"Rimandare
e temporeggiare ancora espone la collettività al concreto rischio di
riaccendere la tragedia del novembre 2011". Così, il 5 agosto,
scrivevano a Palazzo Chigi le aziende che dovevano occuparsi della messa
in sicurezza del Bisagno. "Tutti i ricorsi respinti". Ma non hanno
ottenuto risposta. E ora il premier accusa la burocrazia.
Le ditte: “Fateci fare i lavori, rischio serio”. Era il 5 agosto. La lettera (clicca per vedere il testo) indirizzata al premier Matteo Renzi il 5 agosto scorso dai legali delle ditte che dovevano occuparsi della messa in sicurezza del torrente Bisagno, rimasta in un cassetto di Palazza Chigi senza risposta alcuna, inchioda il governo alle proprie responsabilità. “Tutti i ricorsi sono stati respinti. Nulla osta ad un avvio effettivo dell’incarico. Gli ultimi eventi alluvionali hanno evidenziato le criticità idrogeologiche del territorio di Genova e della Regione e – con l’avvicinarsi della stagione autunnale – rimandare e temporeggiare ancora espone la collettività al concreto rischio di riaccendere la tragedia del novembre 2011”.
Puntualmente la tragedia, infatti, si è presentata. Il contenuto della lettera è stato rivelato dal Tgla7 nell’edizione di sabato sera e pubblicato già sul Fatto Quotidiano di ieri. Come se niente fosse, però, il premier Renzi ieri è ovviamente intervenuto sulla tragica alluvione di Genova, senza far minimamente riferimento alla questione. Silenzio di tomba sul tema. “Vedo i ragazzi che spalano il fango – ha scritto il premier su Facebook – dalle strade e a loro va il mio grazie. Userò la stessa determinazione per spazzare via il fango della mala burocrazia, dei ritardi, dei cavilli”.
Insomma, cavilli, burocrazia e ritardi. Ma ritardi di chi? Incurante del ridicolo Renzi continua: “E assicuro ai genovesi, che non si sono piegati e che si sono rimboccati le maniche per spalare via fango e detriti dal loro futuro, l’impegno economico del Governo fin dalla legge di stabilità cui stiamo lavorando in queste ore”: promette 2 miliardi per il dissesto idrogeologico in tutta Italia. Ci mancherebbe pure non lo facesse. Ma insiste: “C’è bisogno di sbloccare i cantieri, come abbiamo iniziato a fare con l’unità di missione. Di superare la logica dei ricorsi e controricorsi che rendono gli appalti più utili agli avvocati che non ai cittadini”. Ecco, appunto.
Le ditte: “Fateci fare i lavori, rischio serio”. Era il 5 agosto. La lettera (clicca per vedere il testo) indirizzata al premier Matteo Renzi il 5 agosto scorso dai legali delle ditte che dovevano occuparsi della messa in sicurezza del torrente Bisagno, rimasta in un cassetto di Palazza Chigi senza risposta alcuna, inchioda il governo alle proprie responsabilità. “Tutti i ricorsi sono stati respinti. Nulla osta ad un avvio effettivo dell’incarico. Gli ultimi eventi alluvionali hanno evidenziato le criticità idrogeologiche del territorio di Genova e della Regione e – con l’avvicinarsi della stagione autunnale – rimandare e temporeggiare ancora espone la collettività al concreto rischio di riaccendere la tragedia del novembre 2011”.
Puntualmente la tragedia, infatti, si è presentata. Il contenuto della lettera è stato rivelato dal Tgla7 nell’edizione di sabato sera e pubblicato già sul Fatto Quotidiano di ieri. Come se niente fosse, però, il premier Renzi ieri è ovviamente intervenuto sulla tragica alluvione di Genova, senza far minimamente riferimento alla questione. Silenzio di tomba sul tema. “Vedo i ragazzi che spalano il fango – ha scritto il premier su Facebook – dalle strade e a loro va il mio grazie. Userò la stessa determinazione per spazzare via il fango della mala burocrazia, dei ritardi, dei cavilli”.
Insomma, cavilli, burocrazia e ritardi. Ma ritardi di chi? Incurante del ridicolo Renzi continua: “E assicuro ai genovesi, che non si sono piegati e che si sono rimboccati le maniche per spalare via fango e detriti dal loro futuro, l’impegno economico del Governo fin dalla legge di stabilità cui stiamo lavorando in queste ore”: promette 2 miliardi per il dissesto idrogeologico in tutta Italia. Ci mancherebbe pure non lo facesse. Ma insiste: “C’è bisogno di sbloccare i cantieri, come abbiamo iniziato a fare con l’unità di missione. Di superare la logica dei ricorsi e controricorsi che rendono gli appalti più utili agli avvocati che non ai cittadini”. Ecco, appunto.
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