domenica 5 giugno 2016

Se Berlino ritorna al marco, Renzi che farà?


 
Oggi 13 milioni di italiani vanno ai seggi elettorali per votare i sindaci e i consiglieri comunali di 1342 Comuni, alcuni dei quali molto importanti: Roma, Napoli, Torino, Milano, Bologna, Cagliari e molti altri.

Il voto avrà inevitabilmente un doppio significato: locale e nazionale. Avviene sempre così, ma questa volta il senso nazionale è reso più evidente per la sua connessione politica con il referendum costituzionale del prossimo 2 ottobre il quale a sua volta è strettissimamente collegato con la legge elettorale già esistente e pronta ad essere usata quando l’intero popolo “sovrano” sarà chiamato ad eleggere un Parlamento di cui fino al referendum non sappiamo se sarà ancora composto da due Camere o soltanto da una.

Situazioni così complicate si verificano raramente, ma questa che abbiamo qui tratteggiato guardabile da un punto di vista nazionale lo sarà molto di più se teniamo conto anche del quadro internazionale: quello europeo di cui facciamo parte e che ha raggiunto una situazione che dir drammatica è dir poco; quello americano che affronterà tra pochi mesi le elezioni del presidente; quello dei Paesi emergenti, Cina, India, Indonesia, Brasile, Sudafrica. Infine last but not least una situazione economica che sta coinvolgendo l’intera società globale e in particolare alcune Banche centrali: la Federal Reserve americana, la Banca centrale europea e quella cinese.

Non s’era mai visto un intero mondo di fronte a svolte così decisive e così interconnesse tra loro.

L'abbiamo più volte scritto su queste pagine: siamo di fronte alla crisi di un’epoca che stravolge l’intero pianeta. La stessa ci racconta analoghi eventi avvenuti nel corso di millenni, si comincia dal Tremila a. C. (prima era preistoria, più immaginata che documentata) ma non era mai avvenuta una crisi d’epoca che coinvolgesse l’intero pianeta, la sua politica, la sua economia e perfino il suo clima e non era mai avvenuto che una tecnologia estremamente sofisticata fosse diffusa e usata in tutto il mondo come strumento e talvolta addirittura come regista che impone le sue scelte alle comunità che la usano.

In un quadro di questo genere è chiaro che il voto italiano di oggi conta assai poco. È chiaro, sì, ma altrettanto chiaro è che la realtà si muove a piccoli passi, ciascuno dei quali è compiuto da singole comunità e da singole persone, alcune più significative di altre. Bisogna cercar di capire quali siano gli elementi determinanti. Le religioni ne sono uno, le filosofie un altro, l’interesse proprio un altro ancora; infine l’esperienza consapevole che forse è lo strumento fondamentale ma che pochi sono disposti ad usare. La lealtà e la storia di una specie come la nostra, sarebbero molto diverse se le persone consapevoli fossero numerose, ma non è così. Sono gli istinti a dominare e quello più forte di altri è l’Interesse. Come il proprio? Ecco la domanda centrale ed è questa cui siamo chiamati a rispondere.

***

Non vi aspetterete certo che sia quella risposta il tema di questo articolo domenicale, ma mi piaceva ricapitolare un quadro al quale personalmente ho dedicato gran parte della mia vita. Ora l’ho fatto e vengo ad alcune situazioni più vicine ad un commento giornalistico che scrivo con cadenza settimanale.

Comincerò con un intervento di venerdì scorso di papa Francesco mentre partecipava ad un convegno di giuristi. Francesco è una figura estremamente singolare. Essendo nemico giurato d’una Chiesa che per secoli è stata dominata dal potere temporale e lo è ancora da quanti non condividono le posizioni del Papa attuale, Lui ha la capacità di spiazzarli e la usa all’improvviso quando nessuno se lo aspetta; è il suo carattere che lo guida. All’improvviso ha preso la parola e ha detto che la Chiesa deve occuparsi di politica alta. I presenti sono rimasti sbalorditi: Francesco predica la politica? Alta, sia pure, ma politica?

