La Costituzione italiana, all’art. 99, ha previsto
il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro quale organo
ausiliario dell’attività politica dello Stato in campo economico e
sociale, con lo scopo di assicurare uno stabile ed effettivo collegamento tra gli organi politici e la società.
Al Cnel, infatti, sono stati affidati compiti
rilevanti e strategici ovvero: consulenza ed elaborazione di pareri su
richiesta del Parlamento, del governo e delle Regioni; predisposizione
di testi con osservazioni e proposte sulle leggi che riguardano i
maggiori temi della politica economica e sociale; certificazione della rappresentanza sindacale
secondo l’importante accordo interconfederale del 2014, predisposizione
di rapporti periodici, studi ed indagini sui temi dell’andamento della
congiuntura economica, del mercato del lavoro, della contrattazione,
dell’immigrazione e della lotta alla criminalità; contribuzione al dialogo sociale come previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
Presso il Consiglio sono istituiti anche specifici organismi come l’Onc
(Organismo Nazionale di Coordinamento per le politiche di integrazione
sociale dei cittadini stranieri) e il Comitato Cnel-Istat che elabora
gli indicatori di progresso e di benessere. Come
sappiamo, l’eliminazione di questo organismo rientra tra le riforme
costituzionali che, tra qualche giorno, saranno sottoposte al vaglio
referendario. Se dovesse vincere il Sì, il Cnel sparirebbe
definitivamente.
Ora, è vero che l’efficienza del Cnel è stata messa in discussione
anche considerando il numero complessivo dei consiglieri (oggi 64). Ma
il Cnel è davvero un ente inutile e costoso? A leggere con attenzione i documenti e i dati pubblicati sul sito www.cnel.it sembrerebbe di no.
Accesso civico e open data rappresentano il principale strumento per
consentire ai cittadini di verificare l’effettivo rispetto dei principi
di buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione e nel periodo dall’1.9.2014 al 1.9.2015 sono stati registrati oltre 1 milione e 500mila visualizzazioni e più di 200 mila sono gli utenti registrati.
L’Archivio Nazionale dei Contratti Collettivi di Lavoro, il portale
statistico della Pubblica Amministrazione, l’Organismo per
l’immigrazione e tutti i documenti, le relazioni, le indagini e i
rapporti elaborati rappresentano un patrimonio che, con l’abolizione del
Cnel, sarebbe molto probabilmente destinato a perdersi sia nella sua dimensione storica sia per il futuro.
La scelta di eliminare il Cnel anziché riformarlo (come suggerito dalle parti sociali) non comporta neppure una reale riduzione di costi della spesa pubblica. Negli ultimi anni vi è stato un ridimensionamento dell’organizzazione del Consiglio e della relativa spesa per i consiglieri. Mentre il costo del personale non sarebbe azzerato essendo previsto il passaggio dei circa 60 dipendenti presso gli uffici della Corte dei Conti con una spesa pari a 4/5 milioni di euro l’anno.
Inoltre sull’organizzazione, il numero dei consiglieri e il gettone
di presenza, si sarebbe potuto intervenire con legge ordinaria (un
disegno di legge di “autoriforma” del Consiglio era già stato presentato
il 19.10.2011 ed è consultabile nella sezione documenti del sito).
E allora quale potrebbe essere la ragione di abrogazione del Cnel?
Viene il sospetto che una ragione possa risiedere nel non voler leggere
le relazioni e i pareri critici all’attività del governo o, peggio
ancora, le richieste correttive delle manovre in atto.
Ad esempio, con la relazione depositata il 7 novembre,
in occasione dell’audizione in Commissione congiunta Camera e Senato,
contenente le osservazioni al disegno di legge del bilancio dello Stato
per l’anno finanziario 2017 e per il triennio 2017-2019, il Cnel mette
in discussione la credibilità degli effetti della manovra di politica
economica proposta dal governo che si basa sulla crescita dell’economia mondiale (al 3,3%) e dei mercati esteri rilevanti (2,6%) che dovrebbe portare un incremento del Pil in misura dello 0,4% sul totale del 39,1% invece previsto.
Ma se la crescita non si verifica o se sarà inferiore quale copertura
avranno le spese? Il Cnel suggerisce al governo di monitorare i
cambiamenti sui mercati esteri e di mantenere un canale di comunicazione
con la commissione Ue. E altri sono gli interrogativi che pesano nelle
dieci pagine della relazione. La “manovra” di 27 miliardi è finanziata
in deficit per più della metà dell’importo; in questo modo si spostano
sulle generazioni future i relativi oneri.
Si evita l’aumento dell’Iva inserendo tra le coperture le misure di
contrasto all’evasione fiscale che dovrebbero, invece, essere
contabilizzate ex post. Ci si chiede, leggendo il rapporto del
Cnel, come mai il governo non considera affatto l’obiettivo di
finanziare la fornitura di servizi alle famiglie, come suggerito nel rapporto La famiglia come motore del rilancio del Paese (6 luglio 2016 in www.cnel.it)?
Come mai non tiene in considerazione, come base informativa, gli indici del progetto Benessere Equo e Sostenibile predisposto con l’Istat e concordato con le parti sociali (il rapporto Bes è pubblicato sul sito Istat)? E quale politica sociale il governo persegue con una manovra che abbandona la lotta alla povertà e alle disuguaglianze
per le fasce di popolazione individuate nei rapporti Istat (anno 2015
del 14.7.2016) e Caritas (17.10.2016) e non prevede politiche per il
Mezzogiorno e senza crescita per il Mezzogiorno non c’è crescita per
l’Italia? E allora è forse proprio questo che il Governo vuole abrogare:
la critica ragionata sui numeri, il dissenso, la verità…
*Avvocato giuslavorista, attenta al diritto euro-unitario ed alla
giurisprudenza delle Alte Corti, non trascuro la difesa nelle connesse
materie di diritto penale. Dedico il mio impegno, negli organismi e
nelle associazioni dell’avvocatura ed in altre non profit, per le azioni
di genere e per la formazione e l’occupazione dei giovani e, più in
generale, per la tutela dei diritti fondamentali. Nell’ultimo anno ho
affrontato il tema dell’immigrazione con la Scuola Superiore
dell’Avvocatura partecipando, quale componente senior, al gruppo di
studio sul Progetto Lampedusa. La mia terra di nascita è la Calabria, la
Sicilia quella di adozione. Vivo e lavoro a Messina ma adoro viaggiare.
Aurora Notarianni (Il Fatto Quotidiano - 23 novembre 2016)
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