Ma
chi gliel’ha fatto fare al Santo Padre di indire un Santissimo e
Straordinario Giubileo nella Città Santa proprio quest’anno? Bergoglio
sta a Roma da più di due anni, non può non conoscerne le condizioni.
Oltretutto si picca di viverla in prima persona andando a rifarsi gli
occhiali in via Condotti o entrando da semplice fedele in una qualche
chiesa o cercando ed esibendo di continuo il contatto con gli ‘umiliati e
offesi’. Non può quindi non sapere che la Città Eterna, che nel corso
dei millenni ha assorbito tutto, anche i lanzichenecchi, oggi non è più
in grado di contenere, com’è per ogni altra città d’arte, da Venezia a
Firenze, il flusso dei turisti. Come farà ad assorbire i milioni che
sono previsti in arrivo per il Santo Giubileo? L’altro giorno ero
davanti alla Fontana di Trevi. Non la si vedeva. Era letteralmente
sommersa da corpi di umani. E, dietro, altre decine, forse centinaia,
scattavano fotografie. Di che cosa? Forse dei culi di coloro che gli
stavano davanti. Non può non sapere che il sistema dei trasporti, nella
Città Santa, è al collasso.
Ma
oltre che la realtà di Roma non può non conoscere quella italiana. Anzi
la conosce benissimo. Tanto che vi ficca il naso di continuo come
quando emana una sorta di bolla contro il sindaco uscente Ignazio Marino
–cosa inaudita come, mi pare, abbia notato la sola Sabrina Ferilli- o
fa dire al suo Vicario, il cardinale Agostino Vallini, che “Il tema di
una nuova classe dirigente non è più rinviabile”. Perché non fa lo
stesso per la classe politica francese o belga o spagnola? In realtà
poiché non siamo, almeno per ora, una teocrazia, il Papa non ha alcun
diritto di intromettersi negli affari interni dello Stato italiano.
Questo vezzo è cominciato una quarantina di anni fa con un altro
Beatissimo Pontefice il ‘Santo subito’ Karol Wojtyla. Da allora il Papa e
le gerarchie ecclesiastiche non hanno perso occasione per occuparsi
della politica italiana. Wojtyla semiscomunicò la Lega perché chiedeva
l’indipendenza della Padania. Come se l’unità o meno di uno Stato avesse
qualcosa a che fare col magistero della Chiesa per quanto si voglia
estenderne le funzioni. All’epoca dei democristiani, quelli veri, simili
intromissioni non erano permesse. Perché i democristiani, almeno da De
Gasperi fino a Fanfani e dintorni, avevano il senso dello Stato. Questi
qui invece gli permettono tutto, al Papa e ai suoi.
Comunque
proprio perché è così interessato agli affari italiani Bergoglio non
può non conoscere gli scandali dell’Expo, del Mose, di Mafia Capitale,
dei consiglieri regionali rubamutande (non pretendiamo che sappia
qualcosa di Tangentopoli, allora stava beatamente, per noi, altrove) e
quindi non sapere, come sa chiunque anche chi non è Papa, quale orgia di
corruzioni, di grassazioni, di appalti truccati porterà il Santissimo
Giubileo.
“S’i’
fosse foco, ardere’ il mondo; s’i’ fosse vento, lo tempestarei; s’i’
fosse acqua, i’ l’annegherei; s’i’ fosse Dio, mandereil’en profondo;
s’i’ fosse papa, serei allor giocondo, ché tutti cristiani embrigarei;
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei? A tutti mozzarei lo capo a tondo.
S’i’ fosse morte, andarei da mio padre; s’i’ fosse vita, fuggirei da
lui: similemente faria da mi’ madre. S’i’ fosse Cecco, com’i’ sono e
fui, torrei le donne giovani e leggiadre: e vecchie e laide lasserei
altrui”.
Se fossi io, come sono e fui, il Papa lo rimanderei volentieri
ad Avignone.
Massimo Fini (Il Fatto Quotidiano, 14 ottobre 2015)
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