Il 1° marzo scorso il Consiglio dei ministri annunciava solennemente di avere approvato il testo del disegno di legge governativo per una legge anticorruzione. Doveva essere la risposta della maggioranza alle nuove Tangentopoli (l’ultima, quella intorno alla Protezione civile) esplose nei primi mesi dell’anno un po’ in tutta Italia e ai dati agghiaccianti forniti dalla Banca Mondiale e poi dalla Corte dei Conti, secondo cui le tangenti, con tutto l’indotto, impongono ai cittadini italiani una tassa occulta di 50-60 miliardi di euro all’anno. Cifra record in Europa, quasi il decuplo del costo della corruzione stimato dal centro studi Luigi Einaudi nel 1992, l’anno di Mani Pulite. Ma il testo, scritto dal ministro Angelino Alfano e dunque molto deludente, si è subito arenato in commissione al Senato e lì riposa in pace, nonostante i propositi di rilanciarlo più volte dichiarati dal Pdl all’esplodere di ogni nuovo scandalo, dal caso Scajola all’affaire P3. “Il Senato – giurava Gaetano Quagliariello, vicepresidente dei senatori del Pdl, al Corriere della sera il 20 maggio – licenzierà il provvedimento verso metà giugno”. Ma non precisava di quale anno.
L’altro giorno, a Mirabello, Gianfranco Fini ha domandato sarcastico al Cavaliere che fine abbia fatto la legge anticorruzione. Silenzio di tomba. Silenzio anche da Renato Schifani, che pure presiede il Senato dove langue il ddl. Del resto, sempre al Senato, è stata insabbiata la legge di iniziativa popolare presentata da Beppe Grillo con 350 mila firme di altrettanti cittadini per stabilire l’ineleggibilità dei condannati.
Il Fatto quotidiano ha deciso di proporre un nuovo testo, molto più rigoroso e penetrante di quello governativo. E di interpellare i rappresentanti dei partiti nel dibattito “Convivere con la corruzione”, domenica mattina alla Versiliana di Marina di Pietrasanta, con Antonio Di Pietro (Idv), Claudio Fava (Sinistra e libertà), Fabio Granata (Futuro e Libertà) e Matteo Renzi (Pd). Lì si discuterà e si vedrà chi ci sta: potrebbe perfino emergere una maggioranza disposta ad approvarlo in tempi brevi, se – come dichiarano – il Pd, l’Idv, l’Udc e i finiani vogliono fare sul serio contro la corruzione, sfidando su un terreno tanto cruciale e “popolare” la Lega e il Pdl. All’incontro dovrebbe partecipare anche il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, grande esperto di reati finanziari e contro la Pubblica amministrazione.
Il testo che abbiamo elaborato con l’aiuto di giuristi, magistrati e altri esperti non ha richiesto grandi sforzi di fantasia. E’ stato sufficiente seguire alcune linee direttrici.
1) Prevedere finalmente il recepimento della Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, sottoscritta a Strasburgo dagli stati membri nel 1999 e mai ratificata dall’Italia.
2) Introdurre nuove fattispecie di reato per sanzionare i più moderni crimini dei colletti bianchi nell’èra della globalizzazione (come l’autoriciclaggio,la corruzione fra privati, il traffico di influenze illecite).
3) Ripristinare il falso in bilancio sciaguratamente abolito, di fatto, dal secondo governo Berlusconi nel 2001-2002.
4) Mettere mano al sistema della prescrizione (che in questo testo viene affrontata solo in parte): l’ideale sarebbe arrestarne la decorrenza al momento dell’esercizio dell’azione penale, cioè della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm. Oggi, grazie alla legge ex-Cirielli, la corruzione si prescrive 7 anni e mezzo dopo che è stata commessa, e quella giudiziaria dopo 10 (prima scattava dopo 15 anni).
5) Cogliere il meglio dalla miriade di proposte e disegni di legge giacenti in Parlamento e ivi insabbiati da varie legislature (due del Pd, uno dell’Idv, uno quasi preistorico dei Verdi e persino uno dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, nato dal lavoro di una commissione istituita nel 2006 dal governo Prodi-2, di cui facevano parte magistrati di Mani Pulite come Piercamillo Davigo e lo stesso Greco).
