Le cattive notizie: potrebbe essere il titolo di un libro o anche di un film. Invece è diventato il titolo di un telegiornale, quello de La7, fondato e diretto da Enrico Mentana. Non è un'interpretazione opinabile della sua trasmissione, ma una constatazione oggettiva e autorizzata perché è proprio lui a dichiararlo ogni sera durante i cinque minuti della sua "anteprima". Mentana infatti ha creato una nuova formula di telegiornale con una scansione mai esistita prima d'ora.
Comincia con l'anteprima, durante la quale sunteggia il contenuto di ciò che seguirà; poi ci sono i titoli sugli eventi principali (già segnalati nell'anteprima); poi sempre lui fornisce le grandi linee del primo evento e ne affida il racconto alla voce maschile o femminile di un redattore del quale non si conosce il nome né l'aspetto mentre sullo schermo appaiono foto di repertorio dei personaggi protagonisti.
Si passa poi con la stessa tecnica agli eventi successivi. Figure di repertorio a parte, per 35 minuti sullo schermo c'è solo lui che nel finale presenta anche le trasmissioni che andranno in onda sulla rete. In questo modo, e con questo massiccio investimento personale, il telegiornale è passato da un inizio mediocre del 3 per cento al 10 attuale, mentre la rete dal 2 è arrivata al 4-5 per cento. Un successo strepitoso che ha sottratto telespettatori alla prima fascia della Rai e di Mediaset.
Il titolo "Le cattive notizie" è, come ho detto, il direttore stesso a dichiararlo sia nell'anteprima sia nell'elenco e nel commento di presentazione degli altri eventi. Esordisce dicendo: "Anche oggi la giornata è drammatica". E ne dà la lista. Spesso - coi tempi che corrono rattristati perfino da terremoti e da stragi di vario tipo - è proprio così. Spesso, ma non sempre. Ma lui quelle buone le sorvola e talvolta perfino le ignora.
Non vorrei essere frainteso: io adoro Mentana. Lo trovo bravissimo come direttore e come conduttore. Ho scritto prima che ha fondato il Tg de "la7". Non è così ma sì, è così, quello che c'era prima di lui era pressoché inesistente. Lui lo ha rifondato e ne ha triplicato gli ascolti portandosi appresso l'intera rete. Per certi aspetti mi ricorda il mio passato agli inizi dell'"Espresso" e agli inizi di "Repubblica". Ed è anche vero che tutti i "media" prosperano più sulle cattive notizie che sulle buone. Ma ora sta esagerando.
Sta esagerando anche perché lui una buona notizia l'ha trovata e ci inzuppa il pane ogni giorno, ormai da tre mesi: Beppe Grillo e il grillismo. Mentana è felice dei successi e della crescita di "5 Stelle", gli brillano gli occhi quando può informare che dal 2 per cento di consensi i sondaggi hanno portato il grillismo al 4, poi al 6, poi al 10, infine al 14 per cento. La vittoria di Parma l'ha mandato in solluchero. E gli brillano gli occhi anche per le astensioni di massa che si preannunciano. Il suo sondaggista sostiene che Grillo sia arrivato al 18 e prevede che arriverà al 25 alle prossime elezioni politiche. Tutti gli altri sondaggi non arrivano a queste cifre, ma "la7" è molto più avanti. Le concioni e i "Vaffa" di Grillo vengono ritrasmesse a sazietà. Il tempo sul Tg de "la7"è inversamente proporzionale alle forze in campo.
Insomma, Mentana parteggia. Lo può legittimamente fare, "la7" è una società editrice privata e riconosce piena libertà d'espressione ai suoi giornalisti. Vivaddio. Ma che un giornalista democratico come lui sia diventato un "supporter" dell'antipolitica, questo ancora non l'avevamo mai visto. Pienamente legittimo, ma estremamente preoccupante.
Recentemente Mentana ha fatto un passo più avanti, si è fatto sponsor di una lista di giovani senza lavoro. Cofferati - che non è certo un reazionario ma un sindacalista di battaglia - gli ha spiegato che una lista del genere sarebbe pura demagogia, ma lui si è battuto come un leone davanti ai microfoni della Gruber per sostenere la sua idea. Se continua così diventerà l'erede di Grillo, con tanto di televisione e di "Facebook" a disposizione.
