Lo sapevano bene, Beppe Grillo e il movimento Cinque Stelle, che la lotta sarebbe stata dura. Ma più il tempo passa e più si avvicina la beffa: la proposta di legge popolare per il Parlamento Pulito (no ai condannati, stop dopo due mandati, ritorno alle preferenze) rischia di perire, insieme a questa legislatura, tra le scartoffie di Palazzo Madama. La proposta, infatti, è stata presentata al Senato durante il governo Prodi, ma il nostro ordinamento prevede che se entro due legislature non si arriva all’approvazione, decade. Per questo i grillini hanno scritto una lettera a Napolitano e stanno organizzando una mobilitazione per sabato 16 aprile, anche davanti a Montecitorio: “Föra da i ball i condannati della politica!!!” dicono.
Tutto era cominciato l’otto settembre 2007: il ciclone Beppe Grillo si era preso, con la sorpresa di molti, una piazza Maggiore stracolma. Era il primo V Day: mentre blogger, giornalisti, ed esperti, intervenivano dal palco bolognese, in tutta Italia centinaia di migliaia di cittadini erano in coda per mettere la loro firma sotto la richiesta di legge popolare per un “Parlamento Pulito” lanciata da Grillo. La legge consta di tre articoli intellegibili da chiunque: 1) Ineleggibilità in Parlamento dei condannati in via definitiva; 2) Limite dei due mandati per i parlamentari (attualmente, tra i vari recordman, si segnala Gianfranco Fini arrivato all’ottava legislatura e Massimo D’Alema giunto alla settima); 3) re-introduzione della preferenza per l’espressione di voto alle elezioni politiche. “Se questa legge venisse approvata quasi tutti i parlamentari dovrebbero fare le valigie e rifarsi una vita a loro spese e dire addio ai contributi della collettività” ha dichiarato più volte Beppe Grillo.
La legge di iniziativa popolare è prevista dal nostro ordinamento ed è definita, insieme al referendum, un “istituto di democrazia diretta”. Una volta depositata la proposta in Cassazione, la corte dà il via libera alla raccolta di firme. L’otto settembre 2007 sulla proposta Parlamento Pulito vennero si raccolgono 350mila firme: 7 volte le cinquantamila necessarie. Il 14 dicembre 2007, Beppe Grillo si presenta a Roma, alla guida di un risciò circondato da una trentina di “grillini”: al Senato incontra l’allora presidente Franco Marini e gli consegna le firme. “Marini mi ha ricevuto, è stato gentile”. Da quel momento però, il buio. Il governo Prodi cade, e la legge rimane al Senato. Presidente ne diventa Renato Schifani, fedelissimo di Berlusconi. Dopo oltre tre anni, tutto è ancora fermo e la proposta rischia di scadere: le Camere hanno la sovranità in termini di ordine del giorno e se la conferenza dei capigruppo non decide di mettere in discussione una proposta di legge, questa rimane a prendere polvere e, con la fine delle legislatura, muore.
Per evitare l’oblio della proposta, i grillini hanno scritto in questi giorni una lettera al Presidente della Repubblica. “Gentile Presidente, in qualità di firmatari e sostenitori della proposta di Legge di iniziativa popolare in oggetto, ci vediamo costretti a evidenziare con disappunto come fino ad oggi, 6 aprile 2011, non sia ancora terminata la discussione su tale testo”. Nulla si è fatto, ribadiscono: “Nessuna commissione o organismo responsabile ha avviato una reale discussione sulla stessa”. La scadenza è dietro l’angolo: “La legislatura attuale sta avviandosi verso la conclusione. Al suo termine, la Proposta depositata decadrebbe avendo essa valore per due legislature ed attraversando, appunto, il secondo periodo con quella attuale. Qualora tale Proposta decadesse per sopraggiunti termini, si renderebbe inefficace lo strumento di partecipazione popolare introdotto nella nostra Costituzione”. Si prepara insomma una beffa per tutti i cittadini che hanno supportato questa proposta, e un’umiliazione per lo strumento di “democrazia diretta” strozzato da una politica che vuole conservare i suoi privilegi e le sue rendite di posizione. Proprio per questo, sabato prossimo, i sostenitori di questa proposta scenderanno in piazza.
