Mentre la limitazione della durata giornaliera del lavoro fu attuata, nella nostra legislazione, in epoca posteriore alla Convenzione internazionale relativa, l'obbligo del riposo settimanale nelle aziende industriali e commerciali era stato già da tempo imposto allorché intervenne la Convenzione di Ginevra del 1921, resa esecutiva con il R. decreto-legge 20 marzo 1924, n. 580. Infatti la disciplina giuridica del riposo settimanale risale in Italia alla legge 7 giugno 1907, n. 489, completata dai regolamenti approvati con R. decreto 7 novembre 1907, n. 807, e 8 agosto 1908, n. 509, e recentemente sostituita dalla legge 22 febbraio 1934.
Le norme di legge sul riposo settimanale e festivo rispondono ad un triplice ordine di ragioni: fisiologiche, sociali e religiose. Il riposo settimanale è reso necessario onde garantire che l'organismo del lavoratore possa ritemprarsi e rigenerarsi ed acquistare nuove forze, astenendosi per un certo tempo dalla prestazione di opera, cioè da un dispendio di energie; per soddisfare a tale bisogno fisiologico è necessario che l'astensione duri per uno spazio di tempo abbastanza lungo, che la legge ha ritenuto opportuno fissare in 24 ore consecutive. D'altro canto il riposo settimanale deve essere concesso, se particolari accertate esigenze non lo vietano, la domenica, sia perché tale giorno è tradizionalmente destinato al riposo, allo svago, alle cure della famiglia, sia perché dalla religione ufficiale dello Stato è fatto obbligo ai fedeli di astenersi in tale giorno dalle opere servili e di dedicarsi alle pratiche religiose.
Dopo accurato studio ed ampio dibattito al Consiglio Nazionale delle Corporazioni in sede di revisione della legislazione del lavoro, fu predisposto il provvedimento relativo al riposo domenicale e settimanale, con alcune modificazioni proposte dai Ministeri interessati e con lievi emendamenti della Camera dei Deputati. Tale provvedimento è divenuto la legge 22 febbraio 1934, n. 370.
Nel suo complesso il nuovo testo presenta le seguenti innovazioni e caratteristiche:
1. - Caratteri formali e disposizioni generali. Elimina la necessità di emanare un regolamento raggruppando le norme contenute nelle leggi sopra menzionate.
Tra i due opposti concetti, quello tradizionale della legislazione sinora in vigore — essenzialmente analitico ed inteso a regolare specificatamente ogni singolo caso — e quello innovatore — inteso a stabilire i principi fondamentali, delegando la determinazione di norme particolari ai contratti collettivi di lavoro — il nuovo testo segue un criterio intermedio, «fissando cioè insieme ad alcuni principi generali, norme particolari per categorie di attività, desunte da un logico coordinamento delle elencazioni stabilite dalla legge vigente, e determinando altresì norme specifiche per singole attività, nei casi in cui queste richiedano regimi giuridici particolari, e non siano raggruppabili in categorie».
In uniformità alla dichiarazione XV della Carta del Lavoro, riserva un vasto campo normativo al contratto collettivo di lavoro, salvo nei casi di urgenza, di esigenze trascendenti quelle di categoria o di particolari necessità tecniche, ovvero quando i contratti collettivi non regolino la materia. Sostituisce due sole autorità — quelle del prefetto e dell'ispettorato corporativo — alle numerose competenze amministrative determinate dalle disposizioni sinora vigenti.
2. - Campo di applicazione della legge. Di fronte al criterio sinora prevalente, il quale presupponeva come requisito essenziale l'esistenza dell'azienda industriale e commerciale, concepita però in senso assai ampio attraverso la condizione dei vari articoli, il nuovo testo non sposta sensibilmente la sfera di applicazione delle varie norme, perché pur basandosi sull'estremo del lavoro prestato alle dipendenze altrui, si fonda altresì, in alcuni casi, sull'elemento di azienda. Ciò premesso, vanno tuttavia segnalate le seguenti caratteristiche in vario grado innovatrici.
In primo luogo, l'estensione della legge ai lavori agricoli, salvo determinate cautele e con l'esclusione di alcune categorie di lavoratori, in ragione della natura particolare del lavoro (pastorizia, biada), del rapporto economico e giuridico (lavori a compartecipazione) e del fatto che intervengono leggi speciali (risicoltura).
