Oggi 13 milioni di italiani vanno ai seggi elettorali per votare i sindaci e i consiglieri comunali di 1342 Comuni, alcuni dei quali molto importanti: Roma, Napoli, Torino, Milano, Bologna, Cagliari e molti altri.
Il voto avrà
inevitabilmente un doppio significato: locale e nazionale. Avviene sempre così,
ma questa volta il senso nazionale è reso più evidente per la sua connessione
politica con il referendum costituzionale del prossimo 2 ottobre il quale a sua
volta è strettissimamente collegato con la legge elettorale già esistente e
pronta ad essere usata quando l’intero popolo “sovrano” sarà chiamato ad
eleggere un Parlamento di cui fino al referendum non sappiamo se sarà ancora
composto da due Camere o soltanto da una.
Situazioni
così complicate si verificano raramente, ma questa che abbiamo qui tratteggiato
guardabile da un punto di vista nazionale lo sarà molto di più se teniamo conto
anche del quadro internazionale: quello europeo di cui facciamo parte e che ha
raggiunto una situazione che dir drammatica è dir poco; quello americano che
affronterà tra pochi mesi le elezioni del presidente; quello dei Paesi
emergenti, Cina, India, Indonesia, Brasile, Sudafrica. Infine last but not
least una situazione economica che sta coinvolgendo l’intera società globale e
in particolare alcune Banche centrali: la Federal Reserve americana, la Banca
centrale europea e quella cinese.
Non s’era
mai visto un intero mondo di fronte a svolte così decisive e così interconnesse
tra loro.
L'abbiamo
più volte scritto su queste pagine: siamo di fronte alla crisi di un’epoca che
stravolge l’intero pianeta. La stessa ci racconta analoghi eventi avvenuti nel
corso di millenni, si comincia dal Tremila a. C. (prima era preistoria, più
immaginata che documentata) ma non era mai avvenuta una crisi d’epoca che
coinvolgesse l’intero pianeta, la sua politica, la sua economia e perfino il
suo clima e non era mai avvenuto che una tecnologia estremamente sofisticata
fosse diffusa e usata in tutto il mondo come strumento e talvolta addirittura
come regista che impone le sue scelte alle comunità che la usano.
In un quadro
di questo genere è chiaro che il voto italiano di oggi conta assai poco. È
chiaro, sì, ma altrettanto chiaro è che la realtà si muove a piccoli passi,
ciascuno dei quali è compiuto da singole comunità e da singole persone, alcune
più significative di altre. Bisogna cercar di capire quali siano gli elementi
determinanti. Le religioni ne sono uno, le filosofie un altro, l’interesse proprio
un altro ancora; infine l’esperienza consapevole che forse è lo strumento
fondamentale ma che pochi sono disposti ad usare. La lealtà e la storia di una
specie come la nostra, sarebbero molto diverse se le persone consapevoli
fossero numerose, ma non è così. Sono gli istinti a dominare e quello più forte
di altri è l’Interesse. Come il proprio? Ecco la domanda centrale ed è questa
cui siamo chiamati a rispondere.
***
Non vi
aspetterete certo che sia quella risposta il tema di questo articolo
domenicale, ma mi piaceva ricapitolare un quadro al quale personalmente ho
dedicato gran parte della mia vita. Ora l’ho fatto e vengo ad alcune situazioni
più vicine ad un commento giornalistico che scrivo con cadenza settimanale.
Comincerò
con un intervento di venerdì scorso di papa Francesco mentre partecipava ad un
convegno di giuristi. Francesco è una figura estremamente singolare. Essendo
nemico giurato d’una Chiesa che per secoli è stata dominata dal potere
temporale e lo è ancora da quanti non condividono le posizioni del Papa
attuale, Lui ha la capacità di spiazzarli e la usa all’improvviso quando
nessuno se lo aspetta; è il suo carattere che lo guida. All’improvviso ha preso
la parola e ha detto che la Chiesa deve occuparsi di politica alta. I presenti
sono rimasti sbalorditi: Francesco predica la politica? Alta, sia pure, ma
politica?
Sì, ha
proseguito Lui, la Chiesa deve schierarsi politicamente affinché la politica
sostenga il bene comune, l’interesse generale e il valore della misericordia.
