mercoledì 30 novembre 2011

Finirà così?

Finirà che il Pdl voterà i “sacrifici” del governo Monti, ma solo dopo aver proclamato ai quattro venti quanto segue: l’abbiamo fatto per senso di responsabilità verso il Paese, però sia ben chiaro che il governo Berlusconi non ha messo le mani nelle tasche degli italiani e proprio per questo l’hanno fatto fuori con un colpo di mano. Poi (con la supervisione del famoso venditore di patacche) la lunga campagna elettorale di Alfano & soci suonerà la grancassa contro la moneta unica: tutta colpa dell’euro, imposto da Prodi in combutta coi comunisti, se i prezzi di colpo raddoppiarono lasciandoci più poveri; meglio ritornare alla vecchia, cara lira. Dopodiché, senza più la zavorra mortale dell’ex Caimano e con i sondaggi di nuovo in salita, il Pdl cambierà di nuovo nome contando sulla proverbiale smemoratezza italica. Bel colpo.

Finirà che il Pd voterà tutto, anche le lacrime e sangue del governo Monti se necessario. Lo farà per autentico senso di responsabilità nazionale e perché glielo chiederà Napolitano. E così Bersani, che aveva in tasca il biglietto vincente della lotteria, dopo aver rinunciato alle elezioni col Pd favorito e dopo aver rinunciato a essere il candidato premier (e forse anche il premier), sarà costretto a far digerire al suo elettorato e alla Cgil la stretta sulle pensioni e sul mercato del lavoro. E così, forse, i sondaggi sorrideranno di meno, anche perché i Democratici dovranno guardarsi dagli attacchi di Vendola e Di Pietro, liberi di fare opposizione a piacimento.

Finirà che Casini, col Terzo polo, giocherà al gioco preferito nella Prima Repubblica: la politica dei due forni. Dialogherà a lungo con il Pd, ma se il Pdl dovesse mollare la Lega (o essere mollato), chi può escludere un ritorno ai tristi amori con una nuova maggioranza in Parlamento? Alfano a Palazzo Chigi e Casini al Quirinale: è solo un incubo?

Finirà che Monti farà certamente il possibile per salvarci dal default e restituire un futuro all’Italia. Ma non potrà fare certamente l’impossibile per impedire che, dietro il paravento dell’unità nazionale, le forze dell’inciucio si accordino su quelle nomine che perfino a B. non sarebbero state concesse. Per esempio, l’avvocato di Schifani all’Antitrust. E certi sottosegretari in conflitto di interessi fino al collo. O siamo troppo pessimisti?

Antonio Padellaro (Il Fatto Quotidiano, 29 novembre 2011)

lunedì 28 novembre 2011

La tracciabilità del moralismo

Fra le “impressionanti” misure che il governo dei banchieri si accinge a prendere viene ventilata quella di togliere di mezzo il biglietto da 500 euro o, il che fa lo stesso, di mettere una tassa, operata dalle banche per conto dello Stato, sul deposito o sul prelievo di monete di questo taglio. In un pacchetto di sigarette ci stanno 20 mila euro, in una ventiquattr’ore 6 milioni. Si vuole quindi far la lotta agli evasori, ai corruttori, ai riciclatori che si servono di questi tagli. Gli obiettivi sono nobilissimi, le vere ragioni di questo provvedimento un po’ meno.

Negli ultimi mesi molti piccoli risparmiatori, temendo un crollo delle banche, hanno prelevato tutto il possibile dai conti correnti, lasciandovi il minimo indispensabile, per metterlo al sicuro in casa propria. E altri li stanno seguendo. Naturalmente questi prelievi sono avvenuti con banconote da 500, per poterli nascondere agli occhi dei ladri. Adesso, con questa misura, il governo dei banchieri vuole impedire ai risparmiatori che temono un crac degli Istituti di credito di ritirarvi il loro denaro e imporre a quelli che lo hanno già fatto di rimettercelo. Devono rimanere ostaggio delle banche.

