giovedì 26 marzo 2015

Bisogna aiutare Matteo a difendersi da se stesso

Di fatti politici ed economici ne sono in questi giorni avvenuti quantità innumerevoli ed anche di fatti di cronaca, uno dei quali, quello dell'aereo caduto sulle Alpi francesi, ha trascinato l'opinione pubblica di tutta l'Europa nel mondo dell'orrore e della disperazione.

Insieme ai fatti ci sono i personaggi protagonisti, quelli che non sono identificabili con un solo avvenimento ma con una serie che copre un periodo, guida un percorso, adotta una strategia. Quelli che più ci interessano operano sulla scena italiana ed europea. Non sono molti, è ovvio: i protagonisti tengono la scena riducendo gli altri al ruolo di comprimari o addirittura di comparse. Per capire il meglio possibile ciò che sta avvenendo dobbiamo dunque identificarli, per scriverne pregi e difetti, eventualmente proporre i possibili rimedi, cercando a nostra volta un possibile Virgilio che ci aiuti nel viaggio.

Io quel Virgilio lo indicai già domenica scorsa. Si discuteva del rapporto tra governo e pubblica amministrazione e feci il nome di Marco Minghetti. Visse e scrisse (e governò) 150 anni fa, e credo che come tutti i maestri sia ancora di attualità. Tra le tante cose che disse c'è una frase che trovo molto significativa: "Napoleone governò per vent'anni la Francia e il suo fu un governo che ammodernò il Paese e tutelò l'eguaglianza ma non la libertà e perciò ebbe più difetti che virtù". Ecco, già queste righe mi confermano nell'idea che è un buon Virgilio.

Il personaggio che oggi mi sembra opportuno esaminare è Matteo Renzi. In poco più di due anni è passato dal ruolo di comparsa a quello di protagonista. Quindi ha se non altro i pregi dell'innovazione, del coraggio e della volontà. Queste doti gli hanno consentito d'essere alla testa del Partito democratico, di farne il più forte partito italiano e portare lui alla guida del Paese. È ispirato dal desiderio d'essere giovevole agli italiani, molti dei quali ripongono in lui la fiducia e quell'obiettivo ha già cominciato a realizzarsi e in tempo breve lo raggiungerà pienamente. Naturalmente ha anche molti avversari e ancora di più molti perplessi che attendono risultati che ancora non vedono.

Attendendo si astengono dal voto o lo danno ad un movimento (quello di Grillo) che equivale da tutti i punti di vista ad un'astensione fortemente critica. Se si sommano insieme i grillini e gli astenuti così come sono registrati dai vari sondaggi, si astiene più o meno il 60 per cento degli elettori. Quindi la partita che Matteo Renzi sta giocando ha come terreno il 40 per cento degli aventi diritto al voto, ma di quelli che andranno alle urne, ivi compresi i grillini che votano ma non giocano.

Questa è dunque la situazione. Dimenticavo però di dire che un altro elemento fondamentale di Renzi è il suo Narciso. L'amore per se stessi c'è in tutti gli umani e particolarmente in quelli che si occupano professionalmente della conquista del potere. Qualunque potere, quello politico e quello economico in particolare e spesso quei due poteri sono affiancati. Renzi ama molto se stesso, ma questo è normale. Resta solo da sapere se quest'amore non disturba il suo desiderio di giovare agli altri.

Il mio Virgilio a questo proposito dice che "l'uomo mira all'utile proprio e non all'altrui, anzi è pronto a immolare questo a quello. L'uomo singolo, come l'unione di molti e ogni classe della società e ogni corporazione tendono sempre a esorbitare, uscendo fuori dalla sfera dei loro diritti per invadere gli altrui ". Ma poi concede che questo principio illegittimo può essere contenuto dall'intelligenza di chi governa e vuole essere di giovamento agli altri sicché tiene per la briglia il suo Narciso affinché gli altri gli rinnovino la fiducia e rafforzino il suo ruolo di protagonista.

