Nelle pagine romane del quotidiano, il mercoledì o a volte anche prima, vedo l'annuncio di un film che aspettavo. C'è scritto "da venerdì". Chiudo il giornale sapendo che da venerdì comincerà un segmento di tempo dentro cui una sera, presto, andrò a vederlo. Non so ancora dove, quando. Ma ci andrò.
Poi arriva il venerdì, e passa. Il primo fine settimana non se ne parla. Altrimenti anche il sapore dell'attesa durerebbe poco; e poi il primo fine settimana ci vanno tutti.
Aspetto.
Dalla settimana successiva, ogni giorno studio le sale e gli orari, il cinema più vicino o quello che mi piace di più, valuto la sala ma anche la strada, e se devo dirla tutta anche il marciapiede dove all'uscita chiederò a qualcuno una sigaretta e la fumerò con un piacere lento, ripensando ad alcuni dialoghi del film. Finirò per scegliere anche il marciapiede dove lascerò il mozzicone della mia sigaretta dopo il film. Penso di andarci da solo al primo spettacolo, oppure conh qualcuno alle otto e mezza di sera, anzi - meglio - penso di uscire di casa dopo cena e chiedere a un amico di arrivare un pò prima e passeggiare intorno all'isolato e poi entrare all'ultimo spettacolo.
E aspetto. Aspetto. Dico: ci vado la prossima settimana.
Settimana dopo settimana vedo le sale che cambiano, che si riducono; e so che il prossimo giovedì tremerò perchè da domani forse non c'è più, il film. E poi c'è, per fortuna, ma spostato in una sala piccola o periferica, come in un'agonia lenta, che non termina perchè sta aspettando me. E' più difficile, adesso, più lontano, più complesso; più arduo trovare qualcuno che non l'abbia ancora visto.
Solo a questo punto comincia a sedurmi un'idea nuova, maliziosa, e nell'attimo in cui la penso, decido, con coscienza, di metterla senz'altro in pratica - una cosa insensata ma alla quale non so resistere.
Non ci andrò.
Scalpiterò l'ultimo giorno, un giovedì, sapendo che da domani scomparirà, telefonerò a tutti quelli che conosco dicendo che forse bisognerebbe proprio andarci perchè è l'ultimo giorno; ma avendo una buona scusa per dire che non ce la faccio in tempo, se qualcuno dovesse poi essere realmente disponibile.
E poi lo faccio andare via, quel film che volevo assolutamente vedere; non potevo perderlo e me lo perdo, e da domani dirò che me lo sono perso, che mi dispiace. Il venerdì apro il giornale, scorro tutte le sale, e davvero non c'è più, è scomparso.
E io mi sento, in qualche modo incomprensibile, sollevato.
Francesco Piccolo (Momenti di trascurabile felicità - 2010 - Einaudi)
Poi arriva il venerdì, e passa. Il primo fine settimana non se ne parla. Altrimenti anche il sapore dell'attesa durerebbe poco; e poi il primo fine settimana ci vanno tutti.
Aspetto.
Dalla settimana successiva, ogni giorno studio le sale e gli orari, il cinema più vicino o quello che mi piace di più, valuto la sala ma anche la strada, e se devo dirla tutta anche il marciapiede dove all'uscita chiederò a qualcuno una sigaretta e la fumerò con un piacere lento, ripensando ad alcuni dialoghi del film. Finirò per scegliere anche il marciapiede dove lascerò il mozzicone della mia sigaretta dopo il film. Penso di andarci da solo al primo spettacolo, oppure conh qualcuno alle otto e mezza di sera, anzi - meglio - penso di uscire di casa dopo cena e chiedere a un amico di arrivare un pò prima e passeggiare intorno all'isolato e poi entrare all'ultimo spettacolo.
E aspetto. Aspetto. Dico: ci vado la prossima settimana.
Settimana dopo settimana vedo le sale che cambiano, che si riducono; e so che il prossimo giovedì tremerò perchè da domani forse non c'è più, il film. E poi c'è, per fortuna, ma spostato in una sala piccola o periferica, come in un'agonia lenta, che non termina perchè sta aspettando me. E' più difficile, adesso, più lontano, più complesso; più arduo trovare qualcuno che non l'abbia ancora visto.
Solo a questo punto comincia a sedurmi un'idea nuova, maliziosa, e nell'attimo in cui la penso, decido, con coscienza, di metterla senz'altro in pratica - una cosa insensata ma alla quale non so resistere.
Non ci andrò.
Scalpiterò l'ultimo giorno, un giovedì, sapendo che da domani scomparirà, telefonerò a tutti quelli che conosco dicendo che forse bisognerebbe proprio andarci perchè è l'ultimo giorno; ma avendo una buona scusa per dire che non ce la faccio in tempo, se qualcuno dovesse poi essere realmente disponibile.
E poi lo faccio andare via, quel film che volevo assolutamente vedere; non potevo perderlo e me lo perdo, e da domani dirò che me lo sono perso, che mi dispiace. Il venerdì apro il giornale, scorro tutte le sale, e davvero non c'è più, è scomparso.
E io mi sento, in qualche modo incomprensibile, sollevato.
Francesco Piccolo (Momenti di trascurabile felicità - 2010 - Einaudi)
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