6) L’idea di partenza è quella avanzata per la prima volta a Cernobbio nel settembre del 1994, in piena Tangentopoli, dal pool Mani Pulite e da un gruppo di giuristi e docenti universitari (fra i quali l’attuale presidente dell’Unione Camere penali, Oreste Dominioni, all’epoca legale di Berlusconi). La proposta Cernobbio era articolata in tre punti. A) Legislazione premiale per incentivare il “pentitismo” anche in questo tipo di reati, cioè per incoraggiare il corruttore o il corrotto che va spontaneamente a confessare e a denunciare i suoi complici, “prima che la notizia di reato sia stata iscritta a suo nome e comunque entro tre mesi dalla commissione del fatto”. Sempreché restituisca il maltolto fino all’ultima lira. E con la sanzione automatica della decadenza e dell’interdizione dai pubblici uffici. In pratica, si rompe il vincolo di omertà fra corruttore e corrotto e si innesca una corsa a chi arriva prima a denunciare se stesso e l’altro per guadagnarsi l’impunità. L’obiettivo era quello di far emergere gran parte del sommerso di Tangentopoli, evitando ricatti e veleni. B) I reati di corruzione e concussione diventano uno solo: è vietato offrire e dare soldi a un pubblico funzionario, non importa se costretti o spontaneamente, né in cambio di quale favore lecito o illecito. C) Linea dura con chi arriva fuori tempo massimo, o non confessa tutto, o viene colto con le mani nel sacco; custodia cautelare obbligatoria per corrotti e corruttori, come per i mafiosi, con sostanziosi aumenti delle pene. Sedici anni fa la proposta suscitò reazioni entusiastiche da An e dalla Lega.
Ignazio La Russa stuzzicò i forzisti perplessi: “Che il progetto Di Pietro potesse essere sconosciuto a Forza Italia mi sembra poco credibile, anzi resto convinto che i vertici ne fossero informati: vi hanno collaborato alcuni avvocati vicini a loro…” (per esempio Dominioni, allora difensore di Berlusconi). Maroni e Tremonti incontrarono i pm promotori e alla fine il primo parlò di “iniziativa interessante da discutere fra magistrati e governo”.
Che cos’è cambiato da allora a oggi, a parte il fatto che allora Tangentopoli ci costava 6-7 miliardi l’anno e oggi dieci volte tanto? Ecco dunque la proposta di legge in 10 articoli che Il Fatto mette a disposizione di tutte le forze politiche interessate a prevenire e a combattere per davvero la corruzione. Per evitare di scendere in eccessivi tecnicismi, non tutti gli articoli sono già esplicitati in forma di articolato legislativo: lo sono soltanto quelli che ci paiono irrinunciabili. Tutti e dieci, comunque, sono aperti a integrazioni e suggerimenti. Purchè migliorativi e non peggiorativi.
Giustizia & impunità | di Marco Travaglio - Il Fatto Quotidiano 11 settembre 2010
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Articolo per articolo, la proposta di legge sulla corruzione
ARTICOLO 1-2
Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Strasburgo
La “cornice” in cui si muove la nostra proposta di legge è la ratifica ed esecuzione delle Convenzioni penale e civile del Consiglio d’Europa sulla corruzione, siglate a Strasburgo rispettivamente il 27 gennaio e il 4 novembre 1999, mai ratificate dal Parlamento italiano. L’articolo 1 contiene l’autorizzazione del Parlamento al presidente della Repubblica a ratificare le due Convenzioni. L’articolo 2 prevede la “piena e intera esecuzione” data alle medesime. Seguono poi diverse norme per adeguare l’ordinamento interno, cioè il Codice penale e quello civile.
ARTICOLO 3
Modifiche al Codice penale
La corruzione diventa un unico reato, previsto dall’articolo 318, così riformulato:
Corruzione e concussione
1) Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o promettere a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da 4 a 12 anni. Con la stessa pena è punito il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, in relazione al compimento, all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio.
2) La condanna importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
3) Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da due a sei anni. Se la dazione o la promessa sono effettuate per un atto d’ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno.
4) La pena per il corruttore è diminuita fino alla metà quando lo stesso è indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto.
Rimane, come reato più grave, la corruzione in atti giudiziari, prevista dal nuovo articolo 319:
Corruzione in atti giudiziari
1) Se i fatti di cui all’articolo 318 sono commessi in relazione all’esercizio di attività giurisdizionali, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.
2) La condanna importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
3) Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da tre a otto anni. Se la dazione o la promessa sono effettuate per un atto d’ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale, si applica la pena della reclusione da sei mesi a un anno.
Come previsto dalla Convenzione penale europea sulla corruzione, viene introdotto il reato di corruzione in affari privati, previsto dal nuovo articolo 320.
