venerdì 19 febbraio 2016

Due anni di governo Renzi: record di voti di fiducia e più spese



Dopo i fasti di Berlusconi, Monti e Letta avevano imposto una cura dimagrante che aveva iniziato a dare i suoi frutti, col taglio di varie centinaia di milioni. Ma con l'insediamento di Renzi le cifre impegnate da Palazzo Chigi sono tornate a crescere, fino a sfiorare i 3,7 miliardi.





Matteo Renzi lo ripete come un mantra: «La fiducia è fondamentale». Di certo il suo governo ne sa qualcosa: in due anni appena l’ha chiesta alle Camere 50 volte. In media ogni due settimane. Nessuno nella Seconda Repubblica è ricorso così tanto al voto blindato che, pena la caduta dell’esecutivo, tronca il dibattito parlamentare, fa decadere gli emendamenti e impone di approvare un provvedimento così com’è, prendere o lasciare. L’unica eccezione è quella di Mario Monti, che però era alle prese con inedite larghe intese e una crisi senza precedenti: 51 volte in un anno e mezzo. Con la notevole differenza, inoltre, che moltissime fiducie furono necessarie per varare leggi difficili da digerire come la riforma Fornero (che ne richiese otto), la Severino e il Salva Italia (cinque ciascuna), il decreto Sviluppo e la riforma fiscale (quattro).
Tranne alcuni casi particolarmente delicati come l’Italicum o il Jobs, il governo Renzi l’ha invece utilizzata per una vasta platea di provvedimenti, dal Milleproroghe alle missioni internazionali, dal decreto Stadi al Giubileo, dalle carceri all’Ilva. Spesso unicamente per fare prima, dal momento che la "blindatura" è stata posta 24 volte alla Camera, dove pure la maggioranza è amplissima. In pratica un terzo delle leggi sono state approvate in questo modo, come si evince dal dossier che Openpolis ha realizzato per l’occasione e che l’Espresso presenta in anteprima.


FIDUCIA DA RECORD - CLASSIFICA DELLA SECONDA REPUBBLICA

Dopo le critiche mosse, va tuttavia riconosciuto all'esecutivo di esservi ricorso molto meno in questo secondo anno di vita: "solo" 20 volte a fronte di 91 leggi. Ma nel complesso, se si escludono le decine di trattati internazionali ratificati, una mera formalità, la percentuale supera il 50 per cento.
Stesso discorso per i decreti, che da strumento di straordinaria necessità e urgenza da tempo si sono trasformati in un mezzo ordinario. Anche in questo caso, il governo Renzi è in linea con tutti i più recenti inquilini di Palazzo Chigi, avendone sfornato in media uno ogni due settimane. Proprio come l’ultimo di Berlusconi (2008-2011), all’epoca criticato duramente dal centrosinistra.


QUANTI DECRETI

Malgrado gli annunci rottamatori rispetto alle pratiche del passato, insomma, con Renzi è aumentato lo squilibrio di poteri a favore del governo. A tutto discapito del Parlamento, che riesce a mandare in porto meno dell’1 per cento delle proposte (impiegandoci peraltro più di un anno), contro il 29 per cento dell'esecutivo. Al quale bastano invece cinque mesi per veder approvato un ddl.


TEMPO MEDIO DI APPROVAZIONE DELLE LEGGI

Contrariamente alla vulgata sulla lentezza dovuta al bicameralismo, però, le Camere hanno dimostrato di saper lavorare assai celermente sui disegni di legge del governo. Dando il via libera, quando si trattava di temi caldi come le imprese o la giustizia, nel giro di un mese e mezzo appena.


DDL DEL GOVERNO - TEMPO MEDIO DI APPROVAZIONE DEL PARLAMENTO

In ogni caso il Parlamento non riesce ad avere voce in capitolo nemmeno quando un provvedimento non è blindato. Difatti solo una minima parte degli emendamenti vengono approvati, anche come conseguenza dell’ostruzionismo, che porta a presentarne migliaia (vedi la riforma Boschi): meno del 3 per cento hanno successo se sono presentati da deputati o senatori, contro il 47 per cento di quelli del governo.


IN ALTO LE SPESE

Dopo i fasti di Silvio Berlusconi, Mario Monti ed Enrico Letta avevano imposto una cura dimagrante che aveva iniziato a dare i suoi frutti, col taglio di varie centinaia di milioni. Nel primo anno di insediamento di Renzi (il dato più recente disponibile) le cifre impegnate da Palazzo Chigi sono tornate a crescere, fino a sfiorare i 3,7 miliardi.


SPESE DI PALAZZO CHIGI

Ad aver registrato un autentico boom è il Segretariato generale, il cuore pulsante della Presidenza del Consiglio, che svolge opera di coordinamento e raccordo organizzativo tra le varie strutture: nel 2014 è costato 755 milioni, quasi il doppio rispetto a un anno prima. Fra chi è sceso in misura più significativa c'è invece la Protezione civile, con 2 miliardi e 288 milioni (168 milioni in meno, pari al 7 per cento).


UNA POLTRONA È PER SEMPRE

È tuttavia sul fronte dei posti occupati che si misurano i rapporti di forza all'interno del governo, passato in due anni da 61 a 63 poltrone fra ministri, vice e sottosegretari. E l'exploit maggiore va riconosciuto al Nuovo centrodestra, salito a 14 incarichi proprio col rimpasto attuato a ridosso del voto sulle unioni civili: due in più di due anni fa.
Un ruolo "governista a prescindere", quello di Ncd, confermato dal fatto che una gran parte dei suoi esponenti ha avuto almeno un altro incarico durante l'ultimo esecutivo Berlusconi, con Letta o con entrambi: il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, l'ex Maurizio Lupi (Infrastrutture), i viceministri Luigi Casero (Economia) e Antonio Gentile (Sviluppo economico), i sottosegretari Simona Vicari (Infrastrutture), Alberto Giorgetti (Economia), Gabriele Toccafondi (Istruzione), Gioacchino Alfano (Difesa) e Giuseppe Castiglione (Agricoltura).
Del resto lo stesso Angelino Alfano è stato ministro in tre degli ultimi quattro governi: alla Giustizia con Berlusconi e al Viminale con Renzi e Letta, di cui è stato anche vicepremier. Non male, per un partito che i sondaggi indicano a rischio sopravvivenza in caso di elezioni.

Paolo Fantauzzi (L’Espresso16febbraio 2016)

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