venerdì 18 settembre 2009

Retorica


La retorica (dal greco rhetoriké téchne, arte del dire) è la teorizzazione dell'oratoria, ovvero del metodo di organizzazione del linguaggio naturale, non simbolico, secondo un criterio per il quale ad una proposizione segua una conclusione. Lo scopo della retorica è l’ottenimento della persuasione, intesa come approvazione della tesi dell’oratore da parte di uno specifico uditorio. Da un lato, la persuasione consiste in un fenomeno emotivo di assenso psicologico; per altro verso ha una base epistemologica: lo studio dei fondamenti della persuasione è studio degli elementi che connettendo diverse proposizioni tra loro portano ad una conclusione condivisa, quindi dei modi di disvelamento della verità nello specifico campo del discorso. La retorica ebbe origine nel mondo ellenico attorno al V secolo a.C., nell'ambito della Sofistica, grazie alla lungimiranza di Trasimaco di Calcedonia e Gorgia da Lentini. Con essi l'arte di persuadere era da intendersi soprattutto come una forma di suggestione, totalmente avulsa da ogni esigenza di giungere a una conoscenza o un convincimento basati su argomenti razionali e sulla produzione di prove e argomenti a favore. La persuasività doveva essere un'abilità che riusciva a muovere il convincimento di chiunque, in qualsiasi direzione, a prescindere dall'argomento trattato (si veda, ad esempio, l'Encomio di Elena). Durante il II secolo a.C., periodo ellenistico, si svilupparono due stili diversi di retorica:

  • La corrente asiana - Dalla corrente asiana derivò la famosa corrente dell'asianesimo, cioè che è nata in Asia Minore, nel III secolo a.C. Era uno stile retorico ridondante, barocco ed ampolloso, con un uso frequente di frasi spezzate, di metafore e di parole inventate e di ricerca del ritmo. Ebbe una grandissima diffusione ed aveva lo scopo di persuasione. Caposcuola di questa corrente fu Egesia di Magnesia. L'asianesimo si affermò anche a Roma nel I secolo a.C. insieme ad una corrente rivale (vedi sotto).
  • La corrente attica - Dalla corrente asiana deriva un altro famoso stile retorico, l'atticismo, cioè che è nato in Attica, Grecia. Era uno stile retorico cronistico, con una scrittura scarna e, usando un termine moderno, telegrafica. Il massimo rappresentante di questo stile retorico fu il famoso oratore, Lisia. L'atticismo si affermò a Roma nel I secolo a.C come rivale dell'asianesimo. Questi due stili erano totalmente opposti. Nell'educazione dei ragazzi, la paideia, c'era un'infarinatura di retorica. Quest'arte del parlare, assieme all' oratoria, si sviluppano grazie alla libertà di parola ed espressione, la parresia. Nel IV secolo a.C., Platone oppose, alla concezione sofistica, una propria visione della retorica, alla quale attribuiva una funzione eminentemente pedagogica, quale strumento in grado di guidare l'anima attraverso argomentazioni e ragionamenti. La pratica della retorica veniva così ricondotta nell'alveo della stessa filosofia, con la quale finiva per identificarsi, svuotata della propria autonomia. Cambiavano di conseguenza gli interlocutori, non più né il popolo né i giudici, e i luoghi, non più assemblee né giudizi. Aristotele distolse l'attenzione dalla considerazione della retorica quale arte di persuadere, incentrando l'analisi sullo studio dei mezzi di persuasione, strumenti indipendenti dall'oggetto dell'argomentare. La retorica riacquista così una funzione propria, autonoma dalla filosofia e in stretta relazione con la dialettica della quale è da considerare la controparte. In seguito divenne l'arte dello scrivere corretto e dell'eloquio fluente. Durante il governo di Pericle si arrivò a dare a tutti la possibilità di esprimersi in pubblico, ad Atene. La retorica e l'oratoria si sviluppano nel corso della storia e rimangono vive, però meno affermati risultano gli oratori. I Romani, con la conquista dell'Oriente e della Grecia a seguito della battaglia di Pidna, avvenuta nel 168a.C, acquistano la cultura greca.

Roma ha conquistato la Grecia, ma la Grecia ha conquistato Roma Grecia capta ferum victorem cepit - A Roma, la retorica fu materia molto studiata e molto praticata, sia nelle sue applicazioni forensi che in quelle politiche: ne è un chiaro esempio Cicerone, con le sue famose Verrine, orazioni scritte da Cicerone contro il propretore della Sicilia, Verre, ma non può certo tralasciarsi il ruolo essenziale che ebbe, dopo di lui, Quintiliano, che con la sua Institutio Oratoriae, elaborò una vera e propria silloge della retorica classica così come si era sviluppata fino alla sua epoca. A Cicerone si deve la diffusione dello stile rodiese, cioè di una prosa più temperata rispetto all'Asianesimo, ma priva dell'asciuttezza dell'Atticismo. Con il passaggio dalla Repubblica all'Impero, la retorica perse la sua funzione politica, e progressivamente perse d'importanza, pur rimanendo materia di studio (ma gli argomenti delle suasorie e controversie su cui gli allievi si esercitavano erano perlopiù staccate dalla realtà). Sant'Agostino la voleva al servizio della predicazione, mentre fu riscoperta come disciplina autonoma nell'umanesimo. Durante il rinascimento, il valore della retorica divenne funzionale alla creazione di una nuova forma espressiva linguistica più atta alla mutata sensibilità culturale. Nel XVII secolo, la retorica e la poesia corrisposero alla tecnica verbale artificiosa, ricca di metafore e trovate d'ingegno. Dal romanticismo in poi, la sua importanza si è progressivamente ridotta. La retorica è oggi tornata al centro di una serie molto vasta e corposa di approfondimenti, soprattutto nelle vesti di teoria dell'argomentazione, grazie ai lavori di Theodor Viehweg, autore di Topik und Jurisprudenz del 1953 e di Chaim Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca con il loro Traité de l'argumentation. La nouvelle rhétorique del 1958.

Wikipedia (18 settembre 2009)


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