Diciamo subito che la Cassazione non era affatto obbligata dalla legge a dichiarare prescritto il reato di disastro colposo per
il patron dell’Eternit Stephan Schmidheiny, condannato in primo e
secondo grado per la morte da amianto di 2154 persone (bilancio
parziale). Anziché allinearsi alla richiesta del Pg Jacoviello, noto
annullatore di processi eccellenti, e dell’avvocato Coppi, sempre molto
fortunato al Palazzaccio quando fa certi incontri, la Corte poteva
sposare l’interpretazione alternativa data dal Tribunale e dalla Corte
d’appello di Torino, che con due sentenze molto ben motivate avevano
spiegato come il disastro provocato dall’amianto, rimasto a lungo
latente e poi esploso con effetti che semineranno malati e morti per
tanti decenni ancora, non può cristallizzarsi – come invece ritiene la
Cassazione – all’istante in cui le fibre del minerale-killer smisero di
depositarsi sul terreno con la chiusura della fabbrica di Casale nel
lontano 1986 (ragion per cui il reato, pur accertato, si sarebbe estinto
addirittura prima del processo, che dunque non avrebbe dovuto neppure
cominciare). Insomma, come scrive Vladimiro Zagrebelsky su La Stampa (clicca qui) ,
c’era un’altra “scelta, ragionata e seriamente argomentabile, tra
un’interpretazione che metteva d’accordo diritto e giustizia e un’altra
che proclamava summus jus summa injuria”. I giudici hanno imboccato la
via più facile, e anche più comoda dinanzi al potente di turno. E,
trattandosi della Cassazione, non c’è rimedio al loro eventuale errore:
per convenzione, l’ultimo giudice che si alza è quello che ha ragione.
Ma c’è qualcosa di ancor più odioso della sentenza Eternit: il commento furbastro di Matteo Renzi:
“Cambieremo le regole della prescrizione e faremo in modo che i
processi siano più veloci”. Intanto denota un’ignoranza sesquipedale del
caso Eternit: se la Cassazione ritiene che il processo non sarebbe
dovuto neppure iniziare, la sua durata non c’entra nulla. E poi il tempo
dei “faremo” è scaduto da nove mesi: da quando Renzi smise di essere
outsider e diventò premier. Che la prescrizione non rientri fra le sue
priorità fu chiaro fin da subito, anzi da prima che entrasse a Palazzo
Chigi: precisamente dal 18 gennaio 2014, quando siglò il Patto del
Nazareno con il recordman mondiale delle prescrizioni. Poi quando
accettò che Napolitano gli depennasse il nome di Gratteri dal ministero
della Giustizia. Quando rinviò a settembre la riforma della giustizia
promessa per giugno. E infine quando firmò due decreti per altrettante
scemenze, cioè le ferie delle toghe e alcune regolette inutili del
processo civile, avviando invece le cose serie (prescrizione,
anticorruzione, autoriciclaggio ecc.) sul binario morto dei disegni di
legge. Che, come tutti sanno, non passeranno mai perché B. non vuole.
Come spiega Davigo sull’ultimo Micromega (leggi qui) ,
la prescrizione non è l’effetto dei processi lunghi: ne è la causa
principale, perché incoraggia i ricorsi dilatori e le perdite di tempo
degli imputati ricchi e dei loro avvocati specialisti in criminalità
& impunità. Un pilastro della Costituzione materiale di quest’Italia
marcia, che consente a centinaia di politici, amministratori,
imprenditori e finanzieri di riunirsi in Parlamento e nei Cda anziché
nell’ora d’aria. Il timidissimo ddl Orlando, ove mai fosse approvato,
non cambierebbe una virgola dello sconcio, che dipende da due fattori
nemmeno sfiorati dal ministro della Giustizia: in Italia la prescrizione
parte quando il delitto viene commesso, non quando viene scoperto; e –
caso unico al mondo – non si ferma mai, nemmeno dopo due condanne di
merito alla vigilia del giudizio di legittimità in Cassazione, e neppure
quando uno patteggia la pena (e poi fa ricorso contro la sanzione da
lui stesso concordata).
Quindi le chiacchiere stanno a zero: se
Renzi vuole avere titoli per parlare, faccia subito un decreto per
bloccare la mannaia della prescrizione al momento del rinvio a giudizio,
come in tutti i paesi civili. Se il Pd è una cosa seria, troverà in
Parlamento i voti dei 5Stelle e di Sel per convertirlo in legge. I
requisiti di necessità e urgenza, se non li capisce da sé, se li faccia
spiegare dai parenti dei morti ammazzati dall’Eternit.
Marco Travaglio (Jack's Blog - Il Fatto Quotidiano - 21 novembre 2014)
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