domenica 4 gennaio 2015

Regali di Natale: Con viva e vibrante soddisfazione, reciterebbe Crozza, eccovi "IL LODO NAZARENO"



IL LODO NAZARENO 

Per dire quanto poco siamo prevenuti, ieri avevamo deciso di pubblicare per oggi su questa colonna un articolo intitolato: “Renzi ha ragione”, o “Bravo Renzi”, o ancora “Forza Matteo”. Non per i suoi virtuosismi sciistici sulle nevi di Courmayeur, già magnificati a dovere dall’agenzia Ansa-Stefani, ma per la battaglia contro l’assenteismo nel pubblico impiego, annunciata su twitter con i toni giusti, senza la petulanza offensiva di Brunetta, che provò a far qualcosa ma rovinò tutto con le solite scalmane demagogiche. Poi ci ha chiamati un amico e ci ha messo una pulce nell’orecchio, a proposito del nostro titolone di ieri sulla denuncia del sottosegretario Zanetti riguardo al codicillo salva-evasori infilato da una manina di Palazzo Chigi (all’insaputa del ministero dell’Economia) nel decreto fiscale varato alla vigilia di Natale: “Ma lo sai perché e per chi lo fanno?”. Ma per il solito, per Berlusconi.
Tenetevi forte, perché questa è strepitosa. Il Caimano è stato condannato il 1° agosto 2013 a 4 anni per frode fiscale. Una sentenza che gli è costata pochissimo sul piano penale (mezza giornata a settimana a Cesano Boscone per nove mesi e 10 milioni di euro da rifondere all’Agenzia delle Entrate), ma moltissimo da quello politico: 2 anni di interdizione dai pubblici uffici, 6 anni di ineleggibilità e decadenza immediata da senatore in base alla legge Severino. Che cosa prevede la nuova legge penale tributaria, in base al codicillo-colpo di spugna (art. 19-bis)? Che i reati fiscali di evasione e frode sono depenalizzati se l’Iva o l’imposta sul reddito evasa non supera “il 3% rispettivamente dell’imposta sul valore aggiunto o dell’imponibile dichiarato”. Una vastissima area di franchigia regalata a evasori e frodatori al riparo da procure e tribunali. Ora, B. è stato condannato per aver frodato il fisco per 7,3 milioni: 4,9 sul bilancio Mediaset del 2002 e 2,4 su quello del 2003. Tutto il resto della monumentale frode fiscale (368 milioni di dollari) con film comprati dalle major americane a prezzi gonfiati e rimbalzati su una serie di società offshore occultamente controllate da lui o da prestanome fra il 1995 e il ’98, si è prescritto. Ma, alla mannaia del fattore-tempo, accelerata da varie leggi ad suam personam (falso in bilancio, condoni fiscali ed ex-Cirielli), sono scampati gli effetti fiscali “spalmati” sugli ammortamenti delle due annualità contabili.
Ora che Renzi, o chi per lui (a proposito: di chi è la manina?), ha inventato il salvacondotto del 3%, la domanda è semplice: quella frode residua è sopra o sotto il nuovo tetto? La risposta, nell’era del Patto del Nazareno, è scontata: sotto, e di parecchio. Il calcolo è presto fatto. Negli anni 2002 e 2003 Mediaset dichiara un imponibile di 397 e di 312 milioni e B. ne froda 4,9 e 2,4. Che corrispondono all’1,2 e allo 0,7%, ben al di sotto della soglia del 3% di non punibilità. Ergo, in base alla retroattività delle norme penali più favorevoli (favor rei, art.2 Codice penale), “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”. Grazie a una legge fascista, la n. 4/1929, il favor rei in materia fiscale e finanziaria non valeva: ma il centrosinistra, con la norma fiscale n.507/1999, la cancellò 15 anni fa. È già accaduto a Romiti, De Benedetti e Passera, condannati definitivamente per falso in bilancio: nel 2003, dopo la controriforma berlusconiana che lo depenalizzava, chiesero un “incidente di esecuzione” alla Corte d’appello, che non potè che revocare le loro condanne. Anche B. dunque potrà ottenere la cancellazione della sua, per una frode che non è più reato. E, se evapora la condanna, spariscono anche decadenza, ineleggibilità e interdizione. Così alle prossime elezioni potrà ricandidarsi, lindo come giglio di campo. Quando ce l’hanno raccontato, stentavamo a credere che Renzi potesse arrivare a tanto. Ma, come diceva Montanelli, di certi politici non si riesce mai a pensare abbastanza male. 