Sì, ha proseguito Lui, la Chiesa deve schierarsi politicamente affinché la politica sostenga il bene comune, l’interesse generale e il valore della misericordia. Leggi, iniziative, mobilitazione di risorse materiali e loro impiego affinché il bene comune sia tutelato e la misericordia diventi non soltanto una verità religiosa ma una politica sociale verso i deboli, gli esclusi, i poveri. Questa è la politica alta di papa Francesco. A me sembra che dovrebbe essere la politica di tutti i responsabili consapevoli. Il bene comune è esattamente il contrario dell’interesse proprio. Accade spesso che chi è mosso dall’interesse proprio lo camuffi da bene comune. I demagoghi sono maestri di questa pratica e sono loro gli avversari da individuare. Non è facile. Ma accade spesso che la persona dominata dall’interesse proprio creda veramente di essere portatore del bene comune. Non lo dice soltanto, ma lo pensa. Qual è il rimedio? La libertà e la divisione dei poteri. Questa è la politica alta: tutelare la divisione dei poteri e dei contropoteri.

Papa Francesco due settimane fa ha addirittura esortato le nazioni europee a dar vita ad un potere federato, in mancanza del quale le singole nazioni rispettano soltanto l’interesse proprio e non quello comune d’una delle più alte civiltà del mondo. Venerdì scorso ha ricordato papa Montini che la politica alta l’aveva sempre praticata. E papa Giovanni che promosse il Concilio Vaticano II e una delle sue finalità che fu l’incontro della Chiesa con la modernità intellettuale e culturale.
Questa è la politica alta e questa caratterizza il Pontificato di Bergoglio.

Tra i vari punti di crisi ce n’è uno che sta sconvolgendo l’economia in genere e quella monetaria in particolare. Si sta profilando in Usa e in Germania. È inutile dire che le ripercussioni si diffondono sulla politica economica e monetaria di tutto l’Occidente.

In Usa c’è stata una netta caduta dei nuovi posti di lavoro. Può dipendere da molti fattori, ma il primo soggetto a dover affrontare questa svolta è la Federal Reserve e i tassi che attua sul dollaro. Qualche mese fa furono aumentati di un quarto di punto. Secondo il programma già allora stabilito dovrebbero aumentare ulteriormente di un altro quarto entro i prossimi due mesi e entro un anno arrivare addirittura ad un punto. Le ripercussioni sono un rafforzamento del dollaro, ma la Fed ha ora congelato il programma. Tutto è rinviato al 2017 in attesa e con la speranza che l’andamento dell’occupazione torni ad aumentare.

Nel frattempo la Germania attacca duramente la politica di Draghi che continua ad aumentare la liquidità nelle forme più varie. Ha abbassato i tassi di interesse per i depositi delle banche dell’Eurozona, si appresta ad acquistare direttamente titoli emessi da imprese private e forse addirittura a fornire liquidità direttamente ai cittadini con potere di acquisto medio-basso, disponibili ad aumentare la domanda dei consumi e la disponibilità ad investimenti privati. Infine suggerisce sgravi d’imposta che incoraggino investimenti pubblici. Per l’Italia la Commissione suggerisce una politica di forti tagli del cuneo fiscale da praticarsi immediatamente.

La Germania giudica malissimo questa politica. Schäuble vorrebbe addirittura un “german-Brexit”, appoggiato dall’olandese vicepresidente del Consiglio. La Merkel, che un tempo appoggiava Draghi, stavolta tace e lascia parlare Schäuble. Un “german- Brexit” che tornasse al marco o ad un euro con diverse velocità?

Personalmente avrò un incontro pubblico con Matteo Renzi al Festival delle Idee di Repubblica la sera del prossimo 11 giugno, nella sala di Santa Cecilia all’Auditorium. Lo dico qui per informare i nostri lettori ma anche per sottoporre una delle domande, anzi la prima, che rivolgerò al nostro presidente del Consiglio: non spetta all’Italia, cioè a lui, diffidare la Merkel da un “german-Brexit”?

E in quel caso non spetta all’Italia di creare un fronte unico di tutti i Paesi dell’Eurozona che fronteggi la Germania per la politica deplorevole che sta attuando?

Questa sarebbe una grande funzione politica ed economica, parallela o addirittura convergente con quella di Draghi.


Eugenio Scalfari (La Repubblica, 5 giugno 2016


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