“La sinistra in cui sono cresciuto è la cosa più conservativa che c’è in questo paese”. Mentre la prima serata del Big Bang, venerdì, volge al termine Alessandro Baricco – lo scrittore che in qualche modo Matteo Renzi ha scelto tra gli ospiti d’onore – fotografa una di quelle verità difficili da negare. Un’altra la enuncia l’eretico Arturo Parisi (l’unico dirigente del Pd in “odore” di brontosauro ammesso a parlare) che si candida a padre nobile, ieri: “Piuttosto che sbagliare tutti insieme è meglio rischiare da soli di sbagliare per portare tutti gli altri ad avere ragione”. Eccole qui le categorie base del “renzismo”, enunciate nella loro versione più alta: la rottura con la politica del passato e l’egocentrismo legittimato a visione.
E ALLORA, Civati tenta di rubargli la scena, presentandosi non invitato? E lui lo chiama a parlare sul palco, relegandolo a episodio marginale. Bersani gli contrappone un’iniziativa a Napoli e lo ammonisce “i giovani devono essere a disposizione, senza scalciare e insultare”? E lui risponde: “Non sono un asino e non scalcio”. Di più, gli fa il verso: “Non siamo qui a schiacciare i punti neri delle coccinelle, come direbbe il nostro guru Bersani”. Matteo Renzi fa dell’arroganza e dello scontro un punto di forza. E la Leopolda anno secondo si guadagna i riflettori della politica italiana, con un fastidio misto a paura. Cinque minuti per uno, per un “Brainstorming” con la chiave “Se fossi il Presidente del Consiglio, io farei”, alla Leopolda si respira l’energia delle grandi occasioni, con una platea che non è identificabile né con quella delle assemblee della sinistra, né con le convention di destra. Lui Matteo Renzi instancabile “guida” dal palco. La giornata inizia con una protesta dei sindacati, quelli dell’Ataf, l’azienda di trasporti pubblici, in prima fila: “Matteo, come Cetto La Qualunque”, recitano i cartelli. Il Sindaco la concertazione non la ama e li liquida con poche parole: “Se la prendono con noi perché gli abbiamo chiesto di lavorare dieci minuti in più”. Arriva Sergio Chiamparino e fa sapere che “alle primarie, potrei aggiungermi anch’io”. Poi appare a sorpresa nel pubblico Pippo Civati, l’ex compagno d’avventura della prima Leopolda, non invitato, dopo un divorzio plateale. Crea un po’ di scompiglio, cerca l’incidente: Renzi non lo farà parlare? E invece no, il Sindaco lo chiama sul palco: “Questa è ancora casa mia”, dice Civati e sembra tanto tornare a Canossa, anche se per un attimo la scena è sua. L’evento intanto lievita. Non è chiaro dove si vada a parare e perché, delle rivelazioni promesse non c’è traccia, ma l’attenzione la tiene alta. Sul palco e in rete, dove si conduce un dibattito parallelo. C’è pure chi chiede l’abolizione di agosto, mese improduttivo oppure del denaro liquido, per favorire la tracciabilità. Renzi legge i Twitter di Franceschini (“Energie e idee che arricchiscono il Pd. Si può non condividerle, ma come si fa ad averne paura anzichè dire grazie?”).
UN GRUPPO sta lavorando a mettere in fila le 100 idee che saranno presentate oggi: abolizione del finanziamento dei partiti, no a più di tre mandati in Parlamento, ma anche riforma delle pensioni, per esempio. Anche se non è chiaro a nessuno quante delle 100 idee presentate da Renzi per Firenze nella sua campagna elettorale siano state realizzate, di certo il numero 100 gli ha portato fortuna. Quando arriva l’ora di pranzo Renzi fa un giro tra i tavoli e sembra di rivedere il Veltroni sindaco di Roma, che era bravissimo a costruire un pezzetto di consenso ogni giorno, mentre inaugurava asili e case di riposo. E a Firenze ci sono gli scrittori, c’è Pif, ci sono gli imprenditori (da Campo dall’Orto a Gori), c’è Costacurta. E c’è la colonna sonora di Jovanotti, qui nella canzone “Il più grande spettacolo”. Veltroni per la campagna elettorale del 2008 (che finì con l’Italia riconsegnata a Berlusconi) aveva scelto “Mi fido di te”.
E NON A CASO a Firenze ci sono pure Ermete Realacci e Salvatore Vassallo, in veste di veltroniano doc. Il Renzi che saluta per iscritto con “un sorriso” ricorda anche qualcun’altro: “Sono un berlusconiano deluso”, si affretta a stringergli la mano, Maurizio Liverani, imprenditore. Renzi non cerca approvazione e fiducia. Lui va all’attacco. E sono gli altri che rincorrono. Come Bersani che si è spinto fino a dire che modificherà lo Statuto del Pd per permettergli di correre alle primarie (e per cercare di disinnescarlo, magari battendolo). Renzi si permette di non sciogliere la riserva: “Noi candidiamo le idee”. E “Bersani ci risponda sui contenuti”. Lo attacca anche Nichi Vendola: “E ’ vecchio culturalmente e politicamente”. E lui: “Forse è giovane mandare a casa il governo Prodi come fecero i suoi amici?”. Attirato dalla vis riformatrice di Renzi a chiedergli aiuto per la sua battaglia contro la corruzione e la collusione del Pd siciliano arriva l’avvocato Giuseppe Arnone ma il suo pulmann che esibisce un manifesto 6 x 3 sulla questione morale prende una multa di 400 euro. Il Big Bang non guarda proprio in faccia a nessuno.
