domenica 11 ottobre 2009

Conto alla rovescia mortale su Facebook

Me lo chiedo ogni giorno e sempre con maggior preoccupazione, cosa ci sta succedendo?

Qualcosa che non va deve pur esserci, se la gente ormai si rifiuta anche solo di acquistare un quotidiano prima di andare al lavoro, se una volta arrivati a casa si preferisce seguire un cartone animato piuttosto che ascoltare gli ultimi assurdi fatti di cronaca. Stamattina, come sono ormai solita fare da anni, ho acceso il mio notebook e, dopo aver letto la posta, mi sono decisa a sfogliare virtualmente un po’ di giornali. Tra un titolo e l’altro, ecco l’assurda e dolorosa notizia del giorno: un giovane, un ragazzino di appena 15 anni si è “ucciso su Facebook”. Sì, proprio su Facebook. L’atto finale del folle gesto è stato prendere una corda ed impiccarsi, ma già da diversi giorni l’adolescente segnava sulla propria bacheca la conta dei giorni che l’avrebbero poi portato a compiere il folle gesto. Il fatto è accaduto a Torre del Greco, nel napoletano, nessuno si era mai accorto del disagio di Carlo, questo il nome del povero angelo volato in cielo. Né i genitori, né gli insegnanti, i compagni di scuola, gli amici. Forse neanche lui si era reso conto di aver seriamente bisogno di un sostegno vero, concreto, sincero. Così ha scelto la via più semplice, quella più veloce, farla finita, con una manciata di click ed una corda. Tutti ne parlano come un ragazzo modello, che amava la vita e senza problematiche particolari, con l’unico difetto, forse, di essere troppo sensibile. Sì, perché essere sensibili, educati e rispettosi del prossimo nel mondo di oggi, significa esser difettosi, malati quasi, stupidi.

Dove sta la chiave del problema, quella chiave che serve ad aprire questo controverso quanto semplice mondo dei giovani?

Ci sono troppe cose sbagliate nel modo di educare che ha preso piede da un po’ di tempo a questa parte, i bambini conoscono più i vizi e le virtù dei nonni (nel migliore dei casi) o delle baby sitter piuttosto che quelle dei veri genitori. La tv, insieme alla playstation e ad altre diavolerie da circolo ricreativo, sono diventate il triste parcheggio di una generazione che è cresciuta e sta crescendo con i miti delle donne taglia 38 e dei rampolli eternamente indecisi, sulla grammatica italiana così come sulle proprie relazioni sentimentali. Le scuole sono diventate campi sempre più aridi, set per video e filmati dalla dubbia moralità da mettere poi come trofei conquistati in guerra su Youtube o in altri lidi della rete. Sembrano non esistere più la cultura del sacrificio, dell’impegno, del fare una cosa utile per ottenerne una meno utile ma desiderata, i rimproveri, ma non quelli verbali, ma quelli che, con un solo sguardo, da piccini erano in grado di metterci a tacere e di porre fine alla nostra condotta errata. Oggi tutti ottengono tutto, senza alcun costo. Basta piagnucolare un po’ per far sentire in colpa un genitore che, per necessità o ambizione, trascorre gran parte del proprio tempo in ufficio piuttosto che con i propri figli. Dal canto loro, i genitori, per assurdi sensi di colpa, mancanza di tempo o negligenza, non si creano scrupolo alcuno nell’accontentare sempre e comunque questa generazione di disillusi, di adolescenti in alto mare che lottano in silenzio, giorno dopo giorno, per salire sulla nave della vita, ma con mezzi assolutamente sbagliati, come droghe, esibizionismo che corre sul filo della prostituzione, dipendenza assoluta dai mezzi di comunicazione, alcol, uscite serali che hanno un inizio ma sembrano non aver mai una fine. Non ci si accontenta mai, si pretende sempre di più e, a mio modesto parere, sta proprio in questa assurda gara nella conquista del futile che risiede una delle cause principali di questo disagio. E non starò qui a scrivere che non si può morire per un bicchiere di troppo o per una dose tagliata male, no. A costo di sollevare un polverone di chiacchiere e polemiche, affermo con assoluta convinzione CHE NON SI Può VIVERE, in nessuna età, attaccati alla bottiglia del liquore, non si può vivere con il piede incollato all’acceleratore, non si può vivere uscendo di casa ad orari assolutamente indecorosi e fare ritorno a casa quando il sole è già alto nel cielo. La vita non è l’involucro rovinato di una caramella già aperta e, sulle spalle di ognuno di noi, ricade la responsabilità del segno deciso che, indelebile, resterà nel nostro tempo. Un’altra voce fuori o dentro al coro ha urlato, per giorni, ma nessuno l’ha né ascoltata né sentita. Forse i genitori, gli amici, i compagni di scuola, erano troppo impegnati a far altro, e questa non è per forza di cose una colpa. Una colpa è che un ragazzino di 15 anni, non si sa per quale ragione, debba essere talmente amareggiato da tenere un calendario della morte su un social network, per poi alla fine rispettarlo, come nelle peggiori esecuzioni. Se è dunque vero che ognuno vuol farsi gli affari propri, pensando solo ai propri interessi, come è ben palese dall’andamento generale del nostro modo di vivere, ebbene, si viva così, in assoluto silenzio, parlando sempre nel momento sbagliato per dire sempre e solo cose sbagliate, del valore pari a quello di un sacchetto di spazzatura. Ma si, forse è giusto così. Parlare del tempo che scorre, delle stagioni che cambiano e delle mezze misure che se ne vanno, del rincaro della benzina e dell’ipocrisia della gente. Continuiamo pure su questa linea, a recitare la parte dei grandi filosofi impegnati. Del resto, con tutti questi impegni, chiederci a vicenda come stiamo, come stiamo davvero, interiormente… sarebbe solo una futile perdita di tempo. Forse per stupidità, forse per sensibilità, mi sento nel mio piccolo anch’io colpevole di questa e di tante altre morti, anche se consapevole del fatto di aver sempre vissuto la mia vita con assoluta coerenza e rispetto. Forse non è abbastanza, forse noi tutti, piccoli granelli di sabbia, non siamo in grado di adempiere ai nostri sani doveri da granelli.

di Maria Elena Fazio Per BlogSicilia è tutto, a voi la linea.


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