Leggi, iniziative, mobilitazione di risorse materiali e loro impiego affinché
il bene comune sia tutelato e la misericordia diventi non soltanto una verità
religiosa ma una politica sociale verso i deboli, gli esclusi, i poveri. Questa
è la politica alta di papa Francesco. A me sembra che dovrebbe essere la
politica di tutti i responsabili consapevoli. Il bene comune è esattamente il
contrario dell’interesse proprio. Accade spesso che chi è mosso dall’interesse
proprio lo camuffi da bene comune. I demagoghi sono maestri di questa pratica e
sono loro gli avversari da individuare. Non è facile. Ma accade spesso che la
persona dominata dall’interesse proprio creda veramente di essere portatore del
bene comune. Non lo dice soltanto, ma lo pensa. Qual è il rimedio? La libertà e
la divisione dei poteri. Questa è la politica alta: tutelare la divisione dei
poteri e dei contropoteri.
Papa
Francesco due settimane fa ha addirittura esortato le nazioni europee a dar
vita ad un potere federato, in mancanza del quale le singole nazioni rispettano
soltanto l’interesse proprio e non quello comune d’una delle più alte civiltà
del mondo. Venerdì scorso ha ricordato papa Montini che la politica alta
l’aveva sempre praticata. E papa Giovanni che promosse il Concilio Vaticano II
e una delle sue finalità che fu l’incontro della Chiesa con la modernità
intellettuale e culturale.
Questa è la
politica alta e questa caratterizza il Pontificato di Bergoglio.
Tra i vari
punti di crisi ce n’è uno che sta sconvolgendo l’economia in genere e quella
monetaria in particolare. Si sta profilando in Usa e in Germania. È inutile
dire che le ripercussioni si diffondono sulla politica economica e monetaria di
tutto l’Occidente.
In Usa c’è
stata una netta caduta dei nuovi posti di lavoro. Può dipendere da molti
fattori, ma il primo soggetto a dover affrontare questa svolta è la Federal
Reserve e i tassi che attua sul dollaro. Qualche mese fa furono aumentati di un
quarto di punto. Secondo il programma già allora stabilito dovrebbero aumentare
ulteriormente di un altro quarto entro i prossimi due mesi e entro un anno
arrivare addirittura ad un punto. Le ripercussioni sono un rafforzamento del
dollaro, ma la Fed ha ora congelato il programma. Tutto è rinviato al 2017 in
attesa e con la speranza che l’andamento dell’occupazione torni ad aumentare.
Nel
frattempo la Germania attacca duramente la politica di Draghi che continua ad
aumentare la liquidità nelle forme più varie. Ha abbassato i tassi di interesse
per i depositi delle banche dell’Eurozona, si appresta ad acquistare
direttamente titoli emessi da imprese private e forse addirittura a fornire
liquidità direttamente ai cittadini con potere di acquisto medio-basso,
disponibili ad aumentare la domanda dei consumi e la disponibilità ad
investimenti privati. Infine suggerisce sgravi d’imposta che incoraggino
investimenti pubblici. Per l’Italia la Commissione suggerisce una politica di
forti tagli del cuneo fiscale da praticarsi immediatamente.
La Germania
giudica malissimo questa politica. Schäuble vorrebbe addirittura un
“german-Brexit”, appoggiato dall’olandese vicepresidente del Consiglio. La
Merkel, che un tempo appoggiava Draghi, stavolta tace e lascia parlare
Schäuble. Un “german- Brexit” che tornasse al marco o ad un euro con diverse
velocità?
Personalmente
avrò un incontro pubblico con Matteo Renzi al Festival delle Idee di Repubblica
la sera del prossimo 11 giugno, nella sala di Santa Cecilia all’Auditorium. Lo
dico qui per informare i nostri lettori ma anche per sottoporre una delle
domande, anzi la prima, che rivolgerò al nostro presidente del Consiglio: non
spetta all’Italia, cioè a lui, diffidare la Merkel da un “german-Brexit”?
E in quel
caso non spetta all’Italia di creare un fronte unico di tutti i Paesi
dell’Eurozona che fronteggi la Germania per la politica deplorevole che sta
attuando?
Questa
sarebbe una grande funzione politica ed economica, parallela o addirittura
convergente con quella di Draghi.
Eugenio Scalfari (La Repubblica, 5 giugno 2016)
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