Corruzione in affari privati
1) I dipendenti, i consulenti, i collaboratori di una società che indebitamente ricevono, per sé o per terze persone, denaro o altra utilità, o ne accettano la promessa in relazione al compimento, all’omissione o al ritardo di atti rientranti nei propri incarichi e funzioni, ovvero al compimento di atti contrari ai propri doveri, sono puniti con la reclusione da uno a 4 anni.
2) Se si tratta di amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, sono puniti con la reclusione da due a otto anni.
3) La condanna importa l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
4) Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette ai dipendenti, ai consulenti, ai collaboratori di una società denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Quando la dazione o la promessa viene effettuata per un atto già compiuto, si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni.
5) Nei casi di cui al secondo comma, chi dà o promette agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Quando la dazione o la promessa viene effettuata per un atto già compiuto, si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni.
Anche il reato di istigazione alla corruzione (quando il corruttore non riesce a portare a termine il suo proposito) viene riformulato in termini più semplici nel nuovo articolo 321 per il caso in cui la tangente venga offerta al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio:
Istigazione alla corruzione
1) Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui all’articolo 318 soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dall’articolo 318, terzo comma, ridotta di un terzo. Se l’offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all’articolo 319, si applica la pena stabilita dall’articolo 319, terzo comma, ridotta di un terzo.
2) Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall’articolo 318 è punito, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall’articolo 318, primo comma, ridotta di un terzo. Se la sollecitazione è effettuata nei casi di cui all’articolo 319, si applica la pena stabilita dall’articolo 319, primo comma, ridotta di un terzo.
L’istigazione alla corruzione del privato invece ricade nel nuovo reato previsto dall’articolo 322:
Istigazione alla corruzione in affari privati
1) Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità ai dipendenti, ai consulenti, ai collaboratori, agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, nei casi di cui all’articolo 320 soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dall’articolo 320, terzo comma, ridotta di un terzo.
2) I dipendenti, i consulenti, i collaboratori, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che sollecitano una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall’articolo 320 sono puniti, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall’articolo 320, primo comma, ridotta di un terzo.
Il reato di millantato credito (attualmente punito dall’articolo 346 del Codice penale) sparisce e viene sostituito dal nuovo reato previsto dalla Convenzione europea anticorruzione: il “Traffico di influenze illecite”. Quello che i giudici di Firenze, indagando sullo scandalo della Protezione civile, hanno ribattezzato “sistema gelatinoso”: una ragnatela di opacità reciproche a base di piccoli e grandi regali o scambi di favori che, anche quando non si traducono nella classica mazzetta, comportano enormi lievitazioni dei costi delle opere pubbliche, falsando il libero mercato, annullando la concorrenza e ribaltando la meritocrazia in demeritocrazia.
Traffico di influenze illecite
1) Chiunque, affermando di essere in condizione di esercitare una illecita influenza su un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio in relazione al compimento, all’omissione o al ritardo di un atto dell’ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, quale prezzo per l’influenza esercitata o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
2) Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da due a sei anni. Se la dazione o la promessa viene effettuata per un atto d’ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio, il corruttore è punito con la pena della reclusione da tre mesi a un anno.
3) Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che afferma di essere in condizione di esercitare una illecita influenza su un pubblico ufficiale o su un incaricato di pubblico servizio riveste a sua volta la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.
4) Nel caso di cui al terzo comma, la condanna importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
5) Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giurisdizionali.
6) Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
- Vengono estese, con modifiche agli articoli 357 e 358, le figure di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio punibili per i reati di corruzione e di traffico d’influenze, a “tutti i soggetti che esercitano funzioni o attività corrispondenti… nell’ambito di Stati esteri, dell’Unione europea o di organizzazioni pubbliche internazionali”.
Viene istituita, con il nuovo articolo 360-bis, una circostanza attenuante speciale per i rei confessi di corruzione, corruzione giudiziaria, corruzione in affari privati e traffico di influenze illecite: se, prima che il Pm chieda il loro rinvio a giudizio, denunciano i propri complici e restituiscono il maltolto, hanno diritto a uno sconto fino ai due terzi della pena.
Circostanza attenuante
La pena prevista per i delitti di cui agli articoli 318, 319, 320 e 346 è diminuita fino a due terzi qualora l’autore del fatto, prima che sia esercitata l’azione penale nei suoi confronti, fornisca indicazioni utili all’individuazione degli altri responsabili ed al sequestro delle somme o altre utilità trasferite.
