lunedì 3 agosto 2009

REMBRANDT S.p.A.

Fu negli anni '60, come tutti ricordano, che i collezionisti d'arte misero da parte una volta per sempre ogni antiquato atteggiamento estetico. Di un artista contemporaneo non si chiedevano più che una cosa rigorosamente logica: rappresentava un affare solido, un investimento di sicuro avvenire? O costituiva un valore speculativo con garanzie di forte incremento nel futuro immediato? Esistevano solo due scuole di pittura moderna: 1) Aumento. 2) Rendita. Quanto alle opere degli antichi maestri, si abbandonò, naturalmente, l'irrazionale e pericoloso costume di esporle al pubblico. Man mano che i valori salivano alle stelle, i furti erano diventati spaventosamente frequenti nei musei. Non era neppure più sicuro andarsene in giro con un'acquaforte, nella 57a Strada. Dopo il colpo alla National Gallery, quando due distinti signori, che s'erano spacciati per storici dell'arte di Princeton, se ne andarono con due Giotto e un Tiziano, il governo chiuse la galleria, e ne seppellì il contenuto a Fort Knox. I collezionisti privati nascosero le loro tele in cantina, mettendo in mostra solo riproduzioni, o, come si usava dire, "dipinti educativi". Il primo che pensò di sfruttare a fondo la situazione fu un intraprendente magnate della plastica che si chiamava Godfrey L. Costui trasformò la sua raccolta privata in società per azioni, e vendette partecipazioni alla raccolta stessa. I titoli in questione vennero quotati in Borsa con nome di A.A.R. (Amatori d'Arte Riuniti). Il "capitale versato" di Willoughby era solido: classici italiani di prima qualità, una giudiziosa scelta di impressionisti, e, come ardita aggiunta speculativa, una decina di informali il cui valore era soggetto a fluttuazioni. Le prospettive erano allettanti. La collezione, valutata parecchi milioni di dollari, sarebbe aumentata costantemente di valore, grazie alle compravendite di Willoughby. E con l'aumento di valore delle tele, sarebbero aumentati i dividendi della società. Per di più, alle riunioni degli azionisti, oltre a una copiosa colazione, gli intervenuti ricevevano dei resoconti finemente rilegati e illustrati con le riproduzioni dei quadri di loro comune proprietà, che venivano preparati a cura del Club del Libro del Mese. I certificati azionari della A.A.R. si potevano mettere in cornice, dato che si trattava di magnifiche riproduzioni del quadro di maggior valore della raccolta: un "Cristo che scaccia i mercanti dal Tempio", attribuito con sicurezza a Raffaello. Sicché, per chi non soltanto amava investire il proprio denaro a ragion veduta, ma ci teneva anche a farsi una cultura, una partecipazione alla A.A.R. era da ogni punto di vista preferibile al possesso di titoli industriali. Le azioni della A.A.R., emerse a 10, balzarono a 32, per poi stabilizzarsi sul 27 e mezzo e diventare, come asserì il "Wall Street Journal", "la forma d'arte preferita dalle vedove e dagli orfani". Grazie a questo colpo fortunato, Willoughby si guadagnò fama nazionale, vendette le sue fabbriche, entrò nella politica, e divenne un temibile concorrente per la nomina a candidato presidenziale del Partito Repubblicano. Molti altri collezionisti non tardarono a imitare il suo esempio, e così gli azionisti poterono scegliere fra l'Anonima Nature Morte, la Florentine Painters Incorporated, la Expressionismus L.t.d., e perfino i Deviazionisti Associati (investimento, quest'ultimo, eminentemente speculativo, ma garantito da grossi nomi della finanza). Tutto andava a gonfie vele. Poi, comprensibilmente, vi furono delle degenerazioni. John Canaday, presidente dell'Ente Morale Azionisti d'Arte, di recente formazione, partì alla riscossa chiedendo la messa al bando delle società più sconvenienti. Merril Lynch, Pierce, Fenner e Parke Benet, agenti di cambio figurativo, pubblicarono una serie di avvertimenti, per invitare alla prudenza. Tuttavia il "boom" continuò. Il clamore degli acquisti superò, in questa occasione, quello verificatosi alla prima emissione delle azioni Ford. Il dipinto, custodito in un sotterraneo corazzato, venne valutato ufficialmente 1.200 milioni di dollari, ma con fortissime prospettive di aumento. Le A.C.B.O., date a 6 all'apertura, balzarono subito a 21 e mezzo; e nel giro di due ore venivano vendute a 63 e un quarto, trascinando nella propria scia le altre azioni di società d'arte. Ma nel pomeriggio di quello stesso giorno (quello passato poi alla storia col nome di Giovedì dei Malestri del Colore) la bolla di sapone scoppiò. Parecchi enti, infatti, decisero contemporaneamente di incassare i propri guadagni sulle A.C.B.O., e procedettero a forti vendite di realizzo. Subito si scatenò un'ondata di panico, favorita da voci incontrollabili: Il Rembrandt è falso?, Rembrandt non è un grande pittore, La pittura olandese è un bluff, Gli italiani non sapevano dipingere, Il ciclo artistico è finito. I prezzi crollarono, il listino venne travolto. Invano Canaday implorò misure dal governo. Billy Rose, nel tentativo di mantenere le posizioni, vendette la sua AT & T riversandone il ricavato nell'acquisto di azioni d'arte. Non servì. Le A.C.B.O. chiusero quel giorno a 3 e un quarto, Migliaia di fattorini, tassisti e altri amatori d'arte perdettero tutti i loro risparmi. Una folla inferocita sostò minacciosa davanti all'ambasciata olandese di cui ruppe i vetri a sassate. Godfrey L. Willoughby annunziò che avrebbe dovuto rimettersi a produrre linoleum. Il governo intervenne in ritardo. Il Presidente dichiarò una chiusura degli Sportelli Artistici. Venne istituita la C.P.S. (Commissione Pittura-Scultura), con il compito di impedire le speculazioni e regolamentare la compartecipazione alla proprietà delle opere d'arte. Lo stesso commercio delle riproduzioni, comprese quelle su cartolina postale, fu severamente disciplinato. E i pochi quadri rimasti appesi alle pareti dei musei vennero anch'essi chiusi nei depositi: dove soltanto i professori ordinari di storia dell'arte presso alcune tra le università maggiori (con rigida esclusione dei professori non di ruolo) hanno oggi il permesso di andarli a vedere. Willoughby. Comparvero società immorali o ambigue, come I Nudi Preferiti, o i Collages Curiosi. Tutti volevano una fetta della torta. Fu vietato per legge alle "persone non qualificate" di diventare collezionisti. Una parte della stampa biasimò la resa del Metropolitan Museum di New York, la cui direzione, dopo lunghe discussioni tenute in segreto, decise di emettere i titoli A.C.B.O., vale a dire azioni su "Aristotile che contempla il busto di Omero" (il famoso quadro di Rembrandt). Improvvisamente tutti vollero vendere.


Fruttero e Lucentini (IL DIO DEL TRENTASEIESIMO PIANO. Storie del futuro prossimo - 1968 - Arnoldo Mondadori Editore)


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