domenica 8 aprile 2012

IL DIRITTO ALLA STORIA

E' una Sentenza storica, destinata a far discutere ed a scatenare un'autentica rivoluzione nel mondo dell'informazione online quella segnalata da Giovanni Negri e Luca Tremolada su le pagine de Il Sole 24 ore.

I Giudici della Corte Suprema hanno, infatti, stabilito che l'editore online - o, comunque, il titolare del sito internet a contenuto informativo - è tenuto ad aggiornare - o almeno contestualizzare - tutte le notizie pubblicate che riguardino un determinato soggetto. Solo così, infatti, secondo i Magistrati la notizia risulterebbe "non violativa sia del diritto all'identità personale o morale del titolare, nella sua proiezione sociale del dato oggettivo di informazione e di trattamento, sia dello stesso diritto del cittadino utente a ricevere una completa e corretta informazione".

La vicenda all'origine della decisione vale a mettere a fuoco la tesi dei Giudici. Sono gli anni di tangentopoli e un amministratore locale viene arrestato per corruzione. Il Corriere della Sera - al pari, presumibilmente di decine di altri media online e tradizionali - ne da notizia.

Passano gli anni, l'amministratore viene successivamente prosciolto ma l'articolo del Corriere con la notizia del suo arresto rimane online. Il protagonista della vicenda si rivolge quindi dapprima al Garante per la privacy e quindi al Tribunale chiedendo che - a tutela del proprio diritto all'oblio - la notizia venisse rimossa dal web o, in alternativa, che venisse integrata con quella inerente gli sviluppi successivi della vicenda giudiziaria e, quindi, la notizia del proprio proscioglimento. Garante e Tribunale, gli danno, tuttavia torto.

La notizia è di rilevanza pubblica e non è stata riproposta ma è semplicemente rimasta accessibile online con la conseguenza che il diritto all'oblio deve cedere il passo alle esigenze di cronaca, al diritto alla storia e, più in generale, alla libertà di informazione. Non l'hanno, invece, pensata allo stesso modo i Giudici della Cassazione i quali pur confermando la legittimità della pubblicazione e della permanenza online della notizia in questione - vera, storicamente rilevante e di interesse pubblico - hanno ritenuto, come anticipato, che sia obbligo del gestore del sito quello di integrarla con link e riferimenti ipertestuali ad ogni contributo idoneo a garantire una ricostruzione aggiornata della vicenda che tenesse anche conto del successivo proscioglimento dalle accuse del suo protagonista. Due le facce della decisione.

Una, indiscutibilmente, positiva: la Corte di Cassazione ha, finalmente, riconosciuto che la permanenza online di un contenuto pubblicato in un momento nel quale lo stesso risultava di interesse pubblico non ha niente a che vedere con il diritto all'oblio e che, pertanto, in linea di principio può - ed anzi deve - restare accessibile al pubblico. E' un'ottima notizia se si pensa che, ormai, sempre più di frequente, va diffondendosi l'idea della necessità di una sorta di amnesia collettiva della Rete al fine di precludere ad Internet di aiutare gli uomini a ricordare.

L'altra faccia della medaglia, al contrario, potrebbe avere delle conseguenze devastanti per il sistema dell'informazione online. Secondo i Giudici, infatti, non basterebbe che le notizie pubblicate online siano integrate - o, almeno, integrabili - attraverso la possibilità, offerta dai motori di ricerca e dagli aggregatori - di individuare accanto ad una certa notizia del passato anche altre informazioni, più recenti, ad essa correlate.

L'integrazione e la correlazione di tutte le notizie pubblicate che abbiamo per protagonista una persona costituirebbe una responsabilità specifica del gestore del sito internet che ha originariamente pubblicato il contenuto.

Ecco quanto scrivono i Giudici: "All'interessato odierno resistente va dunque riconosciuto il diritto di ottenere l'integrazione ovvero l'aggiornamento della notizia in argomento a lui relativa. Così come la rettifica è finalizzata a restaurare l'ordine del sistema informativo alterato dalla notizia non vera (che non produce nessuna nuova informazione), del pari l'integrazione e l'aggiornamento sono invero volti a ripristinare l'ordine del sistema alterato dalla notizia (storicamente o altrimenti) parziale). L'aggiornamento ha in particolare riguardo all'inserimento di notizie successive o nuove rispetto a quelle esistenti al momento iniziale del trattamento ed è volto a ripristinare la completezza e pertanto la verità della notizia, non più tale in ragione dell'evoluzione nel tempo della vicenda".

Ed ecco la conclusione: "Appare al riguardo invero necessaria una misura che consenta l'effettiva fruizione della notizia aggiornata, non potendo...considerarsi in proposito sufficiente la mera generica possibilità di rinvenire all'interno del 'mare di internet' ulteriori notizie concernenti il caso di specie ma richiedendosi la predisposizione di sistema idoneo a segnalare (nel corpo o a margine) la sussistenza nel caso di un seguito e di uno sviluppo della notizia, e quale esso sia, consentendone il rapido ed agevole accesso ai fini del relativo adeguamento ed approfondimento".

In questi termini l'obbligo che i Giudici pongono a carico di chiunque pubblichi una notizia online che riguardi chicchessia è straordinariamente oneroso e prepotentemente invasivo della libertà di impresa e delle scelte editoriali di chiunque scelga - per passione o per mestiere - di fare informazione.

Difficile, infatti - per non dire impossibile - pretendere da un blogger ma, anche, da un professionista dell'informazione che mantenga aggiornati tutti i propri contenuti e che continui ad occuparsi, negli anni, a tempo indeterminato, di ogni vicenda trattata. Tale opzione può non essere compatibile con la struttura organizzativa o il modello di business del gestore del sito o, più semplicemente, non rientrare nei piani editoriali che finiscono, inesorabilmente, con i risultare condizionati da tale vincolo giuridico. L'obbligo che i Giudici della Cassazione hanno posto a carico di ogni gestore di sito web, rischia di produrre, per questo, cosenguenze censoree: pur di non affrontare costi ed oneri di aggiornamento, in molti - specie i più piccoli o coloro che fanno informazione a livello amatoriale - potrebbero preferire rimuovere dallo spazio pubblico telematico i contenuti pubblicati nel passato.

Ad uscirne sconfitti, tuttavia, sarebbero la storia, l'informazione e la libertà di impresa. Occorre, pertanto - pur muovendo dalle considerazioni dei Giudici della Corte, in linea di principio, condivisibili [n.d.r. le anticipavo ed anzi auspicavo come possibile esito della questione qui] - fare un passo ulteriore: escludere un obbligo generale ed assoluto di aggiornamento e stabilire che, chi vi ha interesse e titolo, può chiedere, al gestore di un sito, di integrare le notizie pubblicate in passato con uno o più link relativi a contenuti che raccontano di eventuali successivi sviluppi della vicenda.

Solo l'eventuale rifiuto di provvedervi, dovrebbe poter dar luogo a responsabilità da parte del gestore del sito. La privacy - nelle sue più moderne declinazioni - dei singoli merita certamente tutela ma, guai a dimenticarci che in Rete ed attraverso la Rete stiamo scrivendo la nostra storia e che raccontarla - in assoluta autonomia - è e deve continuare a rappresentare esercizio della libertà di informazione senza la quale non c'è società che possa ambire ad un futuro libero e democratico.

Guai se i singoli potessero - in un modo o nell'altro - diventare padroni di tessere dello straordinario mosaico della storia.

Fonte: Wired

Guido Scorza
(Cado in piedi - 8 Aprile 2012)

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