Molti italiani vorrebbero vedere Emma Bonino al Quirinale.
Perché è donna, perché è competente, perché è onesta e mai sfiorata da
scandali, perché ha condotto battaglie spesso solitarie per i diritti
civili e umani e politici in tutto il mondo, forse anche perché è
sopravvissuta a Pannella e perfino a Capezzone. Insomma, un sacco di
ottimi motivi, tutti veri e condivisibili. Ma della sua biografia, in questo paese dalla memoria corta, sfuggono alcuni passaggi politici
che potrebbero indurre qualcuno, magari troppo giovane o troppo vecchio
per ricordarli, a cambiare idea e a ripiegare su candidati più vicini
al proprio modo di pensare.A
costo di essere equivocati, come ormai accade sempre più spesso,
complice il frullatore del web, li ricordiamo qui per completezza
dell’informazione, convinti come siamo che di tutti i candidati alle
cariche pubbliche si debba sapere tutto. “Conoscere per deliberare”,
diceva Luigi Einaudi, cuneese come lei.
Nata 65 anni fa, la
Bonino è stata parlamentare in Italia sette volte e in Europa tre
volte, a partire dal lontano 1976. Da sempre radicale, si è poi
candidata nel ’94 con Forza Italia fondata da
Berlusconi, Dell’Utri, Previti & C., e col centrodestra
berlusconiano è rimasta alleata, fra alti e bassi, fino alla rottura del
2006, quando è passata al centrosinistra. Ha ricoperto le più svariate
cariche: deputata, senatrice, europarlamentare, commissario europeo,
vicepresidente del Senato, ministro per gli Affari europei nel governo
Prodi. Ed è stata candidata a quasi tutto: presidente
della Repubblica, presidente del Consiglio, presidente delle Camere,
ministro degli Esteri e della Difesa, presidente della Regione Piemonte e
della Regione Lazio, alto commissario Onu ai rifugiati, rappresentante
Onu in Iraq, addirittura a leader del centrodestra (da Pannella, nel
2000).
Nel ’94, quando si candidò per la prima volta con B.,
partecipò con lui e la Parenti a un comizio a Palermo contro le indagini
su mafia e politica. Poi, appena eletta, fu indicata dal Cavaliere assieme a Monti come commissario europeo.
Il che non le impedì di seguitare l’attività politica in Italia, nelle
varie reincarnazioni dei radicali: Lista Sgarbi-Pannella, Riformatori,
Lista Pannella, Lista Bonino. Nel ’99 B. la sponsorizzò per il
Quirinale, anche se poi confluì su Ciampi. Ancora nel 2005, alla vigilia
della rottura, la Bonino dichiarava di “apprezzare ciò che Berlusconi
sta facendo come premier” (una legge ad personam dopo l’altra, dalla
Gasparri alla Frattini, dal lodo Schifani al falso in bilancio, dalla
Cirami alle rogatorie alla Cirielli) e cercava disperatamente un accordo
con lui. Sfumato il quale, scoprì all’improvviso i vizi del Cavaliere e
le virtù di quelli che fino al giorno prima lei chiamava “komunisti” e
“cattocomunisti”.
Molte delle sue battaglie, referendarie e non, coincidono col programma berlusconiano:
dalla deregulation del mercato del lavoro (con tanti saluti allo
Statuto dei lavoratori, articolo 18 in primis) alla campagna contro le
trattenute sindacali in busta paga. Per non parlare del via libera alle
guerre camuffate da “missioni di pace” in ex Jugoslavia, Afghanistan e
Irak. E soprattutto della giustizia: separazione delle carriere fra
giudici e pm, amnistia, abolizione dell’obbligatorietà dell’azione
penale, responsabilità civile delle toghe e no all’autorizzazione
all’arresto per parlamentari accusati di gravi reati: perfino Cosentino,
imputato per camorra.
Alle meritorie campagne contro il
finanziamento pubblico dei partiti, fa da contrappunto la contraddizione
dei soldi pubblici sempre chiesti e incassati per Radio Radicale. Nel
2010 poi, la Bonino fece da sponda all’editto di B.contro Annozero: il
voto radicale in Vigilanza fu decisivo per chiudere i talk e abolire l’informazione tv prima delle amministrative.
Con tutto il rispetto per la persona, di questi errori politici è forse il caso di tenere e chiedere conto.
Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano, 6 Aprile 2013)
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