domenica 16 ottobre 2011

Obama Geithner Draghi: quanti leader stanno con gli indignati

Obama riconosce che la protesta di Wall Street “dà voce a una frustrazione generale sui mali del nostro capitalismo finanziario”. Il suo ministro del Tesoro Geithner dice di “comprendere le preoccupazioni dei manifestanti: l’alta disoccupazione e i salari che non crescono”. Draghi al G20 di Parigi dice “se siamo arrabbiati noi, figurarsi i ventenni e trentenni che non vedono prospettive”. Con l’eccezione delle violenze di Roma, in tutto il resto del mondo i variegati movimenti degli indignati raccolgono consensi sorprendenti e insperati tra i leader. La solidarietà di Draghi e Geithner può anche sembrare difensiva: nell’agenda del G20 ci sono di fatto nuovi aiuti alle banche dell’eurozona, proprio mentre nel cuore di Manhattan lo slogan della protesta suona: “Le banche sono salve, noi no”. Ma l’apertura di Obama si spiega con i clamorosi risultati di un sondaggio Abc News-Washington Post: il movimento Occupy Wall Street incrocia una fase in cui il 60% dei repubblicani e il 68% degli indipendenti hanno un’opinione negativa del capitalismo finanziario. La protesta non raccoglie consensi soltanto a sinistra. E’ un movimento trasversale, spezza il bipolarismo bloccato della politica, e fa breccia nel ceto medio moderato con degli slogan anti-sistema. E’ il Tea Party alla rovescia. Nel 2010 fu quel movimento populista anti-tasse a occupare la piazza e i media, intercettando una paura presente anche nell’elettorato democratico: che l’escalation del deficit pubblico si traduca prima o poi in una mazzata fiscale, o nel crac delle pensioni. Ora Occupy Wall si è preso tutta la visibilità mediatica che un anno fa era riservata al Tea Party, rovesciando la narrativa sulla crisi: se l’America ha 25 milioni di disoccupati, se anche chi ha un lavoro vede il suo potere d’acquisto retrocesso di trent’anni, la colpa è “dell’1%”, le oligarchie di un capitalismo impazzito che va verso l’autodistruzione. Avverte il pericolo Mitt Romney, il favorito tra i candidati repubblicani alla nomination presidenziale, dopo aver condannato le proteste ora si affretta a dire che “la causa è l’impoverimento della middle class”. Per la prima dopo due anni di riflusso conservatore, va in scena un movimento che non dà la colpa del disagio sociale allo “statalismo”, ma ai banchieri cui la destra è legata a doppio filo. Romney è un ex finanziere, a capo della Bain il suo mestiere consisteva nell’acquisire aziende, smembrarle, licenziare, lucrare profitti sulla rivendita. Il gioco della destra consisteva nel tenere assieme – grazie all’invenzione del Tea Party – il ceto medio impoverito e le lobby dell’alta finanza, una coalizione anti-tasse e anti-politica. Occupy Wall Street combatte con armi simili: gli osservatori sottolineano che è “senza leader, senza organizzazione, senza programma”. Debolezze? In realtà anche il movimento per i diritti civili negli anni Sessanta cominciò con caratteristiche simili: sono quelle che consentono di pescare consensi in tutti i partiti, in tutte le aree “del 99%”. E per i leader della sinistra è la prima volta che appaiono nelle piazze i giovani e i disoccupati, le constituency rimaste senza voce fino a ieri.

Federico Rampini (La Repubblica - 15 ottobre 2011)


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