«Verdi - sorrise Sara - le piastrelle del bagno le faremo verdi».
La gonna le svolazzava intorno.
"Perfetto. - pensò sarcastico Luca - E ora come glielo dico che non la sposo più?".
Era appoggiato con la spalla destra alla porta del bagno, un piede dentro e l'altro fuori in corridoio: indossava un paio di ciabattine di gomma da mare e portava dei pantaloncini con una fantasia di fiorellini bianchi e blu. Lo irritava vederla così allegra.
“Ma mi ascolti o no, tessssoro?”, chiese lei, con la voce come quella di Gollum nel film de Il Signore degli Anelli. La faceva ridere tanto, ma a lui dava un fastidio boia, specialmente quando lo chiamava così davanti ai suoi amici o ai suoi parenti.
“Certo, cara, verdi andranno benissimo. E per le pareti che colori hai in mente?”, disse lui, mentre osservava la nuca della sua (quasi ex) donna: aveva i capelli biondi e quasi due centimetri di ricrescita nera che la facevano assomigliare, chissà perché poi, a una scopa mezza consumata.
“Verdi! Verde il pavimento e verdi le pareti, no?”, disse soddisfatta, guardandosi intorno.
“Ah già, che scemo che sono... tutto in tinta: ma non pensi che con tutto questo verde poi mi romperai le scatole perché si noteranno i miei peli per terra?”, continuò lui, sempre sarcastico.
“Ma non fare lo stupido, amore, metteremo dei tappeti color tabacco e i tuoi peli non si vedranno”.
In compenso si vedranno i tuoi schifosi capelli bicolori, pensò lui, cercando di immaginare quella scena.
“E i sanitari bianchi, ovviamente, e ovviamente sospesi, come si usano oggi”, fece lei, guardandosi allo specchio e sorridendosi e sorridendo a Luca che la osservava da dietro.
Lui le ricambiò il sorriso: finto come quel pezzo da cinque euro che gli avevano dato come resto al supermercato. Pensò che il giorno dopo sarebbe tornato per acquistare lo zucchero.
“Ovviamente”, ripeté lui.
“Sì, e il lavabo lo voglio grande, squadrato, e qui a destra lo scalda salviette, e una mensola trasparente e lunga lunga per riporre le mie creme e i trucchi e il tuo rasoio e i tuoi profumi e qui sopra uno specchio e qui a sinistra un quadro...”
Luca mise il cervello in stand by mentre lei continuava a fantasticare.
“Che ne dici, tessssoro?”
Ci sarebbero voluti altri diecimila euro per rimettere in ordine la casa, e adesso Sara si metteva a fare sogni pure sul bagno: con una fitta allo stomaco pensò a quella giovane commessa che aveva conosciuto un mese prima mentre pagava un paio di libri di Auster, al sorriso che lei gli aveva fatto mentre gli restituiva il bancomat, e all'altro sorriso che gli aveva lanciato il giorno dopo quando era tornato per comprare ancora dei libri di Benni e un cd di David Sylvian e lei, con la sua vocina da studentessa universitaria, gli aveva proposto di sottoscrivere la carta fedeltà. Quella giovane commessa adesso era diventata la sua ossessione, e le sue giovani forme, immaginate sotto la divisa del negozio per cui lavorava, intraviste attraverso la casta scollatura, adesso gli ispiravano sensazioni che prendevano forma nell'erezione che trapelava dai suoi pantaloncini.
Sara continuava a parlare: era fatta così. Anche mentre faceva pipì, come in quel momento, non riusciva a stare zitta.
Guardava alla sua destra e stringeva in mano dei foglietti di carta igienica strappati dal rotolo poggiato sul bidet.
“E questo scopino di plastica? L'ho sempre odiato... ho sempre voluto un porta rotolo con porta scopino in acciaio: ne ho visto uno l'altro ieri che non costava neanche tanto, poco più di trenta euro...”, disse tirando lo scarico.
Ma lui non la stava ad ascoltare, non più: quello dello scopino era l'ultimo affronto che poteva sopportare. Così si schiodò con fare minaccioso dallo stipite della porta, si lanciò sul water e si chinò per raccogliere lo scopino bianco dal suo alloggio: le setole, alle estremità, erano marroni, e gocciolavano per terra.
Brandendo quella spada igienica, con fare minaccioso la puntò verso il volto di Sara:
“Tu... tu... tu non farai nulla di tutto questo, chiaro?”
“Ma che cosa ti prende, tessssoro?”, disse lei.
“Ti sto avvertendo: non osare toccare questo scopino. Lo ha comprato mia madre, chiaro?”, singhiozzò Luca.
Fu in quel momento che lei notò l'erezione che faceva capolino dai pantaloncini di lui, e osservò maliziosa:
“E' lo scopino di tua madre che ti eccita tanto? Se vuoi...”, ma non fece in tempo a finire la frase, perché mentre Luca avanzava ancora verso di lei di un passo, inciampò senza volerlo nel lungo tappeto azzurro che copriva il pavimento: e si stupì vedendo quanto quel lurido scopino penetrava dentro la gola di Sara fino a farla soffocare.
Mentre saliva sull'auto della Polizia, che aveva chiamato lui stesso, Luca pensò che quando sua madre gliel'aveva regalato per usarlo in cucina, quel tappeto non gli era piaciuto affatto e solo per le insistenze di Sara aveva accettato di metterlo nel bagno.
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