Silvio Berlusconi e il suo alleato di coalizione, Umberto Bossi, somigliano sempre di più a Butch Cassidy e Sundance Kid nell’ultima scena del film Western del 1969: feriti, condannati, apparentemente ignari di quanti sono schierati contro di loro.
Già colpito dalle migliaia di pagine di prove che descrivono in dettaglio la sua presunta familiarità con le prostitute, il Presidente del Consiglio italiano ha subito un colpo ancora più grave il 20 settembre, quando l’agenzia di rating Standard & Poor’s ha declassato l’Italia, esprimendo seri dubbi sulla capacità del governo di rispondere efficacemente alla crisi della zona euro.
Tali opinioni sono ampiamente condivise in Italia. La maggior parte degli italiani sembra aver capito che il loro Presidente del Consiglio è un handicap. Il suo indice di gradimento è sceso al di sotto del 25%. Ha perso i sindacati molto tempo fa, ora i datori di lavoro hanno perso la fiducia nella gestione dell’economia del suo governo di destra.
Dopo il declassamento da parte di Standard & Poor’s, Il Sole 24 Ore, quotidiano di economia di Confindustria, ha reagito dichiarando che per Berlusconi è tempo di andare via. L’Italia, secondo il quotidiano, è il Paese della zona euro con più probabilità di seguire la Grecia nel caos. Ha criticato, tra l’altro, “la fragilità della coalizione di governo, l’imbarazzante susseguirsi di scandali che interessano direttamente il Presidente del Consiglio, i suoi Ministri e collaboratori, e una persistente incapacità di prendere decisioni dolorose, ma necessarie.”
Ma i guai di Berlusconi non finiscono qui. È imputato in tre processi: uno con l’accusa di appropriazione indebita, evasione fiscale e falso in bilancio, uno in cui è accusato di aver pagato una prostituta minorenne e un altro per presunta corruzione. Egli nega tutte le accuse. Il terzo, in cui è accusato di aver corrotto il suo ex consulente legale, David Mills, sembra essere il più preoccupante. Il 19 settembre, i giudici che si occupano del caso hanno snellito la lista dei testimoni, il che rende più probabile che un verdetto sarà raggiunto prima che Berlusconi si salvi, come è accaduto spesso in passato grazie alla prescrizione.
Altrettanto dannose sono le due indagini in cui il Presidente del Consiglio non è la persona sotto accusa. Uno riguarda le dichiarazioni secondo le quali il Premier è stato ricattato da Giampaolo Tarantini, un uomo d’affari della città di Bari sospettato di aver procurato più di cento donne, tra cui numerose prostitute, per le feste a casa di Berlusconi.
L’altro, che si concentra sul presunto reato di sfruttamento della prostituzione commesso da Tarantini, ha portato il 15 settembre al rilascio di circa 5000 pagine di prove. Oltre a tanti dettagli scabrosi, i documenti riportano che il Presidente del Consiglio abbia agito in modo non solo indecoroso, ma anche illecito. Era già noto che tra i suoi ospiti ci fosse la fidanzata di un criminale – ma non si sapeva che il Premier avesse messo a disposizione del suo presunto procacciatore di prostitute un aereo ufficiale, che gli avesse procurato un visto per visitare la Cina, che avesse fornito un lavoro in RAI a una delle sue belle giovani ospiti, e che avesse organizzato per Tarantini degli incontri per discutere di consistenti contratti con dirigenti di Finmeccanica, industria di difesa in parte statale.
Nella maggior parte delle democrazie una qualsiasi di queste accuse sarebbe certamente sufficiente per cacciare il Presidente del Consiglio. Tuttavia, nonostante la posizione di Berlusconi sia diventata insostenibile, i modi e i tempi della sua fine restano poco chiari. Un recente editoriale del quotidiano Il Corriere della Sera suggeriva di seguire l’esempio del suo omologo spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, e andare alle elezioni anticipate alle quali lui non si presenterebbe, aprendo così la strada del dialogo tra governo e opposizione.
Se il Presidente del Consiglio rifiutasse di dimettersi, potrebbe essere allontanato dal Presidente Giorgio Napolitano (anche se il Capo dello Stato ha dichiarato che lo farà solo se il governo perde la fiducia del Parlamento). Oppure potrebbe essere abbandonato dagli alleati della Lega Nord (ma Bossi ha promesso di rimanergli fedele). O ancora, potrebbe cadere per una protesta nel suo partito, il Popolo della Libertà. Ma dato che molti dei suoi membri devono la propria posizione a Berlusconi, questo sarà difficile.
Questa settimana ci sono stati segni di un possible cambiamento nell’impasse politica. Nel giorno del declassamento del rating, il governo ha perso 5 voti parlamentari, in gran parte perchè alcuni deputati del PdL non sono riusciti a presentarsi. Il giorno stesso Napolitano ha incontrato importanti personaggi politici come se stesse sondando il terreno in previsione di una possibile crisi di governo.
Un nuovo governo non sarebbe una panacea. Come gli analisti di S&P’s hanno notato, la resistenza alle riforme economiche strutturali di cui l’Italia ha disperatamente bisogno è diffusa tra sindacati, ordini professionali, monopoli consolidati e nel settore pubblico. Abbandonare Berlusconi potrebbe essere un buon inizio. Ma non sarebbe niente di più.
Non staremo ad aspettare..
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