C’è
modo e modo di attuare il proprio ruolo di insegnante ed ogni allievo, nel
tempo, ne conserverà sicuramente la valenza, non solo in relazione ai ricordi
ed alle concettualizzazioni di fondo che avrà assimilato ma, soprattutto, in
funzione della originalità ed efficacia dei tempi e dei modi prescelti dal
docente di turno.
Una mattina il
mitico professore Antonio Billeci, iniziando la sua ora di lezione di
ragioneria, disegnò alla lavagna un grandissimo rubinetto da cui sgorgavano al
posto dell’acqua una serie di conti e sottoconti economici, sotto un grande
colapasta che setacciava il tutto. Ultimato l’emblematico disegno si
rivolse a noi dicendo: “vi presento il grande frocione[1];
oggi, ragazzi, parleremo del Conto Economico”. Nonostante fossimo già avvezzi
alle genialità del nostro imprevedibile docente, una risata generale accolse il
proclama del giorno.
Nello
specifico, in questo caso, il messaggio era che, a completamento di quanto fino
ad allora studiato sulle scritture di partita doppia, da quell’unico condotto
transitavano tutte le componenti economiche (negative e positive) di una
contabilità aziendale che filtrate, in ultimo generavano un unico elemento:
l’utile o la perdita d’esercizio. Quindi, a fine anno, sarebbe stata un’unica voce di sintesi filtrata attraverso il conto “Profitti e perdite”, positiva
o negativa, che avrebbe portato a pareggio un bilancio.
Era
uno dei suoi tanti modi creativi per catturare l’attenzione di noi allievi
ancora acerbi ma, soprattutto, di farci associare concetti fondamentali del programma scolastico
a figure e schemi più comuni, ma penetranti in fantasia, che avrebbero
cesellato per sempre le nostre giovani menti.
I bravi maestri si apprezzano spesso solo
quando si è cresciuti. Nel caso dell’amato professore Billeci, sono tanti
gli aneddoti che riaffiorano. Per la storia, l’ultimo suo anno di docenza
all’istituto tecnico Francesco Crispi di Palermo coincise con l’anno del mio
diploma. Venimmo a sapere successivamente che continuò il suo insegnamento all’’ISIDA
di Palermo, curando la formazione postuniversitaria
di futuri dirigenti.
Solo
in occasione di un ritrovo di ex alunni, fatto moltissimi anni dopo, ebbe a
confessarci che la sua vera passione era sempre stata la filosofia. Ci disse
che aveva sempre fatto parte di un gruppo impegnato in studi e
ricerche in materie filosofiche e che, in questa veste, aveva pubblicato
diversi articoli e libri.
Ricordo
che nel corso di un ricevimento di professori ebbe a dire di me ciò che
conservo come uno degli apprezzamenti più belli mai ricevuti: “in una classe di
orbi, il ragazzo ci vede con un occhio solo”.
ESSEC
[1] Nel gergo palermitano per “frocione” s’intende
la portata di liquido che un rubinetto riesce ad erogare nella sua massima
apertura.
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