mercoledì 5 marzo 2014

ASSURDO.

«Topo, topo, senza scopo / dopo te, cosa vien dopo?»
Questo nonsense di Toti Scialoja disegna, con leggerezza e ironia, quella che Albert Camus chiamava l’esperienza dell’Assurdo, quella che ci fa toccare con mano la vanità delle nostre stesse vite. «D’accordo, ma un conto è essere uomini, e un conto è essere topi» si obietterà. E la differenza, in effetti, non è trascurabile. Thomas Nagel è un filosofo analitico americano che in libri come La possibilità dell’altruismo, Uno sguardo da nessun luogo, Una brevissima introduzione alla filosofia e, soprattutto, Questioni mortali, in fondo finisce sempre per ruotare intorno a una medesima «tensione essenziale» che contraddistingue la natura umana: quella tra un punto di vista oggettivo e impersonale e uno soggettivo e personale. Vale anche per il saggio Che cosa si prova a essere un pipistrello, un classico sul problema mente/corpo, che in fondo parla anch’esso di un topo, per quanto assai peculiare. Perché, qualche volta, la vita ci appare assurda, priva di senso? Nagel ha il pregio di partire dalla dimensione del quotidiano, della vita di ognuno di noi. Viviamo tranquillamente, concentrati sulle nostre faccende piccole e grandi, quando a un certo punto ci capita di «fare un passo indietro», di vedere noi stessi «dall’esterno », come oggettivati. E allora ciò che da una prospettiva personale, interna, ci appariva fondamentale, assoluto, finisce per perdere senso. Vista dall’esterno, ogni vita ci pare assurda. La nostra e quella del topo. Dove sta allora la differenza? Non nel fatto che, vista così, rispetto all’eternità e immensità del mondo, la vediamo nella sua miseria e finitezza. Se fosse infinita, avremmo solo un’assurdità infinita. Il punto sta invece proprio in quel «passo indietro» che noi, dotati di autocoscienza e capacità riflessive, sappiamo fare al contrario del topo. «Poveri noi!» direbbe un esistenzialista. Ma per Nagel non è il caso di disperare. Al contrario. In fondo, anche dopo quel «passo», la vita continua. Solo che qualcosa è cambiato. E in meglio. Prima prevaleva la nostra tendenza a prenderci sempre maledettamente sul serio. Ora invece abbiamo guadagnato una dimensione nuova. Siamo leggeri, ironici, tolleranti. Siamo persino in grado di apprezzare i versi insensati di Toti Scialoja.

Armando Massarenti  (Dizionario delle idee non comuni - 2010 - Ugo Guanda Editore)

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