domenica 16 febbraio 2014

Il condannato sale al Colle. Potrebbe essere il primo premier al mondo in manette. Possibile? In Italia anche l'assurdo è diventato possibile.

Negli anni 50 ci fu una dura battaglia contro quella che venne chiamata la 'legge truffa', con la quale si voleva attribuire un premio di maggioranza al partito che fosse risultato primo alle elezioni. Sapete qual era la soglia per accedere al premio? Il 50,1% dei voti. Era una legge ragionevole per mettere al riparo il governo dalle imboscate di un pugno di ascari. Ma non passo'.
La nuova legge elettorale, concordata fra Berlusconi e Renzi, peraltro ancora in stand by, prevede una soglia del 37%. I sondaggi danno Forza Italia in ascesa, anche grazie al consueto autocannibalismo di cui si nutre la cosiddetta sinistra, e col Ncd e altre frattaglie potrebbe portare il cosiddetto centrodestra oltre la soglia del fatidico 37% e quella coalizione risultare prima e godere dell'abnorme premio di maggioranza. Chi è il leader indiscusso del centrodestra? Berlusconi. A chi dovrebbe essere affidato l'incarico di premier? A Berlusconi. Sarebbe la prima volta al mondo che un condannato, in fase, almeno formalmente, di espiazione della pena, fa il presidente del Consiglio di un Paese democratico o anche non democratico. Dice: non è giuridicamente possibile. Abbiamo imparato ormai che in Italia tutto è possibile. Intanto, nonostante la sentenza di condanna risalga al I° agosto del 2013, per il momento Berlusconi non sta scontando alcuna pena, è a piede libero ed evoluisce come vuole incontrando anche rappresentanti delle Istituzioni, ministri e, a quanto pare, persino il Presidente della Repubblica. Inizierà il percorso penitenziale dei servizi sociali solo il 10 aprile, percorso che si concluderà, se va bene, il prossimo agosto ad un anno esatto della sentenza di condanna. Da quel momento comincierà ad espiare la pena, ma godrà di ampi spazi di libertà e di movimento concessigli dal Giudice di Sorveglianza. Non si vorrà mica impedire a un premier di partecipare alle sedute del Consiglio dei ministri? Dice: ma c'è l'interdizione dai pubblici uffici. Intanto questa interdizione, nell'eterno rimpallo fra l'Appello e Cassazione, non è ancora arrivata. E quando arriverà ci potrebbe essere un ricorso sospensivo a una qualche Corte europea.
Questa narrazione è solo di poco forzata. Perchè di fatto, se non di diritto, il 'delinquente naturale' continua a determinare la politica italiana.
Chi ha la mia età è cinquant'anni che assiste a staffette, vere o ipotizzate, agguati, congiure, Midas, lotte di correnti, a governi balneari, istituzionali, tecnici, a crisi extraparlamentari, a solenni promesse di 'cambiamento' (parola magica, taumaturgica, che ci rimbomba nelle orecchie e che leggiamo sui giornali da almeno mezzo secolo) e di riforme. In realtà sono tutte lotte per il potere in cui quel «bene del Paese» di cui costoro si riempiono sempre la bocca non c'entra nulla. Quando si sente messo alle strette il sistema si inventa qualche 'homo novus'. Ma i 'giovani quarantenni' di oggi non sono affatto nuovi, e meno di tutti lo è il 'novissimo' Matteo Renzi, sono espressione dell'eterna partitocrazia italiana.
Questa classe politica è talmente sgangherata, e ha infiltrato la burocrazia, asse portante di ogni Paese, di partitanti, che non è più nemmeno capace di fare le leggi. Le deve fare la Consulta correggendone gli errori e sostituendosi al legislatore. Michele Ainis, sul Corriere, ne dà un florilegio: dalla legge elettorale alla Fini-Giovanardi.
A Intelligonews ho detto che se la crisi economica si acuirà ulteriormente il popolo italiano, svegliandosi di soprassalto dal suo torpore, potrebbe dare il via a una rivolta 'alla tunisina'.
«Lei ne vede il rischio?» mi ha chiesto la gentile intervistatrice.
«Non è un rischio. E' una speranza» ho risposto.


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