In secondo luogo, l'applicazione del regime di riposo al personale addetto ai servizi di trasporto su ferrovie e tranvie e soprattutto a quello addetto ai servizi complementari, definita nel senso che l'esonero dall'applicazione della legge, per quanto riguarda le ferrovie e le tranvie pubbliche, è subordinato a due ordini di limitazioni: il carattere pubblico (secondo la terminologia dell'art. 1 del testo unico 9 maggio 1912, n. 1447) della ferrovia e tranvia, e il rapporto diretto di dipendenza tra il personale e l'azienda esercente. In altre parole, l'eccezione riguarda esclusivamente quei lavoratori a cui provvede, in materia di riposo, la legge speciale (art. 16 del R. decreto-legge 19 ottobre 1923, n. 2328), mentre tutti i lavoratori dipendenti dalle altre aziende, addetti ai lavori di trasporto od a servizi ausiliari, rientrano nell'ambito della legge generale e ad essi può applicarsi, ove parrà necessario, la norma che prevede il riposo settimanale per turno. In tal modo sarà pienamente garantito il regolare funzionamento e la continuità dei servizi.
In terzo luogo, la non applicabilità della legge al lavoro negli istituti di prevenzione e di pena, derivante dal fatto che il testo in esame si riferisce esclusivamente al lavoro libero e liberamente assunto, mentre, a disciplinare tale materia particolare, provvede il regolamento 18 giugno 1931, n. 787, art. 123).
In quarto luogo, l'applicabilità della legge ai soci di cooperative, questione risolta affermativamente, ma non in base alla presunzione normalmente stabilita dalla legislazione previdenziale, che considera sempre la cooperativa come datrice di lavoro nei riguardi dei soci da essa impiegati (per esempio nell'assicurazione invalidità e vecchiaia), bensì in base ad un altro ordine di presunzioni fondato su alcuni elementi particolari, atti a far ritenere l'esistenza di un rapporto di dipendenza, e cioè la retribuzione fissa o periodica e la prestazione del lavoro insieme agli operai.
Infine fissa il giorno (domenica) e la decorrenza (da una mezzanotte all'altra) del riposo, la cui durata permane di 24 ore ogni settimana, elevando a principio di carattere generale le norme particolari desunte dalla legge sinora vigente e dai relativi regolamenti (art. 3). A principio di carattere generale viene elevata altresì la tesi, seguita sinora dall'Amministrazione, della impossibilità di derogare in peius alla legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli, di modo che, in caso di eccezione all'obbligo del riposo, alle donne di qualsiasi età e ai minori di anni 14 dev'essere tuttavia dato, ogni settimana, un compensativo ininterrotto di 24 ore, salvo casi previsti dagli articoli 6 (personale specializzato e insostituibile), 8 (lavori agricoli), 12 (personale degli alberghi) e 15 (personale addetto ai vagoni letto, commessi viaggiatori e personale equiparabile, personale addetto ai pubblici spettacoli).
3. - Regimi particolari di riposo. Tali regimi particolari riguardano le attività a regime continuo, stagionali o di pubblica utilità, la vendita al minuto ed attività affini, i lavori agricoli, le industrie all'aperto, gli opifici mossi direttamente dal vento o dall'acqua, gli alberghi, le aziende giornalistiche e di diffusione di notizie, il personale addetto ai vagoni letto, i commessi viaggiatori e personale equiparabile, il personale addetto ai pubblici spettacoli, i lavori occasionali e di vigilanza.
Vengono anche disciplinati i casi di forza maggiore e la possibilità di spostare il giorno di riposo.
Particolarmente innovatrice è la norma per cui nella vendita al minuto e nelle attività rivolte a soddisfare direttamente i bisogni del pubblico, il prefetto, sentiti il podestà e le organizzazioni sindacali, può sostituire al riposo settimanale per turno il riposo di un determinato giorno della settimana di tutto il personale, ovvero il riposo nel pomeriggio della domenica, più il riposo compensativo. Tale norma importa altresì una molteplicità di regime, opportunamente determinati, nelle forme di riposo applicabili ai negozi di generi alimentari e combustibili, ai laboratori di parrucchiere, agli istituti di previdenza e simili, aziende che in linea di principio saranno soggette all'obbligo del riposo domenicale, ovvero all'obbligo del riposo settimanale per turno nel caso che siano considerate come attività il cui funzionamento continuo risponda a ragioni di utilità pubblica.
In tal modo la nuova legge, come giustamente afferma la relazione ministeriale, non rappresenta soltanto un coordinamento ed un perfezionamento delle disposizioni di legge prima in vigore, ma apporta profonde innovazioni e modificazioni di carattere sostanziale, e ispirandosi al concetto di rendere sempre più ampia ed efficiente la tutela del lavoro, estende a nuove categorie la protezione della legge, attuando con precetti giuridici di alto valore etico e religioso uno dei postulati fondamentali sanciti dalla Carta del Lavoro nell'interesse della massa lavoratrice.
tratto da "Politica Sociale del Fascismo" (La Libreria dello Stato - Anno XIV E.F.)
