Il Presidente del Consiglio
italiano sta litigando con il governo dell'Europa sulla nostra legge
finanziaria che, dopo essere votata dal Parlamento di Roma, dovrà essere
approvata dalla Commissione di Bruxelles? E il presidente del Consiglio
italiano ha cambiato la sua politica estera e militare sul fronte di guerra del
Medio Oriente? E ancora: sta cambiando anche la politica sociale e quella
economica? Infine: è cambiato anche il rapporto politico e la raccolta del
consenso tra il premier e il suo partito del quale è segretario?
Sono quattro domande non da
poco. Interessano la classe politica, il business , i lavoratori, i
contribuenti, gli elettori; insomma i cittadini del nostro Paese ed anche
dell'Europa della quale siamo parte integrante.
Una serie di cambiamenti di
questa natura non avvenivano in Italia da molti anni e Matteo Renzi che del
cambiamento ha fatto l'elemento essenziale del suo programma può andarne
orgoglioso: il cambiamento è cominciato da quando si è insediato a Palazzo
Chigi estromettendo Enrico Letta con una vera e propria pugnalata; sono passati
quasi due anni e il cambiamento continua e continuerà.
Gli italiani
sono più felici? No, sicuramente no. A causa dei sacrifici imposti dalla
recessione economica che ha colpito il nostro Paese ma anche l'Europa,
l'Occidente e il mondo intero? Sì, è questa la causa principale (ma non la
sola) del nostro malcontento.
Ne danno a
Renzi la colpa? Al contrario: la maggior parte dei cittadini non sa chi
incolpare, oppure ne dà la responsabilità alla casta politica; una minoranza
crescente ne dà colpa alla Germania e/o ai migranti. Anche a Renzi? No, a Renzi
no.
Questo è lo
sfondo della scena che ci interessa oggi affrontare. Lo scontro tra Renzi e
Bruxelles è il fiammifero che ha acceso il fuoco e la legna è molta. Speriamo
che il fuoco non diventi incendio perché i pompieri capaci e disponibili sono
molto pochi.
***
Il nostro
giornale ha pubblicato ieri un sondaggio mensile compiuto dall'istituto Demos sull'orientamento
politico dei cittadini. Le domande e le risposte sono molte ma Ilvo Diamanti
che ne è l'autore coglie l'essenza del sondaggio con queste parole: "Il
consenso a Renzi si rafforza da un mese all'altro, ma quello verso il suo
partito diminuisce".
Sembrerebbe
un'incomprensibile contraddizione, invece spiega con esattezza quello che sta
avvenendo: tra i vari cambiamenti di Renzi c'è l'aumento del consenso al centro
e a destra. La lite con l'Europa lo porta addirittura a ridosso dei movimenti
antieuropei. Queste simpatie politiche vanno alla persona ma non certo al Pd
che resta un avversario da battere.
Siamo dunque in
presenza di un fenomeno di trasformismo che è tipico della politica in genere e
di quella italiana in particolare.
Il trasformismo
è storicamente il nucleo della nostra politica, lo fu fin dalla caduta della
Destra storica nel 1876 e da allora ha sempre contraddistinto la nostra storia:
Francesco Crispi, Giovanni Giolitti, perfino Mussolini e poi la Dc e poi
Berlusconi.
Ora Renzi e con
lui gran parte della classe politica che si sta orientando in suo favore
abbandonando i partiti di provenienza. Il serpente della politica cambia pelle,
i consensi verso Renzi provengono da destra; lo scopo è di cambiare pelle al Pd
o meglio alla sigla del Pd che dovrebbe diventare la nuova etichetta del
centrodestra italiano. Molti del Pd restano renziani anche se non capiscono ciò
che sta avvenendo; altri lo capiscono e sono d'accordo. Per sentirsi in pace
con la coscienza dicono che quella di Renzi è la sinistra moderna.
Ma la sinistra,
la vera essenza della sinistra, qual è? Non voglio ripetermi, ma i valori
principali della sinistra autentica e di tutti i tempi sono quelli
dell'eguaglianza, della libertà e della dignità. Il resto è trasformismo,
privilegi, clientele, malaffare. Oppure autoritarismo se non addirittura
dittatura: uno comanda, gli altri obbediscono.
In un vecchio
film interpretato da Alberto Sordi e intitolato Il marchese del Grillo Sordi
recita un sonetto orecchiando il poeta romanesco che nei suoi versi principali
suona così: "Io so io e voi nun sete un c... / sori vassalli buggeroni/ e
zitto. / Io fo dritto lo storto e storto er dritto/ e la terra e la vita io ve
l'affitto".
Mi pare che si
attaglia perfettamente al trasformismo italiano quando diventa autoritario.
***
La riforma del
Senato è finalmente passata in terza lettura. I senatori del Pd l'hanno votata
in massa con il consenso anche della minoranza inizialmente dissenziente ma poi
convinta dopo aver ottenuto un emendamento privo in effetti di qualunque
significato. I voti contrari sono stati pochissimi, le opposizioni hanno
disertato l'Aula.
È una buona
riforma? Instaura il sistema monocamerale lasciando al nuovo Senato compiti
territoriali. Naturalmente i poteri legislativi sono interamente della Camera,
così come accade in quasi tutti i Paesi d'Europa. Ma - vedi caso - la nostra è
di fatto una Camera di " nominati" dal governo, quindi i poteri
legislativi sono di fatto nelle mani dell'esecutivo.