Federico Mello (Il Fatto Quotidiano - 8 aprile 2011)
Tutto era cominciato l’otto settembre 2007: il ciclone Beppe Grillo si era preso, con la sorpresa di molti, una piazza Maggiore stracolma. Era il primo V Day: mentre blogger, giornalisti, ed esperti, intervenivano dal palco bolognese, in tutta Italia centinaia di migliaia di cittadini erano in coda per mettere la loro firma sotto la richiesta di legge popolare per un “Parlamento Pulito” lanciata da Grillo. La legge consta di tre articoli intellegibili da chiunque: 1) Ineleggibilità in Parlamento dei condannati in via definitiva; 2) Limite dei due mandati per i parlamentari (attualmente, tra i vari recordman, si segnala Gianfranco Fini arrivato all’ottava legislatura e Massimo D’Alema giunto alla settima); 3) re-introduzione della preferenza per l’espressione di voto alle elezioni politiche. “Se questa legge venisse approvata quasi tutti i parlamentari dovrebbero fare le valigie e rifarsi una vita a loro spese e dire addio ai contributi della collettività” ha dichiarato più volte Beppe Grillo.
La legge di iniziativa popolare è prevista dal nostro ordinamento ed è definita, insieme al referendum, un “istituto di democrazia diretta”. Una volta depositata la proposta in Cassazione, la corte dà il via libera alla raccolta di firme. L’otto settembre 2007 sulla proposta Parlamento Pulito vennero si raccolgono 350mila firme: 7 volte le cinquantamila necessarie. Il 14 dicembre 2007, Beppe Grillo si presenta a Roma, alla guida di un risciò circondato da una trentina di “grillini”: al Senato incontra l’allora presidente Franco Marini e gli consegna le firme. “Marini mi ha ricevuto, è stato gentile”. Da quel momento però, il buio. Il governo Prodi cade, e la legge rimane al Senato. Presidente ne diventa Renato Schifani, fedelissimo di Berlusconi. Dopo oltre tre anni, tutto è ancora fermo e la proposta rischia di scadere: le Camere hanno la sovranità in termini di ordine del giorno e se la conferenza dei capigruppo non decide di mettere in discussione una proposta di legge, questa rimane a prendere polvere e, con la fine delle legislatura, muore.
Per evitare l’oblio della proposta, i grillini hanno scritto in questi giorni una lettera al Presidente della Repubblica. “Gentile Presidente, in qualità di firmatari e sostenitori della proposta di Legge di iniziativa popolare in oggetto, ci vediamo costretti a evidenziare con disappunto come fino ad oggi, 6 aprile 2011, non sia ancora terminata la discussione su tale testo”. Nulla si è fatto, ribadiscono: “Nessuna commissione o organismo responsabile ha avviato una reale discussione sulla stessa”. La scadenza è dietro l’angolo: “La legislatura attuale sta avviandosi verso la conclusione. Al suo termine, la Proposta depositata decadrebbe avendo essa valore per due legislature ed attraversando, appunto, il secondo periodo con quella attuale. Qualora tale Proposta decadesse per sopraggiunti termini, si renderebbe inefficace lo strumento di partecipazione popolare introdotto nella nostra Costituzione”. Si prepara insomma una beffa per tutti i cittadini che hanno supportato questa proposta, e un’umiliazione per lo strumento di “democrazia diretta” strozzato da una politica che vuole conservare i suoi privilegi e le sue rendite di posizione. Proprio per questo, sabato prossimo, i sostenitori di questa proposta scenderanno in piazza.
Federico Mello (Il Fatto Quotidiano - 8 aprile 2011)
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