Le crisi
delle banche del territorio, gli sviluppi della tecnologia, la crescita di
operatori specializzati e alcune innovazioni regolamentari stanno producendo
fenomeni nuovi nel sistema finanziario italiano: deflussi di depositi,
disintermediazione bancaria e riscoperta del contante nelle cassette di
sicurezza.
I gravi casi
di crisi della banca del territorio si stanno manifestando anche tramite
deflussi di depositi che si indirizzano verso altri operatori o perché ritenuti
più solidi o perché in grado di offrire servizi più evoluti e/o a costi più
bassi.
Tra i primi
vi sono le maggiori entità del sistema bancario italiano, tra i secondi le
banche reti, a caccia di risparmio da gestire. Si cominciano a osservare anche
forme di disintermediazione bancaria, soprattutto in ragione della, seppure
ancora lenta, crescita delle piattaforme di prestito diretto.
E il
fenomeno del contante conservato nelle cassette di sicurezza ha assunto
rilevanza tale da attirare l'attenzione del Governo alla ricerca di nuovi mezzi
di contrasto alla illegalità e di fonti aggiuntive di introito fiscale.
Il fenomeno
della disintermediazione bancaria tradizionale deve far riflettere sulle
possibili trasformazioni delle modalità di produzione e distribuzione delle
attività tipiche del retail banking, cioè dei mutui, dei finanziamenti alle pmi,
del credito al consumo, della gestione del risparmio familiare e dei servizi di
pagamento.
Questa
prospettiva, ancorché agli esordi, è sostenuta dal nuovo rapporto tra finanza e
tecnologia, che favorisce anche le opportunità di sviluppo degli intermediari
finanziari specializzati, diversi dalle banche, tramite nuovi processi
"remotizzati", che la tecnologia mette a disposizione.
In Italia,
si è compiuta di recente, nei confronti di questo segmento una profonda
revisione regolamentare, mediante la nascita di un nuovo albo di operatori di
cui all'art.106 del Testo Unico Bancario e l'introduzione di modalità di
vigilanza più severe.
Gli
operatori interessati appartengono alle categorie dei confidi, degli
intermediari finanziari di credito (prestiti al consumo, cessione del quinto,
rilascio di garanzie) e delle società fiduciarie (intestazione di patrimoni).
Completano
il quadro delle innovazioni normative le modifiche introdotte, anch'esse di
recente, relativamente ai mediatori creditizi e agli agenti in attività
finanziaria (Albo OAM), quelle riguardanti gli istituti di pagamento e di
moneta elettronica, ai sensi della nuova direttiva europea sui servizi di
pagamento e quelle sul microcredito, mentre sono da considerare normativamente
mature le modalità di ingresso e di uscita dal mercato di SIM e SGR.
Una volta
reso più affidabile per il consumatore l'intero comparto, è senza dubbio da
auspicare un aumento nell'offerta di prodotti, ma bisogna avere presenti fin
dal principio alcune condizioni che possono realmente segnare la differenza
rispetto ad un passato che ha sempre guardato con maggiore fiducia alle banche.
È pur vero
che le banche hanno la possibilità di operare a tutto tondo
nell'intermediazione creditizia, finanziaria e connessi servizi, ma è
altrettanto vero che questi operatori, in ragione dei rischi specifici della
categoria di appartenenza, hanno costi di regolamentazione minori.
Essi possono
quindi contribuire a soddisfare i fabbisogni finanziari di imprese e famiglie
con attitudine crescente, modalità innovative e trasparenza verso il
consumatore, sviluppando nuovi modelli di business.
Un tema
finora poco indagato è quello delle relazioni che possono instaurarsi tra
intermediari non bancari specializzati, in specie tra quelli non appartenenti a
gruppi bancari, per potenziare l'offerta al mercato.
Il requisito
mancante a confidi, finanziarie di credito e SIM attiene essenzialmente ai
servizi di natura monetaria, per erogare finanziamenti, incassare rate,
compiere altre transazioni monetarie, fino a far confluire risorse verso
prodotti di wealth management, senza sconfinare nella abusiva raccolta di
risparmio, rimasta prerogativa assoluta delle banche.
