giovedì 16 aprile 2009

Discorso pronunciato al teatro del popolo di Milano, la sera del 24 novembre 1914

La mia sorte è decisa e sembra vogliate compiere l'atto con una certa solennità. {Voci: « Forte! Forte! ». L'oratore a questa imperiosa insistenza non può fare a meno di battere nervosamente un bicchiere sul tavolo).
Voi siete più severi dei giudici borghesi, i quali lasciano il diritto alla difesa; alla difesa più ampia, la più esauriente, anche dopo la sentenza, perché accordano dieci giorni di tempo per produrre i motivi di ricorso. Se è deciso, se voi ritenete che io sia indegno di militare fra di voi... (« Sì! Sì! » urlano in coro i più scalmanati} espelletemi pure, ma io ho il diritto di pretendere un atto di accusa in piena regola. Ma in questa assemblea il pubblico ministero non ha ancora fatto ne la questione politica, ne la questione morale. Io dunque sarò ghigliottinato con un ordine del giorno che non dice niente. Qui si doveva dire: Voi siete indegno per questi e questi motivi; ed allora io avrei accettato il mio destino. Questo però non si è detto, e molti di voi, se non tutti, uscirete di qui con la coscienza turbata. {Voci assordanti: « No! No!»).
Per quello che riguarda la questione morale ripeto ancora una volta che son pronto a sottomettermi a qualsiasi commissione che indaghi, inquirisca e riferisca.
Per quanto riguarda la questione disciplinare dirò che questa non è stata prospettata perché vi sono precedenti calzantissimi, precedenti, però, che io non invoco, perché mi sento sicuro, perché ho la coscienza tranquilla. Voi credete di perdermi, ma io vi dico che vi illudete. Voi oggi mi odiate perché mi amate ancora, perché... [applausi e fischi interrompono ancora l'oratore}.
Ma voi non mi perderete: dodici anni della mia vita di partito sono o dovrebbero essere una sufficiente garanzia della mia fede socialista. Il socialismo è qualche cosa che si radica nel sangue. Quello che mi divide ora da voi non è una piccola questione, è una grande questione che divide il socialismo tutto.
Amilcare Cipriani, sul cui nome abbiamo fatta una mirabile lotta al sesto collegio (voi la ricordate quella grande lotta?), Amilcare Cipriani non potrà più essere vostro candidato perché egli ha dichiarato, a voce e per iscritto, che se i suoi settantacinque anni glielo permettessero, egli sarebbe sulle trincee a combattere contro la reazione militarista europea, che soffoca la rivoluzione. Il tempo dirà chi aveva ragione e chi aveva torto in questa formidabile questione che non si era mai presentata al socialismo, semplicemente perché non si era mai presentata nella storia umana una conflagrazione come quella attuale, in cui milioni e milioni di proletari sono gli uni contro gli altri. Non è cosa di tutti i giorni quella di una guerra come Fattuale, che ha qualche rassomiglianza con l'epopea napoleonica. Waterloo fu del 1814; forse nel 19r4 qualche altro principio andrà per terra, qualche altra corona andrà in frantumi, forse si salverà la libertà, e si inizierà una nuova era nella storia del mondo. {Mussolini parla con accento rotto dalla commozione e parte dell'assemblea mostra di esserne vivamente compresa. Un caldo applauso, infatti, saluta questo superbo confronto storico}.
Specialmente nella storia del proletariato — continua Mussolini — il quale in tutte le ore critiche mi ha visto qui, in questo stesso posto, come mi ha visto in piazza.
Ma vi dico fin da questo momento che non avrò remissione, non avrò pietà alcuna, per tutti coloro che in questo tragico momento non dicono la loro parola, sia per paura dei fischi, o per paura delle grida di abbasso. (La stoccata, così ben diretta contro gli illustri assentie quanti sono! •— è compresa dall'Assemblea dalla quale parte un caldo applauso}.
Non avrò remissione, non avrò pietà — prosegue Mussolini — per tutti i reticenti, per tutti gli ipocriti, per tutti i vili! E voi mi vedrete ancora al vostro fianco. Non dovete credere che la borghesia sia entusiasta del nostro intervenzionismo; essa ringhia, ci accusa di temerarietà e paventa che il proletariato, munito della baionetta, possa servirsene per gli scopi suoi. (Da una parte si applaude, e dall'altra si grida: « No! No! »}.
Non crediate che, strappandomi la tessera, mi interdirete la fede socialista, m'impedirete di lavorare ancora per la causa del socialismo e della rivoluzione. {Un caldo applauso saluta le ultime parole che Mussolini ha pronunziate con grande energia e con accento della più profonda convinzione. Egli scende dalla tribuna e si apre il varco nell'immensa sala, mentre tutt'intorno gli si stringe la feroce ressa dei giustizieri, amareggiati dalle poche, incisive parole di colui che ha avuto la forza di assistere senza turbamento ad una simile esplosione di odio inverecondo, che ha avuto il coraggio di fare un nuovo atto di fede, più solenne, più bello, appunto perché più contrastato).

http://www.dittatori.it/discorso24novembre1914.htm


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