La vita, recita il ritornello di una canzone, è tutta un quiz. Infatti c'è il caso di quel pensionato che riesce a rispondere alla domanda finale e cade, per l'emozione, fulminato da un infarto. Un altro è morto compilando il 740: ma per i soldi che gli chiedeva lo Stato. Eroe del giochetto televisivo è Mike Bongiomo: in lui addirittura la gente identifica la tv. Da trent'anni, ha notato Giancarlo Liuti, passa la vita tra cabine, pulsanti e notai e sempre con lo stesso entusiasmo e con la stessa affezionata clientela. La sua storia comincia con Lascia o raddoppia?, il 26 novembre 1955. Tra i compilatori dei quesiti c'è anche Umberto Eco. De Sica la definì “una passerella di umanità”. Ricordo tra gli ospiti d'onore Riccardo Bacchelli e il presidente del Partito liberale, onorevole De Caro: aveva anche in testa il cappello dei bersaglieri. I giornali pubblicavano il resoconto stenografico delle puntate, come per le grandi sedute della Camera. Il papa ricevette in udienza privata Mike e la signorina Edy Campagnoli, con il velo nero. Per quell'ora si rinviavano i consigli comunali; nei cinema sospendevano la proiezione e si collegavano con la Rai. Diminuivano gli incidenti stradali. A sud di Napoli, le immagini trasmesse dal Teatro della Fiera di Milano non arrivavano, e fu un altro problema del Meridione. Si accendevano furibonde discussioni: a chi andava il merito di avere scopiazzato il giochetto americano? Chi diceva Sergio Pugliese, chi un ingegnere o un dottore, il cui nome, ahimè, è stato cancellato dal tempo. Tutto cominciò un giovedì sera dell'invemo del 1955, ma il vero trionfo fu toccato qualche mese dopo, nel 1956: quell'anno, però, e mi rivolgo soprattutto ai giovani, andrebbe ricordato anche per altre storie. In ottobre, gli ungheresi insorsero e demolirono il monumento a Stalin. Il 4 novembre arrivarono i carri armati russi e il cardinale di Budapest si rifugiò nell'ambasciata degli Stati Uniti. Ci fu la guerra d'Egitto, Nasser contò 3000 morti, 22 gli inglesi e 10 i francesi. Al cinema si imponeva la figura del bullo, che poi trovava il suo posto anche nella vita. Il capostipite era Marlon Brando, noi dovevamo accontentarci di Maurizio Arena. Erano giovanotti nevrotici, storditi, in ogni caso robusti e di sperati. Uno, James Dean, si ammazzò in una corsa folle, molti si rifugiarono nella psicoanalisi o nella droga. I nostri eroi di quell'epoca si sono invece gonfiati di mozzarelle e fettuccine e, perduto il peso fomma, hanno trovato Dio. Ma sto parlando soprattutto di Lascia o raddoppia? e di ciò che accadde in quei giorni. Cominciò l'èra del quiz, che non finirà mai, ma ho anche la certezza che quei trionfi, quella partecipazione, siano irripetibili. Sembrava un passatempo trascurabile, affidato a un presentatore miope e candido (forse) e a una fanciulla belloccia, così riservata che non si sentì mai la sua voce; le avevano affidato la funzione del cestino. Le passavano, infatti, delle buste stracciate. Non faceva altro, ma diventò famosa. Cinque milioni e centoventimila lire di premio e una gara appassionante, con l'illusione di partecipare alle Olimpiadi del Sapere; alla competizione fu ammesso anche qualche cretino con molta memoria. Nasceva la valletta che, con il moderatore, è uno dei ruoli più vaghi e inutili della tv: sarebbe gradito qualcuno capace di tener su il discorso. C'era il gusto della scommessa, il rischio e il denaro, che rendevano la competizione avvincente: infatti il solo primato che impegna la Nazione è quello che si misura la domenica con le schedine del Totocalcio. Poi, fondamentali, i personaggi, e se gli esperti talvolta non azzeccavano la domanda, quasi sempre indovinavano il tipo giusto, capace di fare spettacolo. Il copione sembrava, in qualche serata, scritto da Edmondo De Amicis: ecco il muratore di Santa Marinella che, con le vincite, intende acquistare una casa per la figliola che va a nozze; Marina Zocchi partecipa perché ha la mamma tanto malata, e la sua caduta commuove perfino Faruk, che invia un assegno alla sconfitta dalle lancette dell'orologio e dall'amnesia; qualcuno scivola sull'esatto impiego del controfagotto, o su una buona ricetta per cucinare l'abbacchio, perché gli interessi degli aspiranti ricchi erano universali. Per tutti, anche per quelli che non infilano una risposta giusta, e vengono sopraffatti dall'inesorabile notaio, c'è un gettone d'oro; la tv vuole che i concorrenti siano consolati. Sfila davanti al pubblico un campionario di ragazze che i cronisti rendono celebri con le loro definizioni: c'è la bella di Pratolino e la leonessa di Pordenone, la tabaccaia di Casale Monferrato e la sceriffa della Lomellina, ma compare anche una squisita contessa di Torino che sa tutto, o quasi, di Dante Alighieri. Mike, intimidito, le bacia la mano. Ma il mondo è cambiato e anche la tv: dalle gambe velatissime delle sorelle Kessler all'ombelico, scoperto, di Raffaella Carrà, dalla divulgazione scientifica e perfino ornitologica - è memorabile la battuta di Mike: Signora Longari, ma lei mi sta cadendo sull'uccello - al tema dell'erotismo, con la campionessa Pierangela Vallarino. Solo Bongiorno procede imperterrito e trionfante: perché, spiega Umberto Eco, esprime un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere, perché chiunque è già al suo livello.
Enzo Biagi (I Come Italiani - Rizzoli - 1993)
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