lunedì 10 novembre 2014

Cosa rimane del sistema bancario italiano dopo gli esami europei



Cosa rimane del sistema bancario italiano dopo gli esami europei
(D.Corsini, D. De Crescenzi)

Larchitettura di vigilanza di Basilea è il regno dei fini, vale a dire è un punto di arrivo per chi esercita lattività bancaria. Per essere sul mercato è necessario rispettare i ratios di capitale, secondo le modalità di calcolo che si sono nel tempo succedute. Come fare per rispettarli rientra nelle strategie di impresa, nelle politiche stabilite e perseguite dai manager, nelle caratteristiche dei mercati serviti: più credito e meno finanza, ovvero più titoli di Stato e meno finanza, ovvero ancora più credito meno finanza e titoli di Stato e così via secondo mix diversi tra le macro attività.
A questo sistema di regole, che è molto chiaro nel suo insieme, è stato associato lesercizio di valutazione compiuto da BCE e da EBA partendo dai dati di bilancio 2013, cui si sono aggiunti i risultati della revisione degli attivi a rischio e infine quelli degli stress test per tener conto dell'impatto sul capitale delle banche di alcuni scenari di turbolenza economica.
Lenorme mole di dati rilasciati e disseminati sul sito web della BCE ci permette di mostrare cosa è effettivamente accaduto e quali sfide ha il nostro sistema bancario da affrontare, essendo uscito purtroppo un pomalconcio dagli esami europei.
Il punto di partenza delle valutazioni è dunque il dicembre 2013 per ciascuna istituzione creditizia o gruppo di banche ritenute a rischio sistemico, con limportante avvertenza che non l'intero attivo di bilancio è rilevante ai fini di che trattasi, ma soltanto quelle componenti che presentano rischi secondo le categorie economico/finanziarie individuate dalle regole di vigilanza prudenziale. Pesano molto le partite deteriorate e i crediti alleconomia (seppure con diversi coefficienti di ponderazione) e hanno invece impatto minore i titoli di Stato e tutto il coacervo degli strumenti finanziari.
La disclosure dei dati ci consente di capire come le banche si sono di fatto presentate allimportante appuntamento. Tra il totale attivo di bilancio e le attività a rischio considerate - proprio per il differente peso dei coefficienti vi sono differenze eclatanti. Esse riflettono sia le relative specializzazioni di business in concreto perseguite sia la capacità di governare i rischi prescelti. Come si vede dalla tabella, la differenza più ampia si riscontra per le grandi banche tedesche e per le francesi che hanno poco più di un terzo delle attività di bilancio a rischio cui proporzionare il capitale di primo e secondo livello.
Per le banche italiane e quelle spagnole la differenza tra valore ponderato e valore nominale degli attivi è pari a circa la metà. Il valore minimo si ha per Deutsche Bank, una tra le più grandi banche del mondo, con il 22%, mentre il valore massimo si ha per la banca spagnola Banca Bilbao con quasi il 60%, che segna soprattutto il grado di esposizione al rischio di credito.
Nella quarta colonna della tabella è poi riportato il peso del rischio di controparte per sovereign and supranational non governamental organization che riflette i rischi connessi con la detenzione di titoli di Stato. Si nota agevolmente che per le banche italiane, come per tutte le altre, esso è del tutto trascurabile, in virtù del trattamento di favore riservato dalle regole di Basilea ai titoli del debito pubblico e nonostante le quantità accumulate da ciascuna banca. E, come si sa, alcune banche italiane hanno in bilancio titoli della specie per centinaia di miliardi di euro sia per diversificare il proprio portafoglio sia per gli effetti indotti dalle operazioni di rifinanziamento promosse dalla BCE.
In definitiva, si capiscono un podi cose.
Basilea concede aree di facilitazione, di ammorbidimento molto ampie invero, e un potutte le banche ne hanno beneficiato, come è abbastanza comprensibile per assicurare un accettabile livellamento del campo di gioco. Si è tuttavia detto che le banche italiane avevano le mani legate: recessione, sofferenze e altro ancora. In effetti, nonostante manovre di bilancio volte a modificare la composizione dellattivo a favore dei titoli di Stato, molte di esse non sono riuscite a passare lesame o lo hanno passato a stento. Con il che si è data la stura ad asseriti svantaggi competitivi rispetto agli altri sistemi bancari.
Si trascura però un aspetto essenziale. Basilea va adattata alla struttura di ciascun sistema creditizio e un pocome hanno fatto gli spagnoli era necessario intervenire con una incisiva opera di razionalizzazione e di consolidamento del sistema, mettendo al centro una decisa regia politico/strategica che, per noi, è chiaramente mancata. Di per sé una operazione di fusione tra banche migliora i ratios sia per rivalutazione di asset, ma, se si accompagna a un forte progetto industriale, anche per la crescita delle prospettive reddituali; ciò induce il mercato a valutare con favore l'immissione di nuove risorse, consentendo di aumentare il capitale di migliore qualità. La questione della profittabilità è quindi centrale, venendo a dipendere dal mix capitale/lavoro più adatto al business. E qui ci si imbatte in una di quelle peculiarità italiche, di cui siamo gelosissimi e convinti della loro bontà al punto da volerle esportare a tutta Europa, la quale, al contrario, non è tanto propensa ad accoglierle.