Nella stessa direzione va la misura, molto apprezzata dalla sinistra, che vuole rendere “tracciabile” ogni pagamento al di sopra dei 300 euro o addirittura, come pretendono alcuni khomeinisti, a cui ha dato voce Milena Gabanelli, qualsiasi pagamento in contanti. I pagamenti avverrebbero quindi, in gran parte con assegni, carte di credito, bancomat, bonifici, tutte operazioni sulle quali le banche hanno le loro commissioni. Se poi ogni pagamento in contanti, di qualsiasi entità, dovesse essere tassato le banconote sparirebbero dalla circolazione, perché nessuno, nemmeno il giornalaio o il fruttivendolo, le accetterebbe (la “fresca” rimarrebbe, forse, solo al tavolo del poker, l’unico luogo pulito di questo Paese marcio fino al midollo). Saremmo obbligati a tenere tutto il nostro denaro in banca. Ma le banche sono delle società private e lo Stato non può obbligarmi a tenervi il mio denaro. Io il mio denaro ho diritto di metterlo dove mi garba.

Lo Stato nasce, oltre che per amministrare giustizia, per battere moneta. Se non ha fiducia nella propria moneta non è più uno Stato. Se uno Stato non è capace di contrastare l’evasione, la corruzione, il riciclaggio senza far pagare un pesante pedaggio ai cittadini che non sono né evasori, né corruttori, né riciclatori di denaro sporco, non è più uno Stato. Rovesciamolo assieme alle sue classi dirigenti, politiche ed economiche, che ci hanno portato a questo punto e ricominciamo da capo. Infine non è possibile che lo Stato (che non per niente Nietzsche chiama “il più freddo di tutti i mostri”) si intrufoli attraverso la cosiddetta “tracciabilità” nella mia vita privata fino a conoscere, nel dettaglio, i miei acquisti, le mie predilezioni, i miei gusti, i miei vizi. Milena Gabanelli sostiene che “la gente comune non ha necessità di più di una cinquantina di euro alla settimana”. Ma dove vive, in un monastero? Una buona bottiglia di vino e un pacchetto di sigarette fan già 15 euro al giorno. Il moralismo della sinistra è insopportabile. E ora capisco perché tanti, senza per questo essere dei lestofanti, votavano Berlusconi. Perché Berlusconi difendendo la sua libertà criminaloide difendeva anche, per estensione, la libertà di tutti dallo strapotere dello Stato. Aridatece subito il Cainano.

Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano - 26 novembre 2011)

sabato 26 novembre 2011

QUATTRO COSE CHE IL CELLULARE POTREBBE FARE

QUATTRO COSE CHE IL CELLULARE POTREBBE FARE

Ci sono alcune cose che possono essere fatte in caso di gravi emergenze.

Il cellulare può effettivamente essere un salvavita o un utile strumento per la sopravvivenza.

Controlla le cose che puoi fare.


PRIMO – Emergenza

Il numero di emergenza per il cellulare è il 112 in tutto il mondo. Se ti trovi fuori dalla zona di copertura della rete mobile e c’è un'emergenza, componi il 112 e il cellulare cercherà qualsiasi rete esistente per stabilire il numero di emergenza per te; è interessante sapere che questo numero 112 può essere chiamato anche se la tastiera è bloccata. Provalo.


SECONDO - Hai chiuso le chiavi in ​​macchina?

La tua auto ha l’apertura/chiusura con telecomando? Questa funzionalità può risultare utile un giorno. Una buona ragione per avere un telefono cellulare: se chiudi le chiavi in ​​auto e quelle di ricambio sono a casa, chiama qualcuno a casa sul cellulare dal tuo cellulare. Tenendo il tuo cellulare a circa 30 cm. dalla portiera, dì alla persona a casa di premere il pulsante di sblocco, tenendolo vicino al suo cellulare. La tua auto si aprirà. Così si evita che qualcuno debba portarti le chiavi. La distanza è ininfluente. Potresti essere a centinaia di km. e se è possibile raggiungere qualcuno che ha l'altro telecomando per la tua auto, è possibile sbloccare le porte (o il baule).

N.d.r.: funziona benissimo! Lo abbiamo provato e abbiamo aperto l’auto con un cellulare!


TERZO – Riserva nascosta della batteria

Immagina che la batteria del telefono sia molto bassa. Per attivare, premere i tasti *3370#

Il cellulare ripartirà con questa riserva e il display visualizzerà un aumento del 50% in batteria. Questa riserva sarà ripristinata alla prossima ricarica del tuo cellulare.


QUARTO - Come disattivare un telefono cellulare RUBATO?

Per controllare il numero di serie (Imei) del tuo cellulare, digita i caratteri *#06#

Un codice di 15 cifre apparirà sullo schermo. Questo numero è solo del tuo portatile. Annotalo e conservarlo in un luogo sicuro. Quando il telefono venisse rubato, è possibile telefonare al provider della rete e dare questo codice. Saranno quindi in grado di bloccare il tuo telefono e quindi, anche se il ladro cambia la scheda SIM, il telefono sarà totalmente inutile. Probabilmente non recupererai il tuo telefono, ma almeno si sa che chi ha rubato non può né usarlo né venderlo. Se tutti lo faranno, non ci sarà motivo di rubare telefoni cellulari.


