Più di ottantacinquemila firme raccolte in poche ore sotto l’appello del Fatto Quotidiano per salvare la Costituzione
stracciata possono diventare in pochi giorni la risposta di massa della
Repubblica dei cittadini contro la repubblica degli oligarchi.
Oligarchia, governo dei pochi, è una parola antica che sta soffocando le
istituzioni come un sudario.
Una casta dei partiti
sempre più impopolare, votata da meno della metà degli elettori, se si
somma al 38 per cento di astenuti il 25 per cento raccolto dal M5S sulla opposizione intransigente a questo sistema politico. Un governo fondato sull’accordo innaturale Pd-Pdl e sul tradimento del mandato ricevuto dai rispettivi elettorati. Commissioni di presunti saggi nominati nelle segrete stanze, incaricati di snaturare la Carta fondamentale
dei diritti e dei doveri dei cittadini. Quella solo ieri definita “la
più bella del mondo” (Bersani) e oggi considerata un catorcio da
trasformare con scorciatoie inaccettabili (la modifica dell’articolo
138) così da renderla docile agli interessi delle “larghe intese”, in realtà ristrette ai soliti noti che decidono tutto. Perfino nel Pd,
partito nato sulle primarie, un sinedrio di inamovibili cacicchi cerca
di torcere le regole a proprio esclusivo beneficio contro l’intruso Matteo Renzi. Vogliono prendersi tutto, ma non hanno ancora vinto.
Salvatore Settis nel libro Azione popolare. Cittadini per il bene comune, racconta la rivoluzione possibile
di un Paese sottomesso all’assolutismo dei mercati e sotto il ricatto
del debito pubblico. La disastrosa crisi economica, creata dalla
peggiore classe politica del-l’Occidente, viene usata contro i cittadini
a cui si chiede non solo di pagare un conto salatissimo, ma anche di
rinunciare a importanti quote di sovranità. Da consegnare nelle mani del
Quirinale e di Palazzo Chigi, a loro volta sottoposti ai voleri di
Unione europea, Bce e Fondo monetario. Ambiente, cultura, scuola,
salute, giustizia sociale diventano così parole vuote, voci di bilancio
da tagliare, valori privi di valore. Non sarà facile dare nuova
legittimazione alla democrazia che ci stanno sequestrando.
Firmare per la Costituzione è un primo passo. Altri ne seguiranno per dare forza ai beni comuni e garanzia alle libertà pubbliche e ai diritti civili.
Un’azione collettiva che ha già il sostegno della politica che non si
arrende: Movimento 5 Stelle, Sel e tanti nella base del Pd che di certe
cricche non ne possono più. C’è il sindacato, la Fiom,
che sul diritto al lavoro non scende a compromessi. Senza contare
l’infinita galassia di movimenti che si battono a difesa dei più deboli e
per il ripristino della legalità. Proprio a sostegno della Procura di Palermo,
impegnata nelle indagini sulla trattativa Stato-mafia, nell’estate di
un anno fa raccogliemmo 150 mila firme. E da quella inchiesta, che
rischiava di morire di silenzio, indifferenza e congiure di palazzo, è
nato un maxi-processo che dal prossimo autunno potrà scoperchiare
finalmente il vaso avvelenato dei segreti indicibili di Stato: sì,
quelli di cui qualcuno ha cercato di fare un bel falò insieme alle
telefonate compromettenti.
Non ce l’hanno fatta grazie anche ai
lettori del Fatto. Ora si tratta di togliere la Costituzione
repubblicana, nata dallaResistenza, dallegrinfiedellelargheintese.
Servono almeno cinquecentomila firme. Si può fare.
Antonio Padellaro (Il Fatto Quotidiano, 28 Luglio 2013)
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