Le norme di legge sul riposo settimanale e festivo rispondono ad un triplice ordine di ragioni: fisiologiche, sociali e religiose. Il riposo settimanale è reso necessario onde garantire che l'organismo del lavoratore possa ritemprarsi e rigenerarsi ed acquistare nuove forze, astenendosi per un certo tempo dalla prestazione di opera, cioè da un dispendio di energie; per soddisfare a tale bisogno fisiologico è necessario che l'astensione duri per uno spazio di tempo abbastanza lungo, che la legge ha ritenuto opportuno fissare in 24 ore consecutive. D'altro canto il riposo settimanale deve essere concesso, se particolari accertate esigenze non lo vietano, la domenica, sia perché tale giorno è tradizionalmente destinato al riposo, allo svago, alle cure della famiglia, sia perché dalla religione ufficiale dello Stato è fatto obbligo ai fedeli di astenersi in tale giorno dalle opere servili e di dedicarsi alle pratiche religiose.
Dopo accurato studio ed ampio dibattito al Consiglio Nazionale delle Corporazioni in sede di revisione della legislazione del lavoro, fu predisposto il provvedimento relativo al riposo domenicale e settimanale, con alcune modificazioni proposte dai Ministeri interessati e con lievi emendamenti della Camera dei Deputati. Tale provvedimento è divenuto la legge 22 febbraio 1934, n. 370.
Nel suo complesso il nuovo testo presenta le seguenti innovazioni e caratteristiche:
1. - Caratteri formali e disposizioni generali. Elimina la necessità di emanare un regolamento raggruppando le norme contenute nelle leggi sopra menzionate.
Tra i due opposti concetti, quello tradizionale della legislazione sinora in vigore — essenzialmente analitico ed inteso a regolare specificatamente ogni singolo caso — e quello innovatore — inteso a stabilire i principi fondamentali, delegando la determinazione di norme particolari ai contratti collettivi di lavoro — il nuovo testo segue un criterio intermedio, «fissando cioè insieme ad alcuni principi generali, norme particolari per categorie di attività, desunte da un logico coordinamento delle elencazioni stabilite dalla legge vigente, e determinando altresì norme specifiche per singole attività, nei casi in cui queste richiedano regimi giuridici particolari, e non siano raggruppabili in categorie».
In uniformità alla dichiarazione XV della Carta del Lavoro, riserva un vasto campo normativo al contratto collettivo di lavoro, salvo nei casi di urgenza, di esigenze trascendenti quelle di categoria o di particolari necessità tecniche, ovvero quando i contratti collettivi non regolino la materia. Sostituisce due sole autorità — quelle del prefetto e dell'ispettorato corporativo — alle numerose competenze amministrative determinate dalle disposizioni sinora vigenti.
2. - Campo di applicazione della legge. Di fronte al criterio sinora prevalente, il quale presupponeva come requisito essenziale l'esistenza dell'azienda industriale e commerciale, concepita però in senso assai ampio attraverso la condizione dei vari articoli, il nuovo testo non sposta sensibilmente la sfera di applicazione delle varie norme, perché pur basandosi sull'estremo del lavoro prestato alle dipendenze altrui, si fonda altresì, in alcuni casi, sull'elemento di azienda. Ciò premesso, vanno tuttavia segnalate le seguenti caratteristiche in vario grado innovatrici.
In primo luogo, l'estensione della legge ai lavori agricoli, salvo determinate cautele e con l'esclusione di alcune categorie di lavoratori, in ragione della natura particolare del lavoro (pastorizia, biada), del rapporto economico e giuridico (lavori a compartecipazione) e del fatto che intervengono leggi speciali (risicoltura).
In secondo luogo, l'applicazione del regime di riposo al personale addetto ai servizi di trasporto su ferrovie e tranvie e soprattutto a quello addetto ai servizi complementari, definita nel senso che l'esonero dall'applicazione della legge, per quanto riguarda le ferrovie e le tranvie pubbliche, è subordinato a due ordini di limitazioni: il carattere pubblico (secondo la terminologia dell'art. 1 del testo unico 9 maggio 1912, n. 1447) della ferrovia e tranvia, e il rapporto diretto di dipendenza tra il personale e l'azienda esercente. In altre parole, l'eccezione riguarda esclusivamente quei lavoratori a cui provvede, in materia di riposo, la legge speciale (art. 16 del R. decreto-legge 19 ottobre 1923, n. 2328), mentre tutti i lavoratori dipendenti dalle altre aziende, addetti ai lavori di trasporto od a servizi ausiliari, rientrano nell'ambito della legge generale e ad essi può applicarsi, ove parrà necessario, la norma che prevede il riposo settimanale per turno. In tal modo sarà pienamente garantito il regolare funzionamento e la continuità dei servizi.