Si tratta della base sociale di ben nove delle 15 banche che abbiamo affidato alle cure dirette di Francoforte: tutte a base cooperativa e quindi a) difficili da far aggregare sia come preda che come cacciatore, b) a ridotta redditività, stante le politiche distributive fortemente dispersive loro tipiche.
Quindi a ciascuno il suo. Se le grandi banche continentali hanno usato la finanza per lenire le pene di Basilea e le due principali banche italiane hanno modificato il mix delle attività di bilancio, riducendo il credito all'economia rispetto ai titoli di stato, le altre banche italiane, in specie quelle contrassegnate da siffatte peculiarità/debolezze di governance, avrebbero dovuto prepararsi meglio e in tempo prima di presentarsi allesame di questi ultimi mesi. Invece sono andate avanti come se nulla fosse, pensando che sarebbero state sufficienti operazioni sul capitale da approntare all'ultimo minuto. A qualcuna è andata bene, ad altre meno, avendo superato la prova davvero per il rotto della cuffia. Le eccedenze di poche decine di milioni dopo le misure di rafforzamento varate da 4 banche su 15 lasciano facilmente prevedere che la loro propensione al rischio di credito sarà in futuro praticamente nulla: Veneto Banca eccedenza 24 milioni di euro, Popolare di Sondrio 26, Popolare di Vicenza 30 e Credito Valtellinese 50 (quest’ultima poi uscita dalla lista perché, al termine dei conteggi, non in possesso dei parametri dimensionali previsti). A queste sono da aggiungere MPS e Carige con i noti, cospicui deficit. Ma sta di fatto che per tutti, mercato in testa, la valutazione che conta era quella misurata alla partenza, dove nessuna banca dei grandi paesi europei si è fatta cogliere impreparata. Le nove italiane, su 25 bocciate, sono infatti rimaste in compagnia di banche greche, slovene, cipriote....
E ora?
Pensavamo, prima di conoscere i risultati finali, che il sistema bancario si sarebbe diviso tra banche assoggettate alla vigilanza diretta della Bce – cioè tutte le 15 esaminate - e le restanti assoggettate alla vigilanza indiretta cioè tutte le banche locali, le piccole popolari e le bcc e compagnia cantante. Si scommetteva insomma che gran parte del sistema si assicurasse lEuropa e la vigilanza comune.
Sappiamo invece oggi che il treno su cui viaggiano le nostre banche ha tre classi e non due. In prima viaggiano le due banche maggiori fermamente ancorate al mercato europeo, in seconda banche medie, alcune delle quali presentano difficoltà strutturali avendo superato di poco e con grande sforzo il passaggio europeo, in terza classe, infine, tutte le restanti istituzioni. In seconda e terza classe troviamo banche davvero problematiche i cui nomi sono cronicamente sulla stampa quotidiana anche per essere, alcune di esse, commissariate. Una sola operazione di aggregazione, peraltro tra banche interprovinciali, è stata nel frattempo annunciata. Anzi i pur limitati superamenti degli stress test fanno, un po' spavaldamente, dire ad alcuni esponenti aziendali di essere in grado di proseguire la loro strada in piena autonomia. Anche questo ci spinge ad affermare che non abbiamo ancora imparato la lezione che, in situazioni come quella descritta, non si possa procedere caso per caso, riconoscendo una buona volta che, trattandosi di criticità a più ampio raggio, occorre una visione di insieme e una forte azione di politica creditizia. Questo è l'auspicio che chi scrive si sente di formulare, avendo anche ben presenti i ripetuti, quasi noiosi, richiami al localismo bancario, considerato un po' acriticamente, assoluto fattore di distinzione e di sviluppo del paese. Quel tempo, che ci ha comunque portato ad avere un sistema configurato come l'attuale senza considerarne gli elevati costi impliciti ed espliciti, è passato da un pezzo. E forse è anche il momento che una spinta alla sua rapida riconversione diventi istanza politica, per suffragare le speranze di una ripresa economica ancora di la' da venire. Riconoscere l'esistenza di una questione bancaria fa parte del mosaico da ricomporre.
Circolava in questi giorni a Francoforte un aneddoto riferito a un alto funzionario della vigilanza europea che, di fronte alla lista delle 15 banche italiane, pensava che vi fosse un errore, dato che nella piccola città di Sondrio (50.000 abitanti) risultavano coesistere ben due banche popolari aventi rilevanza sistemica.
Gli è stato risposto che non c'era nessun errore.
Se non fossimo stati sufficientemente netti, lo ripetiamo. Noi pensiamo fermamente che per le banche della II e III classe sia indifferibile procedere ad aggregazioni e fusioni intorno a credibili progetti industriali affidati a una nuova classe dirigente che punti sulla tecnologia e risponda professionalmente a strutture proprietarie meno farraginose e complesse. Forse solo a queste condizioni potranno riprendere adeguati flussi di credito a favore dell'economia.
Ma già, dimenticavamo che da ieri, 4 novembre, le responsabilità di vigilanza sono ormai saldamente in mano alla BCE!



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