La
violenza. L'eterna questione della violenza. La violenza è sempre
illegittima? Evidentemente no. E' lecita quella che si oppone ad un
altra violenza. Nel diritto penale di uno Stato si chiama 'legittima
difesa'. Nel mondo politico si considera legittima la violenza popolare
quando si esercita contro un regime repressivo, dispotico, dittatoriale.
Nessuno dubita che la violenza delle 'primavere arabe' contro la cricca
di Ben Alì in Tunisia o di Mubarak in Egitto sia stata legittima.
Il
primo a porsi la domanda è stato Seneca: è lecito uccidere il tiranno?
(il filosofo pensava a Nerone, anche se sbagliava bersaglio perché
Nerone è stato il più tollerante degli imperatori romani). Comunque la
risposta che si diede Seneca e, dopo di lui, si è incaricata di dare la
Storia è: sì, è lecito uccidere il tiuranno. E' legittima, anzi
necessaria, la violenza in guerra dove vale ciò che è vietatissimo in
tempo di pace: uccidere. Anche se col processo di Norimberga si è
affermato un principio assai ambiguo: legittima è la violenza dei
vincitori, non quella dei vinti per la quale è stato creato un reato di
nuovo conio: 'il crimine di guerra'. Il generale Kesselring si prese
dieci anni di reclusione perché a Cassino aveva osato resistere, per
otto mesi, agli Alleati e uno dei crimini addebitati al generale
serbo-bosniaco Mladic è di aver assediato Sarajevo (Ma da quando in qua,
in guerra, non è lecito assediare una città nemica? Annibale assediò
Sagunto per otto mesi e quando, dopo 17 anni di epiche battaglie, i
Romani lo andarono a prendere nella villa dove si era rifugiato, in
Bitinia, non intendevano processarlo per 'crimini di guerra' ma
semplicemente eliminare un nemico che, nonostante i suoi 67 anni,
ritenevano ancora pericoloso. Comunque il grande generale li anticipò
bevendo il veleno che teneva da sempre racchiuso nel suo anello).
Tutte
le principale rivoluzioni democratiche sono nate su bagni di sangue.
Borghesi contro nobili e contadini alleati, con una certa ragione da
parte di questi ultimi perché la micragnosità economica dei nuovi
proprietari borghesi si rivelerà molto più pesante della svagata e
arruffona amministrazione nobiliare. Durante la Rivoluzione francese
furono compiute atrocità spaventose ( altro che gli 'stupri etnici', si
stupravano anche le morte come l'infelice marchesa di Lamballe secondo
il racconto di Restif de la Bretonne). Ma nessuno dubita che quelle
violenze furono legittime.
Il
problema della violenza si pone oggi per le democrazie che, come ogni
Stato moderno, della violenza hanno il monopolio. E' lecita una violenza
popolare contro un regime democratico? In linea teorica no. In
democrazia, ogni cinque anni, tu vai a votare chi pensi rappresenti
meglio le tue idee e i tuoi interessi. Se non ti soddisfa, alla
successiva tornata voterai qualcun altro. Che bisogno c'è della
violenza? Il fatto è che quasi tutte le democrazie rappresentative non
sono democrazie, ma sistemi di minoranze organizzate, di oligarchie, di
caste, politiche ed economiche strettamente intrecciate fra di loro,
che, nella più piena legalità formale, possono sottoporre ad ogni abuso,
sopruso, violenza il cittadino che ad esse non si è infeudato. Non sono
democrazie ma la loro, non innocente, parodia. Se, come ha auspicato
Grillo, i giovani poliziotti si unissero ai loro coetanei in maglietta,
contro “i responsabili che stanno a guardare sorseggiando il té” sarebbe
rivoluzione. Legittima se vittoriosa, criminale se perdente. Questo è
ciò che ci insegna la Storia.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 17 novembre 2012)
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