Oddio, hanno condannato Berlusconi e nessuno sa cosa mettersi. Del
resto, chi l’avrebbe mai detto che il compare di Mangano, Gelli, Craxi,
Dell’Utri e Previti – per citare solo i migliori – già amnistiato per
falsa testimonianza, prescritto due volte per corruzione giudiziaria e
cinque per falso in bilancio e una per rivelazione di segreto, tuttora
imputato per corruzione di senatori e indagato per induzione alla falsa
testimonianza, nonché condannato in primo grado a 7 anni per concussione
e prostituzione minorile, avrebbe potuto un giorno o l’altro diventare
un pregiudicato? Era tutto un darsi di gomito, uno strizzare d’occhi, un
“tutto si aggiusta” all’italiana, con leccatine agli “assi nella
manica” del sommo Coppi, dipinto come il mago di Arcella che fa
assolvere i colpevoli. Invece da ieri anche la Cassazione, grazie a
cinque giudici impermeabili a minacce e pressioni e moniti, ha detto ciò
che chiunque volesse sapeva da tempo immemorabile: Silvio Berlusconi è
un fuorilegge, un delinquente matricolato, colpevole di un reato –
commesso anche da premier e da parlamentare – che in tutto il mondo lo
porterebbe dritto e filato in galera per un bel po’. In
America, per incastrare il suo spirito guida Al Capone, bastò la frode
fiscale. In Italia, grazie anche all’indulto-insulto regalatogli da un
centrosinistra così tenero che si taglia con un grissino, Al Tappone
finirà ai domiciliari per un annetto. O, se li chiede, ai servizi
sociali. I giudici milanesi lo manderanno a prendere dai carabinieri in
autunno, non appena riaprirà il Tribunale. L’ignaro Epifani annuncia
tonitruante che il suo Pd, se necessario, è pronto a rendere esecutiva
la sentenza: non si dia pena, la sentenza è esecutiva a prescindere da
lui. Come tutto il resto. Per arrestare un condannato, anche se
parlamentare, non c’è bisogno di Epifani, né del Parlamento, né di
nessuno. Piuttosto sarebbe interessante sapere con che faccia il Pd
possa restare alleato con un pregiudicato prossimo all’arresto purché
non faccia troppo casino: come se qualche parola o manifestazione
scomposta fossero più gravi che mettere in piedi una monumentale frode
fiscale. E con che faccia il premier Nipote possa restare al governo col
sostegno di B., magari per tuonare contro l’evasione fiscale, senza che
gli scappi da ridere, a lui e a suo zio. Ma questa è la “separazione
dei poteri” come la intendono i nostri politicanti: se un politico è
indagato, attendono il rinvio a giudizio; se è rinviato a giudizio,
attendono la condanna; se è condannato in primo grado, attendono
l’appello; se è condannato in appello, attendono la Cassazione; e se è
condannato in Cassazione, imboscano la sentenza in un cassetto perché
bisogna separare la giustizia dalla politica. Solo sull’interdizione,
quando sarà ricalcolata dalla Corte d’appello e confermata dalla
Cassazione (pochi mesi), il Senato sarà interpellato: ma per
ratificarla, non per discuterla o ribaltarla (è questa, cari analfabeti,
la separazione dei poteri). E comunque i nostri tartufi si scordano un
piccolo dettaglio: l’anno scorso Pd, Pdl e frattaglie centriste
approvarono la legge “liste pulite” che dichiara decaduti e
incandidabili i parlamentari condannati sopra i 2 anni: dunque neppure
se fosse interdetto per un solo giorno B. potrebbe restare senatore e
ripresentarsi alle prossime elezioni. A meno che, si capisce,
l’abrogazione di quella norma giustizialista votata anche da B. non
faccia parte delle “riforme della giustizia” invocate da Re Giorgio un
minuto dopo la prova che la giustizia funziona. Ora i soliti idioti
dicono che la Cassazione ha condannato 10 milioni di elettori del Pdl
(che sono molti di meno): no, ha condannato un solo eletto. Ma anche,
simbolicamente, tutti quelli che – sapendo chi era- l’hanno legittimato,
ricevuto, favorito, riverito, salvato, strusciato, addirittura promosso
partner di governo e padre costituente: da Napolitano in giù.
Vergognatevi, signori. E rassegnatevi: la legge, ogni tanto, è uguale
per tutti.
Marco Travaglio (Il Fatto Quotidiano del 02/07/2013).
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