Passano gli anni, le crisi si sommano alle crisi, ma lei è sempre lì: l’eterna legge mancia, spuntata ieri persino nel disegno di legge Stabilità con cui Silvio Berlusconi saluta Palazzo Chigi, 150 milioni che i parlamentari potranno spendere sul territorio come gli detta l’uzzolo del momento.
Spiegare davvero cos’è, al di là dell’espressione giornalistica, è più complesso: è spesa pubblica improduttiva, soprattutto, e contemporaneamente la plastica rappresentazione della subalternità del Parlamento all’esecutivo. Nella Prima Repubblica, per dire, la legge mancia non c’era: deputati e lobbisti s’arrangiavano da sé, senza chiedere il permesso a nessun ministro, spendendo e spandendo dopo un paio di mesi di estenuanti trattative, blandizie e ricatti, spesso notturni, nei corridoi fumosi del Parlamento. Conoscevano l’arte, loro, di strizzare la Finanziaria fino a farne zampillare fuori soldi per una miriade di favori di collegio, privati o di cricca. Il nuovo millennio, come si sa, è un tempo più ingrato e triste e pure piazzare l’emendamento giusto al momento giusto dentro la legge di bilancio è diventato troppo difficile. Per evitare malumori, però, Giulio Tremonti – eterno pure lui – nel 2003 fece un patto coi suoi affamati parlamentari: voi votate la manovra com’è e io vi lascio qualche centinaio di milioni per farvi gli affari vostri o, volendo, dei vostri elettori. La legge mancia, appunto. Anche il governo di Romano Prodi se ne concesse una al debutto, anche se poi la abolì con la Finanziaria 2008. Ma la legge mancia è rimasta morta solo per un annetto: nel 2009 Silvio Berlusconi e il “rigorista” Tremonti già l’avevano fatta risorgere. Ci si fa di tutto: ponti, strade, chiese, teatri, finanziamenti per società sportive, progetti culturali e scuole. Ne sa qualcosa la signora Manuela Marrone in Bossi, che s’è vista arrivare 800 mila euro per la sua “Bosina”, una scuola privata.
LA LEGGE MANCIA è l’unica funzione davvero imprescindibile di un Parlamento svuotato dalla sua funzione di legislatore dai mille decreti con mille fiducie del governo. Quest’anno, per dire, ce n’era già stata una piccola piccola a marzo, quando era stata distribuita la miseria di due milioni e seicentomila euro (parrocchie, conventi, monasteri e associazioni cattoliche l’avevano fatta da padroni). Adesso però – tra spread, crescita zero, commissariamento internazionale, rischio default – si pensava che non ci sarebbe stato spazio per lasciare pure gli spiccioli ai parlamentari. Grosso errore: ieri alle 18 in punto il relatore del ddl Stabilità in Senato, Massimo Garavaglia, leghista, ha depositato in commissione il suo bell’emendamento. Questo il contenuto: si rifinanzia per 100 milioni nel 2012 e 50 nel 2013 il fondo per “interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territorio e alla promozione di attività sportive e culturali e sociali” istituito con la Finanziaria 2010, cioè la legge mancia di un anno fa. Non si sa ancora, però, per quali decine di interventi verranno utilizzati questi soldi: ci penserà un decreto del Tesoro che recepirà la lista della spesa votata dalle commissioni Bilancio (storicamente si tratta di un voto bipartisan). Dura la notazione della senatrice ligure del Pd Roberta Pinotti, che peraltro in molti indicano come prossima candidata a sindaco di Genova: “Finora nel ddl stabilità non c’è un euro per i danni dell’alluvione a Genova e in Liguria: a fronte di questa grave inadempienza appare ancora più incredibile lo scandaloso rifinanziamento della legge mancia”.
È sicuramente vero, però bisogna pure ricordarsi che nel 2012 o nel 2013 si vota e non ci si presenta a casa degli amici a chiedere un favore senza portare almeno un regalino: tre milioni, per dire, nel ddl stabilità li ha rimediati pure Radio Radicale, le basteranno per finanziarsi fino a marzo, in attesa del nuovo governo.