ATM - inversione numero PIN (buono a sapersi!)

Se dovessi mai essere costretto da un rapinatore a ritirare soldi da un bancomat, è possibile avvisare la polizia inserendo il PIN# in senso inverso. Per esempio, se il tuo numero di pin è 1234, dovresti digitare 4321. Il sistema ATM riconosce che il codice PIN è stato invertito rispetto alla carta bancomat inserita nella postazione ATM. La macchina ti darà il denaro richiesto, ma la polizia – all’insaputa del ladro – sarà mandata immediatamente alla postazione ATM.

Questa informazione è stata recentemente trasmessa su CTV da Crime Stoppers, tuttavia è raramente usata perché la gente semplicemente non la conosce.

Si prega di divulgare a tutti questo avvertimento.


Questo è il tipo di informazioni che la gente non pensa di ricevere, perciò trasmettila ai tuoi familiari e amici.


lunedì 21 novembre 2011

Ehi, sveglia!

A tutti gli anestetizzati che non hanno capito il bersaglio del pezzo satirico “Diventa tecnico anche tu” (il conformismo dei tromboni della grande stampa verso il nuovo governo, non il nuovo governo, né tantomeno Monti), che mi invitano a scrivere pezzi “seri” (mai scritto pezzo più serio di quello), che vorrebbero che noi sospendessimo sine die lo spirito critico perché la casa brucia e dunque non bisogna disturbare il manovratore (non lo faremo mai), segnalo che la mia posizione sul nuovo governo l’avevo illustrata sul Fatto Quotidiano il giorno prima, in un articolo intitolato “Melinda e Melinda“. Eccolo, buona lettura.

Melinda e Melinda - Nel film “Melinda e Melinda” di Woody Allen, due autori teatrali discutono del senso della vita. Uno sostiene che è comica, l’altro che è tragica. E, per dimostrare ciascuno la propria tesi, s’inventano due storie parallele con la stessa protagonista: Melinda. Nella versione tragica, Melinda scopre che l’uomo che ama la tradisce con la sua migliore amica, e tenta il suicidio. In quella comica, Melinda s’innamora e si fidanza con un pianista. Ecco, anche il governo Monti può avere un pessimo finale o un lieto fine. Dipenderà da quello che riuscirà a fare, da quello che gli lasceranno fare, ma soprattutto da quello che sembrerà aver fatto.

Checché se ne dica, in questo Parlamento Monti ha più nemici che amici. Anche nei partiti che ora gli sorridono e lo incensano. Perchè il Parlamento è lo stesso che fino a due settimane fa votava la fiducia al governo B. E addirittura approvava a gran maggioranza (614 deputati e 151 senatori) il via libera al conflitto di attribuzioni contro il Tribunale di Milano che pretende di processare B. per il caso Ruby, con la credibilissima motivazione che B. telefonò in questura perché credeva Ruby la nipote di Mubarak. È a questa maggioranza che Monti e i suoi ministri dovranno chiedere il voto per le loro misure “lacrime e sangue”. E, a ogni giorno che passa di qui alle elezioni, siano esse anticipate nel 2012 o regolari nel 2013, quel voto si farà più difficile e improbabile.

Del resto non si vede perchè B. (senza il quale il governo Monti non sarebbe mai nato) dovrebbe mettere la faccia e il voto su riforme che, giuste o sbagliate che siano, non ha mai varato in 17 anni di carriera politica, per giunta in piena campagna elettorale. Basta leggere i suoi house organ e le sue tv, che non vanno neppure a far pipì senza il suo avallo, per capire che lui finge di sostenere il governo Monti (per salvare le sue aziende precipitate in Borsa e per non apparire lo sfasciacarrozze che è sempre stato), ma in realtà è già stabilmente e ferocemente all’opposizione. Attende solo l’occasione del primo provvedimento impopolare per scatenare la piazza, anche per non regalare milioni di scontenti alla Lega.

