticamente bloccata e lo spiegamento della polizia è impressionante. Nessuno si ricorda una celebrazione così grande e gioiosa. Quando sul grande schermo di Grant Park compare McCain i militanti democratici ascoltano, rispettosi. E lui si rivolge anche a loro mentre dice "è stata un'elezione storica". Gli unici fischi si sentono quando il candidato repubblicano cita Sarah Palin: alla governatrice dell'Alaska, che ha sommato gaffe ad attacchi pesanti contro Obama, non viene concesso neanche l'onore della sconfitta. Ma non è tempo per le polemiche: sarebbe così stupido rovinare la festa. "Dopo tanti anni siamo tornati uniti. Non esiste l'America dei repubblicani e l'America dei democratici" dice il pensionato parafrasando un famoso discorso di Obama. "Esistono soltanto gli Stati Uniti d'America". L'America è pronta? Oggi nessuno si farà più questa domanda.
(La Repubblica - 5 novembre 2008)
C'è Les, un pensionato di 68 anni, che non ha dubbi: "Obama mi ricorda Jfk. Ora l'America volta pagina". E ci sono giovani come Alicia, Jennifer o David che non hanno modelli da imitare: votano per la prima volta e resteranno per sempre segnati da queste ore. Anzi: da questi ultimi diciotto mesi. Questa generazione di ragazzi molto cool come il loro leader - festeggiano a pizza e cioccolata calda, niente alcool - è stata contagiata dallo strano virus della politica. "Obama ci insegna che è possibile cambiare le cose". "Change" e "Hope" - gli imperativi di questa campagna elettorale - sono daperttutto. Su magliette e cappelli, ma anche stampati sulla pelle. Il cambiamento e la speranza. E poi quello slogan, pronunciato come un mantra, durante il discorso del nuovo presidente. "Yes, we can". Non ci sono più dubbi. Si può.
Sono le sette quando il sole tramonta sul lago Michigan e si aprono i cancelli di Grant Park: entrano settantamila supporter di Obama, soltanto quelli che sono riusciti a prenotarsi il biglietto online. Election Night 2008. Un ticket per la storia. Il colpo d'occhio è magnifico. Sulle facciate dei grattacieli dello skyline appaiono come per magia le parole "Usa" e "Vote 2008". La scenografia è stata studiata in ogni dettaglio. Il palco del primo discorso di Barack Obama è rivolto verso le telecamere, non verso il pubblico. E ci sono alti vetri antiproiettile che impediscono in parte di vedere. Ma nessuno si sogna di protestare. Tutti vogliono partecipare: solo questo conta. "Come il primo passo sulla Luna, come quando è crollato il Muro" dicono molti giovani che nel 1969 non c'erano e nel 1989 erano appena nati. Questa è la loro storia. Un'avventura "cominciata con pochi soldi e nessun endorsement", ricorda Obama, che è stata costruita passo passo con questo popolo. Grazie all'entusiasmo e a piccoli gesti: donare cinque dollari al mese, bussare alle porte dei vicini, osare telefonare a uno sconosciuto.
Le strade di Chicago sono invase da un esercito pacifico. Tutta Downtown è praticamente bloccata e lo spiegamento della polizia è impressionante. Nessuno si ricorda una celebrazione così grande e gioiosa. Quando sul grande schermo di Grant Park compare McCain i militanti democratici ascoltano, rispettosi. E lui si rivolge anche a loro mentre dice "è stata un'elezione storica". Gli unici fischi si sentono quando il candidato repubblicano cita Sarah Palin: alla governatrice dell'Alaska, che ha sommato gaffe ad attacchi pesanti contro Obama, non viene concesso neanche l'onore della sconfitta. Ma non è tempo per le polemiche: sarebbe così stupido rovinare la festa. "Dopo tanti anni siamo tornati uniti. Non esiste l'America dei repubblicani e l'America dei democratici" dice il pensionato parafrasando un famoso discorso di Obama. "Esistono soltanto gli Stati Uniti d'America". L'America è pronta? Oggi nessuno si farà più questa domanda.
(La Repubblica - 5 novembre 2008)
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