Marco Palombi (Il Fatto Quotidiano dell’11 novembre 2011)
Spiegare davvero cos’è, al di là dell’espressione giornalistica, è più complesso: è spesa pubblica improduttiva, soprattutto, e contemporaneamente la plastica rappresentazione della subalternità del Parlamento all’esecutivo. Nella Prima Repubblica, per dire, la legge mancia non c’era: deputati e lobbisti s’arrangiavano da sé, senza chiedere il permesso a nessun ministro, spendendo e spandendo dopo un paio di mesi di estenuanti trattative, blandizie e ricatti, spesso notturni, nei corridoi fumosi del Parlamento. Conoscevano l’arte, loro, di strizzare la Finanziaria fino a farne zampillare fuori soldi per una miriade di favori di collegio, privati o di cricca. Il nuovo millennio, come si sa, è un tempo più ingrato e triste e pure piazzare l’emendamento giusto al momento giusto dentro la legge di bilancio è diventato troppo difficile. Per evitare malumori, però, Giulio Tremonti – eterno pure lui – nel 2003 fece un patto coi suoi affamati parlamentari: voi votate la manovra com’è e io vi lascio qualche centinaio di milioni per farvi gli affari vostri o, volendo, dei vostri elettori. La legge mancia, appunto. Anche il governo di Romano Prodi se ne concesse una al debutto, anche se poi la abolì con la Finanziaria 2008. Ma la legge mancia è rimasta morta solo per un annetto: nel 2009 Silvio Berlusconi e il “rigorista” Tremonti già l’avevano fatta risorgere. Ci si fa di tutto: ponti, strade, chiese, teatri, finanziamenti per società sportive, progetti culturali e scuole. Ne sa qualcosa la signora Manuela Marrone in Bossi, che s’è vista arrivare 800 mila euro per la sua “Bosina”, una scuola privata.
LA LEGGE MANCIA è l’unica funzione davvero imprescindibile di un Parlamento svuotato dalla sua funzione di legislatore dai mille decreti con mille fiducie del governo. Quest’anno, per dire, ce n’era già stata una piccola piccola a marzo, quando era stata distribuita la miseria di due milioni e seicentomila euro (parrocchie, conventi, monasteri e associazioni cattoliche l’avevano fatta da padroni). Adesso però – tra spread, crescita zero, commissariamento internazionale, rischio default – si pensava che non ci sarebbe stato spazio per lasciare pure gli spiccioli ai parlamentari. Grosso errore: ieri alle 18 in punto il relatore del ddl Stabilità in Senato, Massimo Garavaglia, leghista, ha depositato in commissione il suo bell’emendamento. Questo il contenuto: si rifinanzia per 100 milioni nel 2012 e 50 nel 2013 il fondo per “interventi urgenti finalizzati al riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territorio e alla promozione di attività sportive e culturali e sociali” istituito con la Finanziaria 2010, cioè la legge mancia di un anno fa. Non si sa ancora, però, per quali decine di interventi verranno utilizzati questi soldi: ci penserà un decreto del Tesoro che recepirà la lista della spesa votata dalle commissioni Bilancio (storicamente si tratta di un voto bipartisan). Dura la notazione della senatrice ligure del Pd Roberta Pinotti, che peraltro in molti indicano come prossima candidata a sindaco di Genova: “Finora nel ddl stabilità non c’è un euro per i danni dell’alluvione a Genova e in Liguria: a fronte di questa grave inadempienza appare ancora più incredibile lo scandaloso rifinanziamento della legge mancia”.
È sicuramente vero, però bisogna pure ricordarsi che nel 2012 o nel 2013 si vota e non ci si presenta a casa degli amici a chiedere un favore senza portare almeno un regalino: tre milioni, per dire, nel ddl stabilità li ha rimediati pure Radio Radicale, le basteranno per finanziarsi fino a marzo, in attesa del nuovo governo.
Marco Palombi (Il Fatto Quotidiano dell’11 novembre 2011)
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