mercoledì 8 febbraio 2012

Non c’è il due senza il tre, tocca a Bersani.

Un testimone racconta che nel 1997, in piena Bicamerale, il presidente della medesima Massimo D’Alema incontrò a Venezia l’allora sindaco Massimo Cacciari. Al governo c’era Prodi e B. era reduce dalle rovinose elezioni del ‘ 96, politicamente defunto, tant’è che i suoi alleati cercavano un modo carino per dirgli che era finita e gli cercavano sottobanco un successore (Di Pietro o Fazio o Monti).

Cacciari domandò: “Scusa, Max, ma sei sicuro di questo accordo con Berlusconi? Non è che poi quello, come sempre, alla fine te lo mette in quel posto?”. Il conte Max lo guardò dall’alto in basso pur essendo meno alto, sorrise a lungo in silenzio, congiunse il pollice e l’indice della mano destra rivolti verso il basso e li fece ciondolare con lieve moto ondulatorio. Poi sibilò: “Tranquillo, Massimo, lo tengo per le palle”.

Naturalmente finì che B., promosso al rango di padre ricostituente, dopo aver portato a spasso la Volpe del Tavoliere (e con lui tutto il centrosinistra) per quasi tre anni, fece saltare il tavolo della Bicamerale. E, da morto che era, rinacque a nuova vita più fresco che pria: nel 2001 era di nuovo a Palazzo Chigi.

La scena si ripeté dieci anni dopo, nell’autunno 2007, con Veltroni al posto di Max. Anche allora governava Prodi e B. era dato per defunto, tant’è che cercava disperatamente di comprare senatori dell’Unione. Ma Uòlter, neosegretario del Pd, incurante delle sfighe precedenti, aprì un bel “tavolo” per “le riforme insieme”. Legge elettorale, Costituzione e tutto il resto. Il cadaverino risorse un’altra volta: sei mesi dopo, complice Mastella, era di nuovo premier; intanto Uòlter, che in tutta la campagna elettorale non l’aveva neppure nominato (“il principale esponente dello schieramento avverso”), perse tutte le elezioni nazionali e locali e dovette dimettersi.

Ora, non c’è il due senza il tre, tocca a Bersani. Tre mesi fa aveva le elezioni in tasca, persino se si candidava lui. Poi sostenne il governo Monti con B., ma giurò che non era una maggioranza politica. In realtà lo era, ma si riuniva nelle catacombe. Ora è uscita allo scoperto, ha fatto outing: incontri alla luce del sole, comunicati congiunti. Mancano solo le pubblicazioni, ma i rapporti prematrimoniali sono tutt’altro che vietati. L’inciucio parte dalla legge elettorale, poi si vedrà. Ci sono tante pratiche da archiviare tipo i magistrati, che danno noia a destra e a sinistra. Tanto, dicono gli strateghi del Pd, B. è morto.

Lui manda avanti Al Fano (ma è solo un trompe l’oeil, neppure fra i più riusciti). E, siccome è Carnevale, estrae dalla naftalina il travestimento da statista, col fazzoletto da piccolo partigiano al collo, inaugurato tre anni fa a Onna con un certo successo. Punta al Quirinale e pur di arrivarci è pronto a tutto, anche a proseguire l’inciucio nella prossima legislatura con un bel governissimo Pdl-Pd-Terzo polo, magari guidato da Passera (sennò la gente si disabitua al conflitto d’interessi).

Il paraninfo di Pier Luigi e Silvio promessi sposi è Violante, che già vegliava sulla Bicamerale da presidente della Camera. Nel 1994 tuonava: “Il nucleo di interessi che si aggruma intorno a Forza Italia è in profonda continuità col sistema di potere che ha causato tanti lutti e danni all’Italia… Forza Italia è un manipolo di piduisti e del peggio del vecchio regime. Berlusconi, con la chiamata alle armi contro il comunismo, ripete la parola d’ordine del fascismo e del nazismo quando morivano nei lager comunisti, socialisti ed ebrei. E con questa parola d’ordine la mafia uccideva i sindacalisti. È una chiamata alla mafia quella di Berlusconi”.

Nel 2002 Violante diceva che “le proposte di Berlusconi rispondono alle richieste dei grandi mafiosi”. Nel 2004 parlava di “interessi penali e criminali” del centrodestra. E nel 2006 denunciò “un giro di mafia intorno a Berlusconi”. Oggi si batte come un leone per maritare Bersani con quel bel soggetto, rinviato a giudizio proprio ieri perché passò al suo Giornale la bobina rubata della telefonata segreta tra Fassino e Consorte. Che gli fai a uno così? Te lo sposi.

Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano - 8 febbraio 2012)

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