sabato 10 gennaio 2015

“Annamo ar bar”

Vauro immagina i vignettisti di Charlie Hebdo che, appena saliti nel paradiso islamico, si trombano tutte le vergini promesse ai kamikaze. A noi piace figurarceli affacciati a una nuvoletta mentre sghignazzano rivedendo il raid che li ha portati all’altro mondo. Una tragedia che solo la pietà e il politically correct ci impediscono di guardare con gli occhi della satira. Una scena a metà fra I soliti ignoti con Totò, i film dell’ispettore Clouseau con Peter Sellers e quelli di Louis de Funès tipo Tre uomini in fuga, Sei gendarmi in fuga e la serie di Fantomas.
Mentre in Italia i soliti esperti prêt-à-porter di nonsisachè, assisi h24 nei talk show con le piaghe da decubito, esaltavano il commando “perfettamente addestrato” e “altamente professionale”, il non plus ultra dell’efficienza terroristica e della “geometrica potenza”, si scopriva che i due macellai di boulevard Richard Lenoir avevano, nell’ordine: sbagliato il numero civico dell’obiettivo, perso una scarpa durante la fuga e infine lasciato una carta d’identità sull’auto abbandonata. Come a dire alla polizia francese: se non ci prendete subito siete proprio una civiltà inferiore; o volete pure un selfie? 
I gendarmi, dal canto loro, facevano di tutto per eguagliare e persino superare l’imperizia del commando, buono solo a sparare col kalashnikov su cittadini inermi (e ci mancherebbe pure), infilando una serie di errori da prima elementare del corso di perfetto poliziotto. In questo aiutati dagli agenti segreti più fantozziani della storia. Nessun servizio di osservazione sul prode Cherif che già nel 2005 annunciò a France3 l’intenzione di farsi esplodere, poi fu fermato in partenza per la Siria con destinazione Iraq, poi fu condannato a 3 anni e dopo 18 mesi uscì. Niente camionetta dinanzi al giornale più a rischio di Francia. Al primo allarme, l’invio di un agente in bicicletta. Poi la scelta di affidare le indagini alla Polizia anziché all’Antiterrorismo. Infine la figuraccia mondiale di 88 mila uomini che per un paio di giorni non riescono a stanarne due. E così abboccano a un vecchio trucco-diversivo da serie tv (vedi Homeland) e lasciano sguarnita Parigi, dove il terzo uomo (con fidanzata) uccide una vigilessa e completa l’opera indisturbato nel market ebraico. Intanto i servizi segreti del geniale Hollande, affidati a Clouseau o all’ispettore Dreyfus (quello che si pugnala col tagliacarte e si amputa un dito col trinciasigari), danno la colpa alla Cia. Poi ammazzano tutti e morta lì. 
Una collezione di cialtronerie che i vignettisti in paradiso staranno immortalando per un numero speciale di Charlie Hebdo. Se poi Lassù arrivasse il segnale delle tv italiane, ne verrebbe fuori un almanacco extralarge. Il presunto ministro Alfano che annuncia “una legge per punire quelli che intendono arruolarsi per diventare terroristi” (già al lavoro battaglioni di mentalisti e fattucchieri esperti nella lettura del pensiero). Giuliano Ferrara che ha la soluzione pronta: “Impiccare quel panzone del califfo e mandare 2-300 mila uomini a bombardare l’Isis” e, si presume, si offre volontario per il primo sgancio. Il noto islamologo Matteo Salvini che spiega a Sky come l’estremismo musulmano derivi “da un’errata interpretazione della Torah” (il libro sacro degli ebrei che lui confonde col Corano, forse per qualche reminiscenza nibelungica del dio Thor, figlio di Odino, nel cui culto furono maritati da appositi druidi padani il Calderoli e il Castelli). E poi, meraviglia delle meraviglie, Pigi Battista che sul Corriere addita Vauro (ma pure Saramago, Ellekappa, Chiesa e Ruotolo) come nemico di Charlie Hebdo per aver osato criticarne alcune vignette “islamofobe” che “possono provocare reazioni violente”. Ergo – ammonisce il Battista – “chi criticò nel 2006 si astenga ora dalla virtuosa identificazione con le vittime del massacro”. Peccato che nel 2006 anche un giornalista del Corriere invocasse “un supplemento di attenzione per scorgere qualcosa di repellente in quelle vignette”. Indovinate chi era? Pigi Battista. Il bue che dà del cornuto all’asino. Anzi, viceversa. Mentre a Parigi si spara al grido di “Allah akbar”, Roma risponde e pie’ fermo: “Annamo ar bar”. 

 

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