sabato 30 ottobre 2010

Ruby, il pm decise che doveva andare in comunità

Critiche da tutta l'opposizione e da Confindustria dopo la rivelazione delle telefonate del premier per far rilasciare la minorenne marocchina. Ma a preoccupare Berlusconi, più di tutto, è l'insofferenza allo scandalo dell'alleato leghista.
Doveva andare in una comunità. Così aveva deciso il pm dei minori di Milano Annamaria Fiorillo, che era di turno il 27 maggio scorso quando Ruby venne fermata e portata in Questura. Quella sera il pm Fiorillo, contattato più volte dalla Questura, dispose innanzitutto di compiere accertamenti su chi fosse la ragazza, sprovvista di qualsiasi documento di identità. Documento che, nonostante le ricerche nell’appartamento che la giovane aveva detto di aver condiviso con l’amica che l’ha poi denunciata, non venne trovato.
Vennero però prese le impronte di Ruby e si riuscì a risalire ai suoi dati anagrafici e a scoprire anche che il responsabile di una comunità in provincia di Messina dove doveva trovarsi, aveva denunciato la sua scomparsa.
Vista la situazione il pm quella notte allora decise che la ragazza dovesse essere protetta e quindi collocata in una comunità. Invece andò in un altro modo e le disposizioni del magistrato vennero disattese: Fiorillo, infatti, venne informata che era arrivata una telefonata con cui si avvertiva che la ragazza era la nipote di Mubarak e che sarebbe arrivato a prenderla un “consigliere ministeriale presso la presidenza del Consiglio dei Ministri”. Ma la questura smentisce la riscostruzione e in una nota dice: “La procura dei minori acconsentì” ad affidare Ruby a Nicole Minetti.
Il governo perde i pezzi - Mentre nuovi dettagli della vicenda emergono in continuazione, la polemica politica monta e il presidente del Consiglio è sempre più isolato. A cominciare dal più stretto degli alleati, la Lega. “Ma come gli viene in mente di chiamare la Questura? Un uomo del governo non può farlo, è a dir poco inopportuno”. Umberto Bossi è fuori di sé per la vicenda Ruby in cui è rimasto coinvolto l’alleato Berlusconi. Ed ha ormai maturato la volontà di scaricarlo, staccando definitivamente la spina a un esecutivo continuamente costretto a occuparsi dei guai privati del premier.
Guai giudiziari e donne. Patrizia D’Addario, Noemi Letizia e Ruby. Per il senatùr la minorenne è il sassolino che annuncia la frana e ai suoi detta la linea: “Dobbiamo prepararci, il Governo tecnico è alle porte”. Un Bossi rassegnato al risultato minimo: arrivare fino a febbraio, quando diventeranno operativi i decreti sul federalismo. “A noi basta così”, ha detto Bossi, secondo quanto riporta Repubblica raccontando la riunione del federale leghista ieri in via Bellerio. “Silvio cadrà a gennaio”, secondo il senatùr. Da sempre attento agli umori dei Palazzi, Bossi assiste all’intensificarsi dei rapporti tra l’Udc e il Pd, con la sponda di Futuro e Libertà che sta facendo pressioni sempre più forti su Gianfranco Fini affinché si decida a disarcionare definitivamente Berlusconi. E il presidente della Camera, di fatto, ha alzato un po’ il tiro negli ultimi giorni sulla giustizia.
Ora l’argomento che accomuna tutti è l’abuso di potere. Il presidente del Consiglio che alza il telefono per fare pressioni sui vertici della Questura milanese per far rilasciare una minorenne con precedenti di furto, è un’immagine che non può essere lasciata sbiadire. Lo sa Fini, lo sa l’opposizione con Pierluigi Bersani che trova la forza di scagliarsi apertamente contro quanto accaduto chiedendo le dimissioni del premier. “Le notizie che emergono da Milano – ha detto il segretario del Partito democratico – ci dicono una cosa chiara: Berlusconi non può stare un minuto di più in un ruolo pubblico che ha indecorosamente tradito”. E ancora: “L’Italia ha una dignità che non può essere messa a repentaglio, ha dei problemi seri che devono essere finalmente affrontati in un clima di serietà e di impegno; il tempo è finito, bisogna aprire una fase nuova”. Così come già Antonio Di Pietro e l’Idv avevano chiesto ieri le dimissioni del premier.