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Io credo che questo progetto corrisponda alla politica di Renzi e quindi possa essere di qualche giovamento anche al Paese. Ma è dunque indispensabile per produrre questi effetti per lui positivi che il potere effettivo si concentri nelle sue mani. Questo spiega molte cose, la prima delle quali è un progressivo indebolimento dei vari ministeri e la costruzione di uno staff a palazzo Chigi capace di determinare le linee concrete dell'azione governativa. La prova più recente è quella del suo interim al ministero delle Infrastrutture e Trasporti che doveva durare pochi giorni e durerà invece più a lungo, almeno fino a quando Renzi non lo avrà completamente disossato; lo scheletro rimane ma la polpa se la porta alla presidenza del Consiglio.

Così si spiega anche l'abolizione del Senato e soprattutto dei senatori che non saranno scelti dal popolo ma dai consigli regionali. L'effetto come più volte abbiamo sottolineato è la costruzione d'un sistema monocamerale con una Camera in gran parte "nominata" dal segretario del partito di maggioranza, il che significa che il governo ha la Camera a propria disposizione e non viceversa come in teoria la democrazia parlamentare prevede.

Questo sistema risulta ulteriormente aggravato dal fatto che la legge elettorale denominata Italicum è dominata dal principio della governabilità mentre non trova spazio alcuno il principio di rappresentanza; l'effetto di tutto il sistema che abbiamo considerato è evidentemente quello di evocare la tentazione dell'autoritarismo. Non è detto che si ceda a questa tentazione ma certo ne esistono tutte le condizioni perché il solo freno a questa deriva resta il capo dello Stato. Un freno tuttavia limitato ai poteri arbitrali di cui il presidente della Repubblica dispone, basati certamente sulla Costituzione come principio ma in pratica sulla legislazione ordinaria la quale ultima è in larga misura nelle mani del presidente del Consiglio date le tante circostanze qui ricordate.

In questo quadro si iscrive anche l'eventuale conquista della Rai. Che una riforma della maggiore istituzione culturale del Paese sia opportuna, se non addirittura necessaria, è evidente ma non dovrebbe avere come elemento fondamentale il passaggio dei poteri dal Parlamento e quindi dai partiti al governo. La nomina dell'amministratore delegato dell'azienda, dotato di poteri quasi assoluti, è formalmente del consiglio d'amministrazione ma nella pratica non è così anche perché quel consiglio è di fatto nominato  -  come del resto è giusto che sia  -  dal governo e in teoria dal ministro dell'Economia che ha la completa proprietà dell'azienda. L'ideale sarebbe affidare la scelta dei consiglieri d'amministrazione e dell'amministratore delegato ad una Fondazione composta da persone non politiche ma autorevolissime per i meriti acquisiti nei vari campi del loro interesse culturale. La Bbc inglese è per l'appunto sotto la tutela di una fondazione di questo tipo che le consente piena libertà d'azione. È sperabile che la legge opti per questa soluzione, ma è un auspicio che sicuramente non sarà raccolto.

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Il tema della corruzione è un altro con i quali il governo dovrà misurarsi, anzi ha già cominciato. Il mio Virgilio ne sa assai poco di questo tema: lui fu uno dei dirigenti della Destra storica e nella fase in cui fu la destra a governare la corruzione era pressoché assente dalla società e dallo Stato. Oggi la corruzione è un malanno molto diffuso, dovunque nel mondo e in Italia in particolare. Su questo tema mi dovrò ripetere perché non solo io ho già scritto più volte ma altri come e meglio di me: intellettuali "disorganici", operatori, esperti e politici di buon conio (rari).

La prima distinzione da fare è tra il reato penale (le cui pene sono state aumentate nel disegno di legge in discussione) e il codice etico che dovrebbe essere applicato dalla pubblica amministrazione attraverso le necessarie inchieste effettuate anzitutto sulla medesima pubblica amministrazione e poi anche dal consiglio della magistratura per quanto lo riguarda e dal governo sui suoi membri. Quello che abbiamo chiamato codice etico si può anche chiamare con più chiarezza un peccato e la distinzione è dunque fra il peccato e il reato. La punizione del peccato non può prevedere restrizioni della libertà personale ma semplicemente sospensione o rimozione dall'incarico e relativa denuncia, ove ne ricorrano gli estremi, alla magistratura. Per il reato vale il principio della presunta innocenza fino a sentenza definitiva, per il peccato questo principio non vale e quindi una volta acquisiti i risultati delle varie inchieste, la punizione può e deve avvenire subito, come del resto è avvenuto nel caso Lupi. Si continua dunque a non comprendere le ragioni per le quali nel governo esistano ancora quattro persone che mantengono la loro attività governativa nonostante siano oggetto di indagine giudiziaria. E non si comprende neppure perché esistano dei candidati del Partito democratico per i quali ricorrono tutti i requisiti del "peccato" (ovviamente anche i partiti debbono indagare sugli eventuali peccati dei loro membri).

