La mafia italiana non viene quasi più combattuta nel proprio paese, afferma la giornalista Petra Reski. E altrove in Europa l’influenza della mafia viene troppo spesso sottovalutata. Un paio di mesi fa il direttore dell’emittente pubblica RAI Uno è stato bacchettato dal Vaticano. Nel corso di un programma su Eluana Englaro, a cui il giudice aveva accordato la facoltà di morire dopo un coma di 17 anni, il direttore aveva permesso alla giornalista Petra Reski di dire che trovava strano che il Vaticano avesse una forte opinione su questo caso, mentre da decenni non dice niente riguardo alla mafia, che ha causato migliaia di morti e domina interi settori della vita pubblica. La chiesa cattolica, con il premier Berlusconi al suo fianco, ha trovato l’affermazione sconveniente. Questa è la democrazia italiana nell’anno 2009, sospira Reski, una tedesca che vive a Venezia già da vent’anni. Dopo la laurea è partita alla volta della Sicilia, affascinata dal film Il Padrino. Dopo venti anni, centinaia di articoli (per il settimanale Die Zeit fra gli altri) e due libri, non resta più niente del fascino romantico che provava per la mafia. La mafia è nuovamente diventata invisibile e perciò ancora più pericolosa. Non sono stati i coraggiosi magistrati a vincere, ma il crimine organizzato, che ha conquistato l’Italia già da tempo. Per un pò di tempo Reski ha sperato. All’inizio degli anni novanta, quando i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino registarono alcuni successi con l’operazione Mani Pulite. Reski ne ha scritto in un libro recentemente filmato, basandosi sulla vita della 17enne siciliana Rita Atria che, dopo l’assassinio del padre e del fratello, decise di testimoniare su quello che aveva sentito e visto nel corso della sua giovane vita. La storia, recentemente pubblicata anche in olandese, ha un finale drammatico. Borsellino e Falcone vengono assassinati, Atria si suicida. Da allora la lotta alla mafia è andata di male in peggio. Naturalmente ci sono ancora magistrati e cittadini coraggiosi, ma i risultati sono francamente deprimenti. Troppa gente trae profitto dalla loro collaborazione con la mafia ed è pericoloso contrapporsi alla criminalità organizzata. Sono molto pessimista riguardo all’Italia. Il ribaltamento è arrivato nel 1994, quando il magnate dei media e dell’edilizia Silvio Berlusconi ha fatto il suo ingresso nell’arena politica. Già allora si sapeva molto sui suoi legami con la mafia. Berlusconi fece un patto, mostruoso e shoccante secondo Reski, con la siciliana Cosa Nostra e con la ‘ndrangheta calabrese: in cambio del loro appoggio al partito di Berlusconi, Forza Italia, furono lasciate in pace. Quella mostruosa alleanza è riuscita perfettamente. Le leggi che contrastavano la mafia sono state indebolite ed i magistrati limitati nei loro poteri. Cento deputati sono sospettati di associazione mafiosa ma non vengono perseguiti. Anche chi non gode dell’immunità parlamentare non ha nulla da temere. Il pesante sistema giudiziario assicura che uno rimanga in libertà fintanto che va in appello. Dopo dieci anni il reato va in prescrizione. Il 95 percento dei condannati in primo grado rimangono in libertà a causa delle lunghe procedure di appello o della prescrizione del reato. In questo modo la mafia può tranquillamente continuare i suoi traffici di droga, armi e prostituzione. Secondo Reski, la loro morsa sullo Stato è più forte ora di quanto non lo fosse nel 1992. Chiunque viaggi attraverso la Calabria può sentire la tensione. La ‘ndrangheta lì controlla tutto. Nell’appariscente via commerciale, più elegante di quelle di Milano, le donne comprano i loro Versace. Ci sono bellissimi alberghi dove nessuno prenota mai una camera e lussuosi ristoranti dove non c’è mai un tavolo occupato. Tutto riciclaggio di denaro. I cartelli stradali sono bucherellati di proiettili: il modo dei mafiosi di dimostrare la loro avversione allo Stato. È il loro territorio. Tipico del Sud, dicono gli italiani del Nord. Tipico dell’Italia, pensa il resto dell’Europa. Tanta ingenuità fa arrabbiare Reski. In Lombardia la mafia è più attiva che mai nella ristorazione e nell’edilizia. In Germania circa tremila ristoranti sono controllati dai due cartelli mafiosi di San Luca, cosa che si è scoperta dopo l’omicidio di sei calabresi a Duisburg nel 2007. Uno dei colpevoli è stato successivamente arrestato ad Amsterdam. Secondo Reski la prova che la ‘ndrangheta, una multinazionale con un fatturato annuale di 44 miliardi di euro, è attivissima anche in Olanda. Secondo Reski, l’impatto della mafia è gravemente sottostimato, salvo che da poche forze di polizia. Le leggi nel resto dell’Europa sono ancora meno efficaci nella lotta alla mafia di quelle italiane. In Germania non si può intercettare nessuno e non è necessario dimostrare la provenienza dei propri soldi. Per questo motivo tanto denaro guadagnato con la droga viene riciclato in Germania. L’ex Berlino-Est ne ha profittato enormemente. Ma i politici non vedono la necessità di leggi antimafia europee. La mafia non è visibile, preferiscono additare il pericolo posto dagli estremisti islamici. Questo rende ancora più triste Reski: la mafia ormai non è solo un problema italiano, ma tutti preferiscono chiudere gli occhi.
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