mercoledì 12 settembre 2012

Lo squadrista Luigi Manconi

Luigi Manconi, sociologo, politologo, docente universitario, ex portavoce dei Verdi, ex Ulivo, improvvidamente sottosegretario alla Giustizia nel governo Prodi II, dopo aver dato, sulla scia di Bersani, del 'fascista' a Beppe Grillo e ad Antonio Di Pietro, lo appioppa, per proprietà transitiva, anche al Fatto “giornale vicino alle posizioni di Grillo e di Di Pietro”. E se non proprio 'fascisti' per Manconi siamo comunque degli squadristi di destra. “Prendo, a mo' di esempio, un titolo a tutta pagina del Fatto Quotidiano del 5 aprile scorso: 'In un Paese di ladri'...C'è la questione del giustizialismo: se tutta la vita sociale viene vista attraverso la fattispecie penale è inevitabile che questa si porti appresso pensieri e invettive conseguenti. Se viviamo 'in un Paese di ladri' è inevitabile che il primo e principale slogan politico coincida col grido di Giorgio Bracardi: 'In galera!' ”.

A parte che 'giustizialismo' e 'garantismo' sono due categorie inventate durante la stagione di Mani Pulite ad uso dei politici indagati (Non esiste un'applicazione 'giustizialista' o 'garantista' della legge. Esiste l'applicazione della legge. Naturalmente il magistrato, come tutti, può sbagliare, e per questo il nostro ordinamento prevede una serie di verifiche e controlli, il Gip, il giudizio di primo grado, l'Appello, la Cassazione e, in presenza di un imputato detenuto, i ricorsi al Tribunale del riesame e ancora alla Cassazione) è meglio gridare a qualcuno, che risulti che se lo è meritato, 'in galera' che mandarlo direttamente al cimitero. Manconi, 64 anni, è infatti una di quelle felici persone che sono sempre nate ieri e hanno l'invidiabile capacità di rimuovere totalmente il proprio passato. Luigi Manconi è stato un importante leader di Lotta Continua. Negli anni Settanta scendeva in strada con i suoi compagni e, oltre a spaccar vetrine e, all'occorrenza, anche qualche cranio, urlava “Fascista, basco nero, il tuo posto è al cimitero”, “Uccidere un fascista non è reato”. Il quotidiano di Lotta Continua pubblicava foto, indirizzi, percorsi, abitudini di 'fascisti' o presunti tali, indicandoli al pubblico ludibrio e alle squadracce e alcuni, a colpi di spranga sono finiti effettivamente al cimitero, altri sulla sedia a rotelle.

In Italia ogni volta che si presenta qualcosa di nuovo non inquadrabile nei parametri della partitocrazia, che anzi ad essa si oppone, e in quelli della cosidetta 'intellighentia' di sinistra, la risposta pavloviana, e non innocente, è sempre la stessa: “Fascisti!”. Nei primi anni Novanta, prima che fosse inglobata e innocuizzata, toccò alla Lega. Bossi e i suoi hanno sproloquiato spesso e volentieri, ma nella storia, ormai trentennale, di questo movimento non c'è un solo atto di violenza. Mi ricordo che La Repubblica, non sapendo a che altro appiggliarsi, una volta che davanti al municipio di Milano un cane, presunto leghista, abbaiò alla consigliera comunale repubblicana Rosellina Archinto, titolò a otto colonne in testa alla prima pagina: “Aggressione fascista della Lega a Milano”. Ora tocca a Grillo, ma nemmeno ai 'grillini' sono addebitabili eccessi se non di linguaggio. Eccessi a cui, peraltro, si dedicano tutti (si leggano Il Giornale e Libero). La verità è che Grillo, come la Lega d'antan, fa paura col suo 15/20% di consensi cui lo danno i sondaggi. E allora è 'fascista'. E anche noi del Fatto se non propriamente fascisti siam squadristi.

E' destino della mia generazione, coeva a quella dei Manconi, di dover prendere lezioni di buona educazione politica da chi, nelle parole e nei fatti, squadrista, e anche peggio, lo fu davvero.

Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 8 settembre 2012)


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