Stress da test
o test da stress?
Tanto tuonò che
piovve. E non è stata pioggerellina di marzo, ma bomba d'acqua inattesa per
molti, anche se non per tutti. Al di là delle rassicurazioni un po' scontate
sulla solidità del sistema rilasciate dall'industria e dai suoi vigilanti
appena pubblicati i tanto attesi risultati della Bce sulle banche del
continente, accompagnate da molto italiche lamentazioni sulla severità delle
prove e sui "favoritismi" di cui avrebbero goduto i sistemi di altri
paesi, siamo a fare i conti con i nostri guai bancari: dalle AQR agli stress
test il sistema bancario italiano si dimostra il peggiore di Europa.
Già all'inizio
delle prove ben 9 banche deficitarie su 15 la dicevano lunga sulle
insufficienze patrimoniali accumulate negli anni precedenti e poi le quattro
banche, non certo minori, prive dei requisiti, alla ricerca di aggiustamenti
non del tutto convincenti e infine le due rimaste impigliate nella rete (Monte
dei Paschi e Carige) che, per dimensioni del capitale necessario al
raggiungimento della sufficienza, rappresentano quasi il trenta per cento del
complessivo deficit patrimoniale europeo (3 mld su 10 con le altre in short
fall di capitale appartenenti a paesi minori dell'Unione). Senza dire del Monte, uti singulus, che con i
suoi 2,1 miliardi di fabbisogno ha conquistato la maglia nera. Qualcuno non
dovrebbe rispondere alla domanda del perché far rimborsare tanto rapidamente
alla Banca più vecchia del mondo buona parte dei Monti Bond, se vi era il
rischio che si ritrovasse dopo poco tempo con un deficit patrimoniale tanto
elevato?
Eravamo dunque ultimi alla partenza e, pur
migliorando, siamo rimasti ultimi all'arrivo. E anche nel confronto con altri
sistemi considerati fino a poco tempo fa in maggiori difficoltà del nostro non
usciamo bene, dato che la Spagna ha superato le prove molto più brillantemente.
Gli aiuti pubblici e quelli europei saranno stati costosi, ma almeno sono stati
efficaci.
Quattro delle
nostre hanno poi tagliato il filo di lana con eccedenze di poche decine di
milioni (dai 20 ai 50), mentre, nel frattempo, la qualità del credito di tutte
è senza dubbio peggiorata rispetto al 31/12/2013, dato che l'andamento dei Non
Performing Loans nel 2014 ci ha colpito più duramente di altri. Non per
eccedere in critiche, ma non fa un po' sorridere che, tra le migliori, sia
risultata l'Iccrea, un ossimoro in termini di rischio sistemico, con le 380 BCC
del suo sottostante?
Infine non ci
sono margini, se non per le due banche maggiori, per trasformare attivi a
ponderazione zero, inflazionati dalla iper liquidità creata con le LTRO, in
crediti a maggiore assorbimento di capitale, con il credit crunch diventato
ormai strutturale. E ben magra è la consolazione del ridotto peso delle crisi
bancarie a carico del contribuente italiano, continuando la nostra economia (e
il lavoro) a pagare un prezzo complessivo sempre meno sopportabile.
Non vedo quindi
in tutto ciò alcun motivo di positività, anzi credo che ormai il re sia nudo e
che si apra finalmente una fase di profonda ristrutturazione e riconversione
delle tante e troppo piccole banche, perché c'è da credere che il nuovo
controllore di Francoforte non voglia finire come Gulliver prigioniero dei
Lillipuziani.
E sembra che
per le banche italiane sia già suonata la campana del giro finale, considerato
che hanno le peggiori performance in Europa, nonostante l'eccellente qualità
delle cure delle nostre autorità di controllo.
La cattiva
strega della speculazione ha fatto intanto precipitare le quotazioni di tutte,
mentre analisi sempre più complesse degli addetti ai lavori su quanto avvenuto
hanno cominciato a prendere piede, quando l'unica domanda cui si dovrebbe
rispondere è se il nostro sistema bancario, nessuna componente esclusa, sia
davvero adeguato alle esigenze del paese. L'Unione si è già pronunciata!
"Sbankor"
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