Dall’altra c’è un Pd sempre più diviso, che oggi magnifica il governo di larga Intesa, ma domani dovrà fare i conti con la Cgil, la Fiom e i milioni di lavoratori da esse rappresentati, davvero poco inclini a pagare il conto di una crisi che non hanno provocato, ma solo subìto. Di Pietro, con la sua fiducia condizionata, e Vendola, che ha la fortuna di star fuori dal Parlamento, sono pronti ad approfittarne. E poi c’è l’aspetto mediatico, fondamentale in un Paese in cui i media sono quelli che sono. Se la grande stampa, per ora, scioglie inni e ditirambi al governissimo che fa benissimo, le tv sono sotto il controllo pieno e incondizionato di B. Che, grazie alle sue tv, ai suoi Vespa, Minzolingua e Ferrara, farà di tutto per ascriversi gli eventuali meriti del governo tecnico e per scaricare le misure impopolari sulle solite sinistre affamatrici e vampiresche. Per questo B. è maestro nel fare lo gnorri, nell’atteggiarsi a vittima e nel rigirare frittate: riesce a fingersi all’opposizione anche quando governa (la guerra in Libia l’ha approvata la sua maggioranza, ma agli occhi della gente è parsa una robaccia della sinistra cattiva e dell’Europa cattivissima).

Almeno in questo, Monti e i suoi grigi ministri dovranno imparare da B.: tagliare subito, drasticamente, i costi, i privilegi e le illegalità delle caste e delle cricche, mettendo all’ordine del giorno subito una draconiana legge sul conflitto d’interessi (Passera permettendo); e solo dopo imporre sacrifici ai cittadini comuni e spiegarli col disastro ereditato dal governo B. (altro che non andare in tv, come qualche sciocchino ha auspicato). In caso contrario, nel giro di pochi mesi, il governo tecnico ci restituirà B. e Bossi come nuovi. Un finale che non sappiamo dire se sia più tragico o più comico.

Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano, 18 novembre 2011)


Gelmini, scampoli di fine stagione

Attivati in tutta fretta 650 milioni di fondi. Vanno a Istituti di ricerca, ma anche a fondazioni in Calabria o Sicilia passati a fedelissimi alleati del Pdl. E poi il colpo finale al Cnr: la nomina a consigliere all'ultimo minuto del discusso rettore di una università napoletana

Ecco i lasciti di Mariastella Gelmini, che quando era in pieno governo premiava con l'eccellenza gli istituti dietro casa (in provincia di Brescia, sì) e nelle ultime ore da ministro dell'Istruzione uscente ha prodotto una sventaglia di finanziamenti pubblici agli amici. Amici di centrodestra, ma non solo.

L'11 novembre scorso il direttore generale dell'Istruzione ha licenziato sotto dettatura politica un decreto ministeriale che sbloccava un finanziamento da 650 milioni - i mitici Pon, i programmi operativi nazionali - per la ricerca al Sud: in Campania, in Puglia, in Calabria e in Sicilia. Con questo budget pubblico (250 milioni è denaro di Stato, il resto arriva dall'Unione europea) oggi si possono finanziare 47 centri di ricerca pubblici, privati e confessionali (molti). Nell'elenco dei premiati ci sono atenei importanti e bisognosi, centri di ricerca avanzati e una pletora di "Congregazioni dei Figli dell'Immacolata", "Università degli studi Suor Orsola Benincasa". Infine, nell'elenco dei beneficiati ci sono tre amici della politica: hanno ricevuto finanziamenti che sembrano elargizioni, ottenuto consistenti assegni dopo aver servito la causa del centrodestra in sede locale.

Ecco, 14 milioni e 650 mila euro la Gelmini li ha consegnati alla Fondazione Mediterranea Terina, "costola operativa della Regione Calabria". E' un'autodefinizione. Sui suoi 40 ettari di terreno all'aperto la Fondazione controlla da vicino il progetto per la salvaguardia del miele calabro e della cipolla rossa di Tropea. Sulle mille poltroncine in velluto rosso, invece, allarga il più grande centro convegni della Calabria, pronto ad ospitare serrati dibattiti agroalimentari. Dopo una battaglia infuocata, il governatore Giuseppe Scopelliti, desideroso di estirpare gli uomini di Agazio Loiero nei subgoverni della Regione Calabria, era riuscito a piazzare alla presidenza della Fondazione Mediterranea Terina l'alleato Giancarlo Nicotera, avvocato di 41 anni, segretario di Lamezia Terme dell'Udc, soprattutto fautore di un accordo locale con il Pdl (che non è però riuscito a produrre l'ultimo sindaco della città). L'alleanza Pdl-Udc in Regione e quindi a Lamezia oggi produce i suoi frutti. Dal ministero è partito, sotto il controllo di Scopelliti e la regia del presidente del Consiglio regionale Franco Talarico, il bonifico da oltre 14 milioni per l'ente di ricerca che di suo produce utili al minimo ma possiede il dono di essere passato in mano al centrodestra.