Nasce, infine, un nuovo reato con una modifica agli articoli 648-bis e 648-ter: quello di autoriciclaggio, per punire finalmente chi reimpiega il denaro ricavato da un reato da lui commesso: attività che attualmente non in Italia è punita dalla legge (mentre lo è per esempio negli Stati Uniti, in Francia e persino in Svizzera). Oggi infatti il 648-bis (riciclaggio) e il 648-ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) puniscono con la reclusione da 4 a 12 anni e con la multa da 1.032 a 15.493 euro, rispettivamente “chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione a essi altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa” e “chiunque impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto”; ma “soltanto “fuori dei casi di concorso nel reato”. Queste ultime sette parole vengono cancellate: così finalmente chi vende droga o incassa il pizzo o sequestra persone o traffica in esseri umani o vende droga o prende tangenti o evade le tasse e poi rimette in circolo il denaro sporco così ottenuto in attività edilizie o finanziarie, può essere punito non solo per le attività illecite impiegate per guadagnare soldi sporchi, ma anche per averli riciclati e ripuliti.
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L’altro giorno, a Mirabello, Gianfranco Fini ha domandato sarcastico al Cavaliere che fine abbia fatto la legge anticorruzione. Silenzio di tomba. Silenzio anche da Renato Schifani, che pure presiede il Senato dove langue il ddl. Del resto, sempre al Senato, è stata insabbiata la legge di iniziativa popolare presentata da Beppe Grillo con 350 mila firme di altrettanti cittadini per stabilire l’ineleggibilità dei condannati.
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Il testo che abbiamo elaborato con l’aiuto di giuristi, magistrati e altri esperti non ha richiesto grandi sforzi di fantasia. E’ stato sufficiente seguire alcune linee direttrici.
1) Prevedere finalmente il recepimento della Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, sottoscritta a Strasburgo dagli stati membri nel 1999 e mai ratificata dall’Italia.
2) Introdurre nuove fattispecie di reato per sanzionare i più moderni crimini dei colletti bianchi nell’èra della globalizzazione (come l’autoriciclaggio,la corruzione fra privati, il traffico di influenze illecite).
3) Ripristinare il falso in bilancio sciaguratamente abolito, di fatto, dal secondo governo Berlusconi nel 2001-2002.
4) Mettere mano al sistema della prescrizione (che in questo testo viene affrontata solo in parte): l’ideale sarebbe arrestarne la decorrenza al momento dell’esercizio dell’azione penale, cioè della richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm. Oggi, grazie alla legge ex-Cirielli, la corruzione si prescrive 7 anni e mezzo dopo che è stata commessa, e quella giudiziaria dopo 10 (prima scattava dopo 15 anni).
5) Cogliere il meglio dalla miriade di proposte e disegni di legge giacenti in Parlamento e ivi insabbiati da varie legislature (due del Pd, uno dell’Idv, uno quasi preistorico dei Verdi e persino uno dell’ex ministro della Giustizia Clemente Mastella, nato dal lavoro di una commissione istituita nel 2006 dal governo Prodi-2, di cui facevano parte magistrati di Mani Pulite come Piercamillo Davigo e lo stesso Greco).
6) L’idea di partenza è quella avanzata per la prima volta a Cernobbio nel settembre del 1994, in piena Tangentopoli, dal pool Mani Pulite e da un gruppo di giuristi e docenti universitari (fra i quali l’attuale presidente dell’Unione Camere penali, Oreste Dominioni, all’epoca legale di Berlusconi). La proposta Cernobbio era articolata in tre punti. A) Legislazione premiale per incentivare il “pentitismo” anche in questo tipo di reati, cioè per incoraggiare il corruttore o il corrotto che va spontaneamente a confessare e a denunciare i suoi complici, “prima che la notizia di reato sia stata iscritta a suo nome e comunque entro tre mesi dalla commissione del fatto”. Sempreché restituisca il maltolto fino all’ultima lira. E con la sanzione automatica della decadenza e dell’interdizione dai pubblici uffici. In pratica, si rompe il vincolo di omertà fra corruttore e corrotto e si innesca una corsa a chi arriva prima a denunciare se stesso e l’altro per guadagnarsi l’impunità. L’obiettivo era quello di far emergere gran parte del sommerso di Tangentopoli, evitando ricatti e veleni. B) I reati di corruzione e concussione diventano uno solo: è vietato offrire e dare soldi a un pubblico funzionario, non importa se costretti o spontaneamente, né in cambio di quale favore lecito o illecito. C) Linea dura con chi arriva fuori tempo massimo, o non confessa tutto, o viene colto con le mani nel sacco; custodia cautelare obbligatoria per corrotti e corruttori, come per i mafiosi, con sostanziosi aumenti delle pene. Sedici anni fa la proposta suscitò reazioni entusiastiche da An e dalla Lega.
