Quando
lunedì scorso è uscita la notizia che Silvio Berlusconi, dal suo letto
d'ospedale, aveva chiesto ai suoi parlamentari di rinunciare alla
manifestazione di protesta davanti al Tribunale di Milano «in nome del
rispetto che ho sempre portato alle Istituzioni», non credevo alle mie
orecchie. Non perchè pensassi a una resipiscenza del Cavaliere (e
infatti abbiamo visto com'è andata a finire), ma per la spudoratezza di
quell'affermazione. Se c'è un politico che, anche nella sua veste di
premier, in questi anni ha delegittimato, di volta in volta, tutte le
Istituzioni, costui è Silvio Berlusconi: dai Presidenti della
Repubblica, tutti 'comunisti' (compreso quel Giorgio Napolitano cui oggi
disperatamente si aggrappa per un impossibile ed eversivo intervento
sui suoi processi), alla Corte Costituzionale («zeppa di 'comunisti'»),
alla Cassazione, alla magistratura ordinaria («cancro della democrazia»,
affermazione ribadita anche all'estero), al Csm, alla Corte dei Conti,
al Tar e persino ai Tribunali civili (contro la sentenza che ha
condannato la Fininvest a risarcire la Cir di De Benedetti per la truffa
del 'lodo Mondadori' ottenuto corrompendo il giudice Metta) .
Io
tollero tutto, tranne essere preso in giro. E probabilmente cosi' la
pensano anche i magistrati. E' possibile che gli accertamenti
medico-fiscali al San Raffaele (poi risoltisi in modo positivo almeno
per il processo Ruby) siano stati un eccesso di scrupolo, ma in questo
caso Berlusconi è stato vittima di se stesso, del suo gridare «al lupo,
al lupo». Quante volte in questi anni ha invocato il 'legittimo
impedimento', spesso in maniera evidentemente pretestuosa? Mi ricordo
che anni fa un Tribunale, non riuscendo in alcun modo a interrogarlo,
perchè lui aveva sempre cose più importanti da fare, gli propose di
fissare l'udienza la domenica. E Berlusconi rispose, beffardamente: «Ma
io la domenica vado a messa» (il tempo per vedere il Milan invece lo
trovava). E' chiaro che a uno cosi' si finisce per non credere più.
Per
quello che impropriamente viene chiamato il 'caso Ruby' (in realtà si
tratta di concussione, 12 anni di reclusione, ben più grave
dell'eventuale prostituzione minorile) Berlusconi ha dichiarato che si
tratta di «un procedimento che mi vede, sulla base dei fatti,
incontestabilmente innocente». Naturalmente un imputato ha diritto di
proclamarsi innocente. Peccato che i fatti siano contro di lui. Qui non
ci sono ambigue intercettazioni. Ci sono telefonate fatte e ammesse, nei
contenuti, dallo stesso Berlusconi alla Questura di Milano perchè
cambiasse la destinazione di una persona (che fosse Ruby è quasi
marginale, poteva trattarsi di chiunque altro) in stato di arresto e
sotto interrogatorio. Nella stessa giornata in cui, nella sua
requisitoria, il Pm Sangermano si dilungava sulle presunte orge di
Arcore e la stampa vi intingeva pruriginosamente e inutilmente il
biscotto (il premier a casa sua puo' fare cio' che vuole, i suoi
rapporti sessuali con Ruby sono difficilmente accertabili e comunque è
roba da Santa Inquisizione), il Pm dei minori Annamaria Fiorillo,
titolare della decisione sulla destinazione di Ruby aveva reso una
testimonianza decisiva. Aveva detto di aver disposto che la minore fosse
accompagnata in una comunità o trattenuta in Questura e aveva aggiunto
che «nessun magistrato degno di questo nome avrebbe affidato la
minorenne Ruby alla consigliera Minetti e tanto meno dato credito
all'assurdità che una marocchina (la nazionalità della ragazza era stata
accertata fin dal pomeriggio) potesse essere la nipote dell'egiziano
Mubarak».
Berlusconi
non è finito per via giudiziaria. E' finito politicamente perchè come
il resto dell'attuale classe dirigente, di destra e di sinistra, sarà
spazzato via dal vento impetuoso di Beppe Grillo. La peggior eredità che
ci lascia è di aver tolto agli italiani quel poco di senso della
legalità che gli restava e che ora il movimento 5Stelle cerca, con molta
ingenuità, di farci ritrovare.
Massimo Fini (Il Gazzettino, 15 marzo 2013)
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