In terzo luogo, la non applicabilità della legge al lavoro negli istituti di prevenzione e di pena, derivante dal fatto che il testo in esame si riferisce esclusivamente al lavoro libero e liberamente assunto, mentre, a disciplinare tale materia particolare, provvede il regolamento 18 giugno 1931, n. 787, art. 123).
In quarto luogo, l'applicabilità della legge ai soci di cooperative, questione risolta affermativamente, ma non in base alla presunzione normalmente stabilita dalla legislazione previdenziale, che considera sempre la cooperativa come datrice di lavoro nei riguardi dei soci da essa impiegati (per esempio nell'assicurazione invalidità e vecchiaia), bensì in base ad un altro ordine di presunzioni fondato su alcuni elementi particolari, atti a far ritenere l'esistenza di un rapporto di dipendenza, e cioè la retribuzione fissa o periodica e la prestazione del lavoro insieme agli operai.
Infine fissa il giorno (domenica) e la decorrenza (da una mezzanotte all'altra) del riposo, la cui durata permane di 24 ore ogni settimana, elevando a principio di carattere generale le norme particolari desunte dalla legge sinora vigente e dai relativi regolamenti (art. 3). A principio di carattere generale viene elevata altresì la tesi, seguita sinora dall'Amministrazione, della impossibilità di derogare in peius alla legge sul lavoro delle donne e dei fanciulli, di modo che, in caso di eccezione all'obbligo del riposo, alle donne di qualsiasi età e ai minori di anni 14 dev'essere tuttavia dato, ogni settimana, un compensativo ininterrotto di 24 ore, salvo casi previsti dagli articoli 6 (personale specializzato e insostituibile), 8 (lavori agricoli), 12 (personale degli alberghi) e 15 (personale addetto ai vagoni letto, commessi viaggiatori e personale equiparabile, personale addetto ai pubblici spettacoli).
3. - Regimi particolari di riposo. Tali regimi particolari riguardano le attività a regime continuo, stagionali o di pubblica utilità, la vendita al minuto ed attività affini, i lavori agricoli, le industrie all'aperto, gli opifici mossi direttamente dal vento o dall'acqua, gli alberghi, le aziende giornalistiche e di diffusione di notizie, il personale addetto ai vagoni letto, i commessi viaggiatori e personale equiparabile, il personale addetto ai pubblici spettacoli, i lavori occasionali e di vigilanza.
Vengono anche disciplinati i casi di forza maggiore e la possibilità di spostare il giorno di riposo.
Particolarmente innovatrice è la norma per cui nella vendita al minuto e nelle attività rivolte a soddisfare direttamente i bisogni del pubblico, il prefetto, sentiti il podestà e le organizzazioni sindacali, può sostituire al riposo settimanale per turno il riposo di un determinato giorno della settimana di tutto il personale, ovvero il riposo nel pomeriggio della domenica, più il riposo compensativo. Tale norma importa altresì una molteplicità di regime, opportunamente determinati, nelle forme di riposo applicabili ai negozi di generi alimentari e combustibili, ai laboratori di parrucchiere, agli istituti di previdenza e simili, aziende che in linea di principio saranno soggette all'obbligo del riposo domenicale, ovvero all'obbligo del riposo settimanale per turno nel caso che siano considerate come attività il cui funzionamento continuo risponda a ragioni di utilità pubblica.
In tal modo la nuova legge, come giustamente afferma la relazione ministeriale, non rappresenta soltanto un coordinamento ed un perfezionamento delle disposizioni di legge prima in vigore, ma apporta profonde innovazioni e modificazioni di carattere sostanziale, e ispirandosi al concetto di rendere sempre più ampia ed efficiente la tutela del lavoro, estende a nuove categorie la protezione della legge, attuando con precetti giuridici di alto valore etico e religioso uno dei postulati fondamentali sanciti dalla Carta del Lavoro nell'interesse della massa lavoratrice.
tratto da "Politica Sociale del Fascismo" (La Libreria dello Stato - Anno XIV E.F.)
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