Ignazio La Russa stuzzicò i forzisti perplessi: “Che il progetto Di Pietro potesse essere sconosciuto a Forza Italia mi sembra poco credibile, anzi resto convinto che i vertici ne fossero informati: vi hanno collaborato alcuni avvocati vicini a loro…” (per esempio Dominioni, allora difensore di Berlusconi). Maroni e Tremonti incontrarono i pm promotori e alla fine il primo parlò di “iniziativa interessante da discutere fra magistrati e governo”.
Che cos’è cambiato da allora a oggi, a parte il fatto che allora Tangentopoli ci costava 6-7 miliardi l’anno e oggi dieci volte tanto? Ecco dunque la proposta di legge in 10 articoli che Il Fatto mette a disposizione di tutte le forze politiche interessate a prevenire e a combattere per davvero la corruzione. Per evitare di scendere in eccessivi tecnicismi, non tutti gli articoli sono già esplicitati in forma di articolato legislativo: lo sono soltanto quelli che ci paiono irrinunciabili. Tutti e dieci, comunque, sono aperti a integrazioni e suggerimenti. Purchè migliorativi e non peggiorativi.
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Articolo per articolo, la proposta di legge sulla corruzione
ARTICOLO 1-2
Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Strasburgo
La “cornice” in cui si muove la nostra proposta di legge è la ratifica ed esecuzione delle Convenzioni penale e civile del Consiglio d’Europa sulla corruzione, siglate a Strasburgo rispettivamente il 27 gennaio e il 4 novembre 1999, mai ratificate dal Parlamento italiano. L’articolo 1 contiene l’autorizzazione del Parlamento al presidente della Repubblica a ratificare le due Convenzioni. L’articolo 2 prevede la “piena e intera esecuzione” data alle medesime. Seguono poi diverse norme per adeguare l’ordinamento interno, cioè il Codice penale e quello civile.
ARTICOLO 3
Modifiche al Codice penale
La corruzione diventa un unico reato, previsto dall’articolo 318, così riformulato:
Corruzione e concussione
1) Il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o promettere a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da 4 a 12 anni. Con la stessa pena è punito il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, in relazione al compimento, all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio.
2) La condanna importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
3) Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da due a sei anni. Se la dazione o la promessa sono effettuate per un atto d’ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno.
4) La pena per il corruttore è diminuita fino alla metà quando lo stesso è indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto.
Rimane, come reato più grave, la corruzione in atti giudiziari, prevista dal nuovo articolo 319:
Corruzione in atti giudiziari
1) Se i fatti di cui all’articolo 318 sono commessi in relazione all’esercizio di attività giurisdizionali, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.
2) La condanna importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
3) Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da tre a otto anni. Se la dazione o la promessa sono effettuate per un atto d’ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale, si applica la pena della reclusione da sei mesi a un anno.
Come previsto dalla Convenzione penale europea sulla corruzione, viene introdotto il reato di corruzione in affari privati, previsto dal nuovo articolo 320.
Corruzione in affari privati
1) I dipendenti, i consulenti, i collaboratori di una società che indebitamente ricevono, per sé o per terze persone, denaro o altra utilità, o ne accettano la promessa in relazione al compimento, all’omissione o al ritardo di atti rientranti nei propri incarichi e funzioni, ovvero al compimento di atti contrari ai propri doveri, sono puniti con la reclusione da uno a 4 anni.
2) Se si tratta di amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, sono puniti con la reclusione da due a otto anni.
3) La condanna importa l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
4) Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette ai dipendenti, ai consulenti, ai collaboratori di una società denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Quando la dazione o la promessa viene effettuata per un atto già compiuto, si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni.
5) Nei casi di cui al secondo comma, chi dà o promette agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da uno a quattro anni. Quando la dazione o la promessa viene effettuata per un atto già compiuto, si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni.
Anche il reato di istigazione alla corruzione (quando il corruttore non riesce a portare a termine il suo proposito) viene riformulato in termini più semplici nel nuovo articolo 321 per il caso in cui la tangente venga offerta al pubblico ufficiale o all’incaricato di pubblico servizio:
Istigazione alla corruzione
1) Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui all’articolo 318 soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dall’articolo 318, terzo comma, ridotta di un terzo. Se l’offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all’articolo 319, si applica la pena stabilita dall’articolo 319, terzo comma, ridotta di un terzo.
2) Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall’articolo 318 è punito, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall’articolo 318, primo comma, ridotta di un terzo. Se la sollecitazione è effettuata nei casi di cui all’articolo 319, si applica la pena stabilita dall’articolo 319, primo comma, ridotta di un terzo.
L’istigazione alla corruzione del privato invece ricade nel nuovo reato previsto dall’articolo 322:
Istigazione alla corruzione in affari privati
1) Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità ai dipendenti, ai consulenti, ai collaboratori, agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, nei casi di cui all’articolo 320 soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dall’articolo 320, terzo comma, ridotta di un terzo.
2) I dipendenti, i consulenti, i collaboratori, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che sollecitano una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall’articolo 320 sono puniti, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall’articolo 320, primo comma, ridotta di un terzo.
Il reato di millantato credito (attualmente punito dall’articolo 346 del Codice penale) sparisce e viene sostituito dal nuovo reato previsto dalla Convenzione europea anticorruzione: il “Traffico di influenze illecite”. Quello che i giudici di Firenze, indagando sullo scandalo della Protezione civile, hanno ribattezzato “sistema gelatinoso”: una ragnatela di opacità reciproche a base di piccoli e grandi regali o scambi di favori che, anche quando non si traducono nella classica mazzetta, comportano enormi lievitazioni dei costi delle opere pubbliche, falsando il libero mercato, annullando la concorrenza e ribaltando la meritocrazia in demeritocrazia.
Traffico di influenze illecite
1) Chiunque, affermando di essere in condizione di esercitare una illecita influenza su un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio in relazione al compimento, all’omissione o al ritardo di un atto dell’ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, quale prezzo per l’influenza esercitata o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
2) Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da due a sei anni. Se la dazione o la promessa viene effettuata per un atto d’ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall’incaricato di un pubblico servizio, il corruttore è punito con la pena della reclusione da tre mesi a un anno.
3) Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che afferma di essere in condizione di esercitare una illecita influenza su un pubblico ufficiale o su un incaricato di pubblico servizio riveste a sua volta la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio.
4) Nel caso di cui al terzo comma, la condanna importa l’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
5) Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all’esercizio di attività giurisdizionali.
6) Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l’interdizione temporanea dai pubblici uffici.
- Vengono estese, con modifiche agli articoli 357 e 358, le figure di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio punibili per i reati di corruzione e di traffico d’influenze, a “tutti i soggetti che esercitano funzioni o attività corrispondenti… nell’ambito di Stati esteri, dell’Unione europea o di organizzazioni pubbliche internazionali”.
Viene istituita, con il nuovo articolo 360-bis, una circostanza attenuante speciale per i rei confessi di corruzione, corruzione giudiziaria, corruzione in affari privati e traffico di influenze illecite: se, prima che il Pm chieda il loro rinvio a giudizio, denunciano i propri complici e restituiscono il maltolto, hanno diritto a uno sconto fino ai due terzi della pena.
Circostanza attenuante
La pena prevista per i delitti di cui agli articoli 318, 319, 320 e 346 è diminuita fino a due terzi qualora l’autore del fatto, prima che sia esercitata l’azione penale nei suoi confronti, fornisca indicazioni utili all’individuazione degli altri responsabili ed al sequestro delle somme o altre utilità trasferite.
Nasce, infine, un nuovo reato con una modifica agli articoli 648-bis e 648-ter: quello di autoriciclaggio, per punire finalmente chi reimpiega il denaro ricavato da un reato da lui commesso: attività che attualmente non in Italia è punita dalla legge (mentre lo è per esempio negli Stati Uniti, in Francia e persino in Svizzera). Oggi infatti il 648-bis (riciclaggio) e il 648-ter (impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) puniscono con la reclusione da 4 a 12 anni e con la multa da 1.032 a 15.493 euro, rispettivamente “chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione a essi altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa” e “chiunque impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto”; ma “soltanto “fuori dei casi di concorso nel reato”. Queste ultime sette parole vengono cancellate: così finalmente chi vende droga o incassa il pizzo o sequestra persone o traffica in esseri umani o vende droga o prende tangenti o evade le tasse e poi rimette in circolo il denaro sporco così ottenuto in attività edilizie o finanziarie, può essere punito non solo per le attività illecite impiegate per guadagnare soldi sporchi, ma anche per averli riciclati e ripuliti.
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