Dodici milioni e quattro dalla Gelmini se li è presi, poi, il neonato Polo di innovazione Cyber Brain di Catania. E' sostenuto da due istituzioni interessanti. Una è l'Istituto Euro-Mediterraneo di Scienza e Tecnologia, Iemest per gli addetti. Fondato nel 2009 a Palermo per "condividere e divulgare la conoscenza tecnologica", oggi lo presiede l'ex graduato della finanza Bartolo Sammartino. Ha 43 anni, Sammartino, e ha assommato la carica di consigliere del Pdl alla Regione Sicilia (all'assemblea siciliana li chiamano deputati) nonché quella di vicesindaco di Palermo (dal 2001 al 2003). La sua militanza nell'agguerrita destra post-fascista Sammartino ama ricordarla istruendo corsi di studio intestati al maestro Vincenzo Fragalà attraverso la sua Accademia nazionale politica. Già ordinovista iscritto al Fuan, vicino a Pino Romualdi, l'avvocato Fragalà è stato ucciso a bastonate nel febbraio 2010 all'uscita del suo studio professionale. Per Sammartino, a cui non sono bastate la conoscenza fluente di tre lingue tra cui l'arabo e diverse docenze per essere nominato all'Antitrust, ora arrivano i dodici milioni abbondanti. I primi due anni di attività dell'istituto di ricerca li aveva sostenuti per intero la sua Accademia nazionale politica: può liberarsi di un peso, ai soldi adesso ci pensa la Gelmini.

L'altro bastione societario del Polo di innovazione Cyber Brain, quello che appunto si è beccato i dodici milioni di fine governo, è la Fondazione Neuromed di Isernia. La guida l'ex prefetto di Campobasso (e di Cosenza e di Modena) Marcello Palmieri, già commissario di governo per la Regione Molise, amico di Di Pietro ma anche dell'ala tardo dc del Partito democratico. Non si conoscono, fin qui, le competenze scientifiche del prefetto in pensione, pronto a fondersi con i post-fascisti del Pdl per garantirsi i finanziamenti pubblici.

Infine, al prestigioso Cnr, la ricerca nazionale del paese, Mariastella Gelmini è riuscita a piazzare in zona Cesarini un altro consigliere amico. Gennaro Ferrara, capogruppo Udc al Comune di Napoli, rettore dell'Università Parthenope. In quell'ateneo il rettore Ferrara era riuscito a sottoscrivere con la Uil un accordo per regalare sconti fino a 60 crediti agli iscritti del sindacato.

Corrado Zunino (La Repubblica - 21 novembre 2011)


Fiat disdice gli accordi sindacali a partire dal primo gennaio 2012

Fiat Group Automobiles ha disdetto, dal primo gennaio 2012, tutti gli accordi sindacali vigenti e "ogni altro impegno derivante da prassi collettive in atto" in tutti gli stabilimenti automobilistici italiani. Lo si apprende da fonti sindacali.

La decisione rappresenta un passo necessario per introdurre in tutti gli stabilimenti il nuovo contratto sul modello di quelli siglati a Pomigliano 1 e Mirafiori. In una lettera inviata oggi ai sindacati, il Lingotto comunica ''a far data dal primo gennaio del 2012 il recesso da tutti i contratti applicati dal gruppo Fiat e da tutti gli altri contratti collettivi aziendali e territoriali vigenti''. L'obiettivo precisa l'azienda è quello di assicurare trattamenti individuali complessivamente analoghi o migliorativi rispetto alle precedenti normative. La disdetta, secondo l'azienda, è una conseguenza dell'entrata in vigore dell'accordo di primo livello che sarà operativo dal 1 gennaio 2012. Accordo che, a questo punto, verrà esteso a tutti gli stabilimenti.