Wanda Marra (Il Fatto Quotidiano del 30 ottobre 2011)
E ALLORA, Civati tenta di rubargli la scena, presentandosi non invitato? E lui lo chiama a parlare sul palco, relegandolo a episodio marginale. Bersani gli contrappone un’iniziativa a Napoli e lo ammonisce “i giovani devono essere a disposizione, senza scalciare e insultare”? E lui risponde: “Non sono un asino e non scalcio”. Di più, gli fa il verso: “Non siamo qui a schiacciare i punti neri delle coccinelle, come direbbe il nostro guru Bersani”. Matteo Renzi fa dell’arroganza e dello scontro un punto di forza. E la Leopolda anno secondo si guadagna i riflettori della politica italiana, con un fastidio misto a paura. Cinque minuti per uno, per un “Brainstorming” con la chiave “Se fossi il Presidente del Consiglio, io farei”, alla Leopolda si respira l’energia delle grandi occasioni, con una platea che non è identificabile né con quella delle assemblee della sinistra, né con le convention di destra. Lui Matteo Renzi instancabile “guida” dal palco. La giornata inizia con una protesta dei sindacati, quelli dell’Ataf, l’azienda di trasporti pubblici, in prima fila: “Matteo, come Cetto La Qualunque”, recitano i cartelli. Il Sindaco la concertazione non la ama e li liquida con poche parole: “Se la prendono con noi perché gli abbiamo chiesto di lavorare dieci minuti in più”. Arriva Sergio Chiamparino e fa sapere che “alle primarie, potrei aggiungermi anch’io”. Poi appare a sorpresa nel pubblico Pippo Civati, l’ex compagno d’avventura della prima Leopolda, non invitato, dopo un divorzio plateale. Crea un po’ di scompiglio, cerca l’incidente: Renzi non lo farà parlare? E invece no, il Sindaco lo chiama sul palco: “Questa è ancora casa mia”, dice Civati e sembra tanto tornare a Canossa, anche se per un attimo la scena è sua. L’evento intanto lievita. Non è chiaro dove si vada a parare e perché, delle rivelazioni promesse non c’è traccia, ma l’attenzione la tiene alta. Sul palco e in rete, dove si conduce un dibattito parallelo. C’è pure chi chiede l’abolizione di agosto, mese improduttivo oppure del denaro liquido, per favorire la tracciabilità. Renzi legge i Twitter di Franceschini (“Energie e idee che arricchiscono il Pd. Si può non condividerle, ma come si fa ad averne paura anzichè dire grazie?”).
UN GRUPPO sta lavorando a mettere in fila le 100 idee che saranno presentate oggi: abolizione del finanziamento dei partiti, no a più di tre mandati in Parlamento, ma anche riforma delle pensioni, per esempio. Anche se non è chiaro a nessuno quante delle 100 idee presentate da Renzi per Firenze nella sua campagna elettorale siano state realizzate, di certo il numero 100 gli ha portato fortuna. Quando arriva l’ora di pranzo Renzi fa un giro tra i tavoli e sembra di rivedere il Veltroni sindaco di Roma, che era bravissimo a costruire un pezzetto di consenso ogni giorno, mentre inaugurava asili e case di riposo. E a Firenze ci sono gli scrittori, c’è Pif, ci sono gli imprenditori (da Campo dall’Orto a Gori), c’è Costacurta. E c’è la colonna sonora di Jovanotti, qui nella canzone “Il più grande spettacolo”. Veltroni per la campagna elettorale del 2008 (che finì con l’Italia riconsegnata a Berlusconi) aveva scelto “Mi fido di te”.
E NON A CASO a Firenze ci sono pure Ermete Realacci e Salvatore Vassallo, in veste di veltroniano doc. Il Renzi che saluta per iscritto con “un sorriso” ricorda anche qualcun’altro: “Sono un berlusconiano deluso”, si affretta a stringergli la mano, Maurizio Liverani, imprenditore. Renzi non cerca approvazione e fiducia. Lui va all’attacco. E sono gli altri che rincorrono. Come Bersani che si è spinto fino a dire che modificherà lo Statuto del Pd per permettergli di correre alle primarie (e per cercare di disinnescarlo, magari battendolo). Renzi si permette di non sciogliere la riserva: “Noi candidiamo le idee”. E “Bersani ci risponda sui contenuti”. Lo attacca anche Nichi Vendola: “E ’ vecchio culturalmente e politicamente”. E lui: “Forse è giovane mandare a casa il governo Prodi come fecero i suoi amici?”. Attirato dalla vis riformatrice di Renzi a chiedergli aiuto per la sua battaglia contro la corruzione e la collusione del Pd siciliano arriva l’avvocato Giuseppe Arnone ma il suo pulmann che esibisce un manifesto 6 x 3 sulla questione morale prende una multa di 400 euro. Il Big Bang non guarda proprio in faccia a nessuno.
Wanda Marra (Il Fatto Quotidiano del 30 ottobre 2011)
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