Ma agli attacchi politici oggi si è aggiunta la posizione dura del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia: “L’azione del Governo non c’è; il parlamento non legifera, non si riesce ad eleggere il presidente della Consob”. Il paese “è in preda alla paralisi” e la politica deve “ritrovare il senso di dignità delle istituzioni”, ha detto tra gli applausi dei giovani industriali riuniti a Capri. Renato Schifani, presente in sala, ha tentato di difendere il Governo. O meglio, ha ripetuto il leit motiv del Pdl quando lo spettro della crisi prende forma: “Il paese non può permettersi fasi di instabilità”.
Secondo il presidente del Senato si devono “evitare crisi di sistema irreversibili e ciascuno, di ogni ordine e grado è chiamato all’esercizio del buon senso e della ragionevolezza”. Richiamo alla responsabilità che Marcegaglia non accetta e rimanda al mittente: “Se ogni giorno il dibattito politico viene travolto da questioni che nulla hanno a che fare con un’agenda seria, noi ci arrabbiamo e ci indigniamo”. Neanche il messaggio di “pace” inviato da Sandro Bondi è bastato. Il coordinatore del Pdl ha invitato tutti “a pensare ai problemi veri del paese”. Dimenticando chi è stato a telefonare in Questura a Milano invece di occuparsi dei “problemi veri del paese”.
La telefonata di Berlusconi - Berlusconi si occupa di salvare Ruby anche e più dei “problemi reali”. Che sia stato lui in persona ad interessarsi alla ragazza è confermato anche dalla stessa Nicole Minetti, che la notte del 27 maggio si precipita alla questura di Milano per portare via la giovane. Racconta a Repubblica l’ex igienista dentale, ora consigliere regionale in Lombardia, di avere ricevuto dal premier due telefonate nel corso di quella notte. La prima, che la invitava ad andare in questura. La seconda, a missione compiuta, perché prendesse in affido la ragazza.
Ma quelle all’ex igienista dentale non sono le uniche telefonate che il premier fa nella notte del 27 maggio. Come ricostruito dal capo di gabinetto della questura Pietro Ostuni negli atti dell’inchiesta, in via Fatebenefratelli arriva una telefonata, mentre è in atto il fotosegnalamento della ragazza, fermata per furto. E’ Ostuni stesso a prenderla. Il primo a parlare è un uomo che si qualifica come caposcorta del presidente del Consiglio: “So che da voi c’è una ragazza”, esordisce. Poi aggiunge: “Anche il presidente la conosce, anzi aspetta che adesso te lo passo”. Berlusconi interviene al telefono e dice: “Dottore, volevo confermare che conosciamo questa ragazza, ma soprattutto spiegarle che ci è stata segnalata come parente del presidente egiziano Mubarak e dunque sarebbe opportuno evitare che sia trasferita in una struttura di accoglienza. Credo sarebbe meglio affidarla a una persona di fiducia e per questo volevo informarla che entro breve arriverà da voi il consigliere regionale Nicole Minetti che se ne occuperà volentieri”. Cosa che puntualmente avviene. Passano pochi giorni però, e la ragazza è ancora nei guai, quando litiga con la donna brasiliana che la ospita temporaneamente. Solo a quel punto Ruby viene effettivamente affidata ad una comunità protetta di Genova, dopo che ripetute telefonate alla Minetti vanno a vuoto.

Davide Vecchi e Fabio Amato (Il fatto Quotidiano - 30 ottobre 2010)

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