Eugenio Scalfari (L'Espresso - 15 giugno 2012)
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LA RISPOSTA DI MENTANA A SCALFARI: LA REALTÀ (L’ASCESA DI GRILLO) NON VA SFUMATA PER CARITÀ DI PATRIA
Enrico Mentana sulla sua pagina Facebook https://www.facebook.com/pages/Enrico-Mentana-pagina-ufficiale-bis/92106667544
L’articolo di Scalfari non mi ha sorpreso: Eugenio, che è e resta un grande giornalista, ha messo nero su bianco concetti critici che da qualche tempo mi accade di ascoltare. In sostanza: andava bene un’informazione completa e senza sudditanze finchè c’era Berlusconi, ma ora bisogna essere tutti “responsabili” e “sobri”, per non disturbare il tentativo di salvataggio di Monti e l’opera di ri-legittimazione dei partiti tradizionali. Io penso invece, da sempre, che le notizie siano le notizie, e nient’altro.
Se un partito di maggioranza prende un’iniziativa meritevole è doveroso darne conto, ma se fa una fesseria è altrettanto doveroso raccontarla. Se ora nei nostri sondaggi (che erano così graditi quando il premier Berlusconi perdeva consensi settimana dopo settimana) l’astensione si fa sempre più alta e Grillo continua a crescere a scapito dei “soliti noti”, è inutile prendersela col sondaggista o con chi lo manda in onda: forse sarebbe invece più produttivo chiedersi perchè una fetta sempre maggiore dell’elettorato fa scelte punitive rispetto al quadro tradizionale dei partiti.
Mentre leggevo l’articolo di Scalfari, la trasmissione Agorà, su Raitre, diffondeva i risultati dell’ultimo sondaggio della società Swg: il Pd primo partito al 24%, il Movimento 5 stelle al 21%, il Pdl al 15%.
Ecco, Eugenio, tu che hai potuto votare fin dalle prime elezioni repubblicane, hai mai visto un simile fenomeno di crescita (per ora solo potenziale, anche se suffragata dai dati delle amministrative)? E davanti a questa esplosione come si dovrebbe comportare un telegiornale che vuole raccontare quel che succede senza tifare per nessuno? Mettere la sordina? Stigmatizzare?
Se Casini o Vendola fossero arrivati al 20% nei sondaggi, quanto ne avrebbero parlato i grandi giornali, compreso quello che hai fondato? E quale “share of voice” avrebbero in tutti i tg? La libertà di informare va esercitata e rispettata anche quando chi governa e chi lo sostiene non organizzano festini nè rispondono con il dito medio e le pernacchie ai giornalisti.
E la realtà non va sfumata per carità di patria; in questi giorni la stampa economica internazionale profetizza sventure al confronto delle quali le notizie del mio tg sembrano corrispondenze da Disneyland. Per chi vuole usare il telecomando c’è sempre qualcun altro che sa indorare la pillola o – com’è legittimo – raccontare delle ultime creme anti-scottatura. Ma io ogni sera devo e voglio raccontare i fatti che ritengo importanti per un pubblico che vuole essere informato: ho cominciato a farlo su La7 quando c’era uno schieramento imponente di tg filo-governativi benedetti dal Cavaliere, non vedo perchè dovrei cambiare ora.
Credo che Giorgio Napolitano abbia fatto qualcosa di grande per questo paese in una fase di eccezionale delicatezza, e gliene dovremo essere grati per sempre. Nonostante quel che scrive Grillo, è stato a mio parere il miglior presidente di questi 65 anni di storia repubblicana. Ma quando ha negato il boom elettorale del Movimento 5 Stelle ha commesso un errore, e la libera stampa aveva il dovere di rimarcarlo. Quanto agli interessi dei giovani: oggi il Corriere della Sera pubblica l’intervista a uno degli uomini più potenti d’Europa, il presidente della Bundesbank: ha 13 anni meno di me e – se posso permettermi – la metà degli anni di Scalfari.
In Italia, come è noto, la situazione è sconfortante: l’unico vero risultato di diciott’anni di contrapposizione militare tra berlusconiani e antiberlusconiani è che gli uni si sono retti in piedi appoggiandosi agli altri, come fanno gli ubriachi: il risultato è che a casa non ci è andato nessuno. E lo stesso è successo in tutti gli altri settori di una società bloccata, in cui nessun posto si libera per garantire quel ricambio che è stata la salvezza di altri paesi.
Così ci siamo giocati un’intera generazione, in politica, nell’imprenditoria, nell’università, nel giornalismo. Credo che si possa parlarne, e cercare strumenti anche urgenti, anche di rottura per cambiare la situazione. Per averlo scritto non credo di dover rischiare addirittura di “diventare il pericolo pubblico di tutti i democratici di questo Paese”… Che “Repubblica delle Idee” sarebbe?
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