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Un altro rimedio per diminuire il rischio d'un governo che abbia una vocazione autoritaria riguarda la creazione di corpi intermedi e su questo tema il mio Virgilio la sapeva lunga: "Ministri, senatori, deputati e uomini politici di ogni sorte hanno una tendenza ad insinuarsi nella giustizia e nell'amministrazione per trarne profitto per se medesimi e per gli aderenti ai loro partiti per mantenere il governo nelle proprie mani. Codesto pericolo che spunta sempre dove il governo di partito cresce e giganteggia si svolse storicamente per una serie lunga e non interrotta di ampliamenti e di adattamenti. Ma il vero rimedio è quello di creare o favorire le istituzioni autonome, gli enti morali e le associazioni che tengano insieme una parte dei cittadini. Con cittadini disgregati ogni conato di resistenza sarà vano ed è per questo che le democrazie sgranate si acconciano facilmente ad un padrone e purché egli rispetti l'eguaglianza, calpesti a suo talento la libertà. L'associazione, organizzandole, raddoppia le forze dei singoli che la compongono, le disciplina e le prepara a resistere ad ogni usurpazione. Ho sovente considerato quanto poco ci siano istituzioni del genere in Italia rispetto a tutti gli altri Paesi d'Europa ".

Questi corpi intermedi che il Minghetti auspicava poiché ne sentiva la mancanza già all'epoca sua, dovrebbero dare oggi in Italia maggior peso alle forze sindacali che rappresentano gli interessi di categorie e le tutelano attraverso i contratti ma hanno anche un interesse politico per rafforzare i diritti dei lavoratori. A questo proposito è interessante la nascita della Coalizione sociale la quale ha promosso ieri una manifestazione nelle strade di Roma per iniziativa del sindacato Fiom e alla quale ha partecipato anche tutta la segreteria della Cgil. Quell'associazione si propone di rappresentare i lavoratori non più per categorie né per luoghi di lavoro né con modalità contrattuali ma di fare in modo che la politica generale del Paese tenga conto del lavoro e dei lavoratori come del resto è previsto addirittura nel primo articolo della nostra Costituzione.

D'altra parte i sindacati hanno sempre partecipato alla politica generale dai tempi di Lama, di Trentin, di Cofferati e dei loro successori. Da questo punto di vista la concertazione costruita da Amato, da Ciampi e da Prodi fu uno dei passaggi fondamentali che consentì la creazione della moneta comune europea con la partecipazione fin dall'inizio dell'Italia. Era stata ottenuta attraverso una politica di moderazione salariale che fu riconosciuta più volte nelle conclusioni finali che ogni anno il governatore della Banca d'Italia legge nell'assemblea generale dell'istituto. Bisognerebbe dunque che questi corpi intermedi e in particolare quelli dei lavoratori fossero sviluppati e opportunamente riconosciuti.

C'erano alcuni altri temi molto importanti da trattare fin da oggi, di politica estera, di terrorismo, dell'andamento dell'economia e della congiuntura. Ne parleremo nel prossimo futuro. Per ora mi limito ad attirare l'attenzione su quello che sta accadendo sul mercato monetario. Draghi sta portando l'Europa fuori dalla deflazione e sta favorendo in ogni modo una ripresa del finanziamento delle banche alla clientela, un aumento della domanda interna e delle esportazioni e quindi dell'occupazione. L'ho già scritto una volta ma lo ripeto. Meno male che Draghi c'è.

Eugenio Scalfari (La Repubblica - 29 marzo 2015

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