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VIOLANO LA CARTA : SE SEI RICCO PUOI EVADERE

Che si tratti di un regalo a B è fuor di dubbio. Perché, a certi livelli, l’ignoranza non è credibile. Si tratta del decreto attuativo della delega fiscale che arricchisce di una nuova soglia i reati fiscali: per commetterli bisogna che l’imposta evasa sia superiore al 3 % dell’imponibile o dell’IVA dovuta.
E che problema c’è, la legge penale tributaria già prevede soglie di punibilità al di sotto delle quali il reato non c’è. Soglia più, soglia meno… Invece il problema c’è, eccome. Perché le soglie sono differenti a seconda della gravità dei reati cui si riferiscono: la dichiarazione infedele ha una soglia di 50.000 euro, la frode fiscale di 30.000. Insomma, quanto più astute e pericolose sono le modalità con cui si evade, tanto più è giusto che l’evasore sia assoggettato a processo penale. Ma, nel progetto di Renzi&C, non si distingue tra i diversi reati: la nuova soglia li riguarda tutti, chi si limita a mentire e chi fa uso di fatture o altri documenti falsi.
E poi perché le soglie hanno uno scopo preciso, reso necessario dalla ferma determinazione degli italiani a frodare il Fisco: evitare di dover celebrare un numero sterminato di processi, anche per evasioni di modesta entità. Ma siccome tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, l’ammontare dell’evasione oltre la quale si è assoggettati a processo penale è uguale per tutti. Per questo le soglie esistenti sono oggettive, anche nel caso della soglia parametrata agli elementi attivi conseguiti nell’anno: i ricavi non sono reddito, debbono essere diminuiti dei costi. Vero, i costi possono variare da contribuente a contribuente, ma ad alti ricavi corrispondono in genere alti costi. E la percentuale della mancata indicazione di elementi attivi è uguale per tutti. Il sistema non è perfetto, ma non si è trovata soluzione migliore per evitare il processo penale a fattispecie di minima rilevanza.
Ma la nuova soglia è diversa: qui la percentuale è calcolata sul reddito. Più si è ricchi, più si può evadere senza correre il rischio del processo penale. Nel 2002 B ha evaso 4,9 milioni e, nel 2003, 2,4; ma, nel 2002, ha dichiarato un reddito imponibile di 397 milioni e, nel 2003, di 312. Per essere punito avrebbe dovuto evadere 11,9 milioni nel 2002 e 9,36, nel 2003. Un “poveretto”, che avesse evaso le stesse somme ma guadagnando “solo” 150 milioni nel 2002 e 200 nel 2003, sarebbe invece condannato e marcirebbe in prigione (si fa per dire). Invece B, in applicazione dell’art. 673 del codice di procedura, sarà solennemente riabilitato . L’irragionevolezza di considerare penalmente irrilevante l’evasione fiscale quanto più è ricco quello che la commette si commenta da sola. La stupidità di progettare una legge che dovrebbe essere bocciata in Commissione Affari Costituzionali, che non dovrebbe essere firmata dal Presidente della Repubblica e che, siccome queste due eventualità non si verificheranno certamente, la Corte Costituzionale scoperà via dall’ordinamento per flagrante violazione dell’art. 3 della Costituzione, è manifesta. L’arroganza di perseguitare i cittadini con una pressione fiscale micidiale e di processarne alcuni per evasioni che sono 10, 100, 1000 volte inferiori ad altre che si “perdonano” è intollerabile. Eppure questa gente sfrutta il potere che hanno conquistato per favorire amici e amici degli amici. Si chiama abuso d’ufficio; ma non se ne ricorda nessuno.

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