C’è un filo rosso che porta allo sconcertante bis di Giorgio
Napolitano, parte da lontano e si chiama governo delle larghe intese con
Berlusconi. È una lampante verità che sul Colle delle bugie e dei nastri
cancellati nessuno può negare, scolpita sui moniti che d’ora in poi saranno
legge. Quel filo del Quirinale, nel dicembre 2011 dopo la disastrosa caduta del
governo B., impedisce le elezioni anticipate. Come mai? Forse era chiaro che,
con il crollo annunciato della destra, il Pd vincitore avrebbe potuto imporre
senza problemi il proprio capo dello Stato?
E perché quando, nel dicembre scorso, Monti si dimette, non
viene rispedito alle Camere per verificare la fiducia? Forse perché il timing,
perfetto, consentiva alla presidenza di gestire non solo le elezioni,ma anche
il dopo? Il pareggio auspicato e raggiunto, il mezzo incarico a Bersani, lo
stop a M5S che chiede un premier fuori dai partiti, la melina dei “saggi”.
Tutto per arrivare paralizzati all’elezione del Presidente e quindi
all’inevitabile rielezione?
Forse il piano non era così diabolico, forse
l’encefalogramma piatto dei partiti ha permesso a Napolitano di orchestrare la
crisi come meglio voleva. Ma è difficile credere che, dopo aver respinto fino
alla noia ogni offerta per restare, il navigato politico abbia ceduto in un
paio d’ore alle suppliche di alcuni presunti leader alla canna del gas. Si è
fatto rieleggere,vogliamo credere, non per sete di potere (a 88 anni!), ma per
governare l’inciucio che nella sua testa è l’unico strumento per controllare un
Paese allo sfascio. E per tenere lontano quell’eversore di Grillo che crede
addirittura nella democrazia dei cittadini. Non s’illuda, però: davanti ai
problemi giganteschi degli italiani (e alle piazze in fermento), questa
monarchia decrepita e grottesca è solo uno scudo di paglia. D’ora in poi questi
politici inetti e disperati il conto lo faranno pagare a lui.
Antonio Padellaro (Il Fatto Quotidiano, 21 aprile 2013)
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