Maurizio Landini, segretario della Fiom- Cgil, intervenendo ad un'assemblea regionale dei delegati dell'organizzazione a Torino, prima della comunicazione della Fiat, aveva annunciato che la Fiom è pronta a "mettere in campo qualsiasi azione 3" per contrastare l'estensione ai 184 stabilimenti del gruppo Fiat in Italia dell'accordo di Pomigliano siglato il 29 dicembre dello scorso anno 4. "Finché c'è lo Statuto dei Lavoratori la Fiat non può decidere quali sindacati stanno in fabbrica e quali no. Noi andremo avanti con le azioni legali e le denunce, ma dovremo anche mettere in campo un'azione sindacale non solo dentro la Fiat, ma per tutta la categoria", ha detto. "Andremo avanti comunque per difendere gli interessi dei lavoratori", ha aggiunto il responsabile del sindacato metalmeccanici della Cgil.

''Chiederemo subito un incontro all'azienda per verificare gli effetti del recesso e con l'obiettivo di continuare ad assicurare ai lavoratori gli stessi trattamenti economici, anzi possibilmente migliorandoli, senza mettere in discussione i diritti'', ha detto Rocco Palombella,segretario generale della Uilm. ''Noi abbiamo criticato l'uscita da Federmeccanica - osserva - e questa è una reazione della Fiat. È un fatto grave e ci preoccupa alla luce di una situazione economica molto delicata con l'aumento della cassa integrazione, non aiuta le parti a ritrovare un clima positivo''. Quanto all'intenzione della Fiom di andare avanti sulla strada delle azioni legali, Palombella afferma: ''Decisione legittima, ma noi vogliamo contrattare e tutelare con accordi i diritti dei lavoratori. Andremo avanti sulla strada negoziale''.

''La decisione della Fiat evidenzia la necessità di rompere i residui indugi e realizzare al più presto e comunque prima del 31 dicembre il contratto nazionale per i lavoratori dell'auto''. Così il segretario generale della Fismic, Roberto Di Maulo ha commentato la disdetta degli accordi sindacali. ''Il rischio - aggiunge - è che in assenza di questo, la più grande azienda italiana proceda ad un regolamento unilaterale che sarebbe la vera fine delle relazioni sindacali nel Paese'', conclude.

Un "indegno colpo di mano" messo in atto dall'azienda è, per il segretario nazionale del Pdci-Federazione della sinistra, Oliviero Diliberto: "Fiat disdice gli accordi sindacali a partire dal 1 gennaio 2012? Sarebbe un indegno colpo di mano. Un paese civile non lo può permettere - ha detto - . La situazione rischia di toccare livelli mai raggiunti prima d'ora. Questi atti confermano che il modello Marchionne punta a creare terra bruciata attorno ai diritti dei lavoratori, che con questa decisione andranno a farsi benedire per sempre. Chiediamo al governo di farsi sentire, pena - conclude l'ex ministro - un ulteriore e grave scivolamento verso la barbarie: va bloccato questo ritorno al Medioevo".

La data del primo gennaio 2012 corrisponde anche a quella dell'uscita ufficiale del gruppo Fiat dalla Confindustria.

Le reazioni del mondo politico. ''Con la disdetta di tutti gli accordi sindacali la Fiat chiude il cerchio, annunciando di fatto l'abbandono del nostro Paese, individuando nei lavoratori il capro espiatorio. Sui dipendenti è stata scaricata l'incapacità di fabbricare automobili innovative, ad alto valore aggiunto e di venderle sul mercato''. È quanto si legge in una nota congiunta il presidente dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, e il responsabile lavoro e welfare del partito, Maurizio Zipponi.

Fiom indice sciopero in Sevel. "La disdetta degli accordi sindacali da parte della Fiat è la conferma della volontà dell'azienda di procedere alla 'pomiglianizzazione' gli stabilimenti auto, compreso quello della Sevel", ha annunciato il segretario provinciale della Fiom Chieti, Marco Di Rocco, che ha convocato lo sciopero di 8 ore nel turno di straordinario di sabato 26 novembre contro la "decisione della Fiat di disdire gli accordi sindacali a partire dal primo gennaio 2012". "Purtroppo si sta verificando quello che denunciavamo da tempo, all'uscita da Confindustria corrisponde la 'pomiglianizzazione' di tutti gli stabilimenti Fiat d'Italia - sottolinea Di Rocco - i primi di dicembre l'azienda convocherà una riunione a Roma per chiedere ai sindacati di sottoscrivere accordi come quello in vigore nello stabilimento di Pomigliano. Abbiamo avvisato gli operai e alla Sevel è già stato indetto lo sciopero di 8 ore per sabato 26 novembre. Faremo le nostre proposte a Fiat, ma quello che chiediamo con forza è che l'uscita dal contratto nazionale non peggiori le condizioni di vita degli operai".

La Repubblica (21 novembre 2011)