Questa
situazione, alquanto paradossale, è stata anche rivendicata dal presidente
emerito Giorgio Napolitano, il quale, pur rivendicando la paternità di quella
riforma, ne ha però rimarcato il suo rapporto con la legge elettorale e i
difetti di quest'ultima che andrebbero secondo lui emendati. Non dice come, ma
l'avvertimento è stato da lui lanciato. Il tema è assai delicato ed è quindi
opportuno citare due passi del discorso di Napolitano.
"Ci si
avvia ormai a superare i vizi del bicameralismo paritario: le ripetitività e le
non virtuose competizioni tra i due rami del Parlamento, la sempre più grave
assenza di linearità e di certezze del procedimento legislativo anche in materie
importanti ed urgenti. Ci si avvia a poter garantire - almeno nei suoi aspetti
essenziali - quella stabilità e continuità nell'azione di governo che non può
più mancare con grave danno per il Paese in un futuro come quello che è già
cominciato. Non stiamo semplicemente chiudendo i conti con i tentativi
frustrati e con le inconcludenze di trent'anni: dobbiamo dare risposte a
situazioni nuove e ad esigenze stringenti, riformare arricchendola la nostra
democrazia parlamentare. E bisognerà dare attenzione a tutte le preoccupazioni
espresse in queste settimane in materia di legislazione elettorale e di
equilibri costituzionali. L'intento complessivo dev'essere quello di promuovere
un risanamento e rilancio del sistema delle autonomie, seriamente vulnerate da
crisi e cadute di prestigio di istituzioni regionali e locali".
Napolitano non
dice quali sono le parti da emendare della legge elettorale ma pone in
rapporto, come è giusto, fare la riforma del Senato con l'Italicum elettorale.
Molti forse reclamano di annettere al premio di maggioranza non una sola lista
ma anche eventuali coalizioni. Probabilmente sarebbe un emendamento opportuno
ma il cuore di una indispensabile riforma dell'Italicum è di impedire che sia
una legge di " nominati". Questo è il punto di fondo.
Il senatore a
vita Napolitano non è stato tuttavia il solo ad intervenire; nel dibattito in
questione è intervenuta anche la senatrice a vita Elena Cattaneo, da lui stesso
nominata un paio di anni fa. Citiamo anche questa poiché, a differenza dal suo
" nominatore", lei ha votato contro.
"In questa
riforma, cari colleghi, i vostri commenti, le vostre dichiarazioni private e
pubbliche, sono state la mia bussola. Alla domanda sul perché avremmo dovuto
votarla, la maggior parte di voi ha addotto ragioni per gran parte estranee
all'assetto costituzionale da realizzare e basate piuttosto sull'opportunità e
la contingenza politica che stiamo vivendo. Forse perché poco avvezza agli
equilibrismi politici, nell'ascoltarvi e vedere alcuni comportamenti posso affermare
con sicurezza che questo testo mi è estraneo. Oggi la mia decisione è di
astenermi, un'astensione che so essere voto contrario in questa Aula, dettata
da un senso profondo di smarrimento e dal rammarico per l'occasione perduta di
acquisire elementi migliorativi, più volte ribaditi in quest'Aula per dotare il
Paese di un assetto istituzionale in grado di fronteggiare le sfide del
presente e del futuro".
Meglio di così
non si poteva dire e fare, la senatrice a vita dimostra che non poteva
scegliere meglio anche se ha votato in modo opposto e con motivazioni opposte a
quelle del suo " nominatore".
***
Che cosa avverrà ora dell'attuale sede del Senato? Per adempiere ai suoi
compiti legislativi connessi al territorio al nuovo Senato composto da cento membri
(eletti dalle istituzioni più infiltrate dal malaffare e perfino in alcuni casi
dalle mafie vere e proprie) basterebbe mezzo piano di Palazzo Madama o meglio
ancora un piano del prospiciente Palazzo Giustiniani.
Di Palazzo
Madama, come suggerisce il nostro fantasioso Filippo Ceccarelli, si potrebbe
fare un Museo delle arti. Alcune preziosità ci sono già,
insieme ai busti dei più rilevanti uomini politici della vita italiana e del
Senato in particolare. Ma questa collezione si potrebbe ulteriormente
arricchire, come pure la biblioteca, le pareti con arazzi di importanza
artistica e storica.
A meno che il
Senato non sia interamente nominato con una decisione congiunta tra il
presidente della Repubblica, il presidente della Corte Costituzionale e il
presidente della Corte di Cassazione, e sia - il Senato - privato del potere di
dare la fiducia al governo ma conservando tutti gli altri poteri legislativi e
soprattutto di controllo. Così era il Senato del Regno che vide nei suoi ranghi
i nomi più illustri della cultura, della scienza e della politica quando i suoi
esponenti erano entrati nella loro tarda età.
Ma non credo si
arriverà mai a questo. Si tratterebbe di fare dello storto il dritto mentre
stiamo vivendo un tempo in cui si preferisce fare dritto lo storto.
Eugenio Scalfari (La Repubblica– 18 ottobre 2015)
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