I servizi di
pagamento appaiono come il vero fattore abilitante di qualsiasi innovazione nel
campo finanziario e del commercio, tramite i quali queste esigenze possono oggi
essere soddisfatte.
La loro
entrata istituzionale sul mercato ha definitivamente interrotto il monopolio
del conto corrente per regolare qualsiasi tipo di transazione monetaria,
creando opportunità per una maggiore indipendenza operativa dalle banche e per
soluzioni più convenienti in termini di costi per la clientela.
Più in
particolare, le policy per scoraggiare l'uso del contante, la progressiva
perdita di peso degli assegni, l'azzeramento degli interessi sui rapporti
bancari a vista e il bisogno di maggiore trasparenza in termini di prezzi e
condizioni fanno emergere i vantaggi del conto di pagamento, strumento europeo,
che può essere collocato anche da payment institutions (istituti di pagamento e
istituti di moneta elettronica).
Nelle
versioni più evolute, esso consente di compiere tutti i tipi di incassi e
pagamenti elettronici, nel pieno rispetto degli standard Sepa e di essere
mobilizzato tramite carte di circuiti privativi e internazionali, piattaforme
di internet banking e telefonia mobile. Permette inoltre politiche di prezzo
molto più trasparenti a vantaggio del consumatore e incentivi quali il cash
back o il value back ed é pressoché esente dalla imposta di bollo.
Le modalità
per gestire queste relazioni di partnership tra intermediari non bancari
specializzati possono essere d'ordine contrattuale, anche multilaterale,
attraverso il ricorso al cosiddetto contratto di rete, il quale, introdotto
nell'ordinamento italiano nel 2009, mira ad incentivare tanto la capacità
innovativa quanto l'efficienza delle imprese aderenti.
Il contratto
di rete si presta, per sua natura a sviluppare profili di complementarietà,
consentendo di realizzare forme di collaborazione orizzontale, nel rispetto
dell'autonomia imprenditoriale di ciascun intermediario, per gestire in comune
attività tra loro non competitive, da offrire in modalità congiunta,
perseguendo nel contempo obiettivi di efficienza operativa, mediante scelte
comuni in materia di servizi informatici e professionali, selezione e
formazione del personale, gestione delle reti distributive.
Altri esempi
di collaborazione sono facilmente ipotizzabili nei riguardi delle nascenti
piattaforme di prestito diretto, di crowdfunding e di commercio elettronico.
La valenza
di un contratto di rete così articolato è soprattutto di natura strategica,
perché presuppone che da esso scaturisca un progetto comune volto a gestire un
quid novi per le aziende promotrici e per il mercato, fino a rappresentare
un'effettiva alternativa alle modalità del più tradizionale banking.
Questo
modello di business, nuovo per il mercato italiano degli intermediari non
bancari, avrebbe la possibilità di generare un minimo di scala produttiva, ma
soprattutto di creare economie di scopo, essenziali per la sopravvivenza di
soggetti di non grandi dimensioni, riconfigurando un'offerta meno dispersa
dell'attuale.
Tra le
novità va considerata la prospettiva di avviare e far crescere le cosiddette
Smart communities, nelle quali la valorizzazione di una pluralità di servizi
digitali per il cittadino muove dalla fruibilità di quelli finanziari e di
pagamento, i quali richiedono anche ricerca e sperimentazione per far crescere
la competitività.
Ma quale
sono le recenti vicende di un'industria dei pagamenti ai suoi albori?
Dobbiamo
purtroppo segnalare alcuni fattori negativi quali la frammentazione degli
operatori e la concentrazione in attività che non aiutano la diffusione dei
pagamenti elettronici di standard europeo, come ci mostrano le impietose
statistiche della Bce, che continuano a classificarci agli ultimi posti tra i
paesi europei. Mentre in termini di Pil pesiamo per circa il 12% del totale,
nei pagamenti Sepa diversi dal contante oscilliamo intorno ad una quota del 4%
delle transazioni che si effettuano annualmente nella UE, pari a oltre 110 mld.
Gli istituti
di pagamento e quelli di moneta elettronica sono al momento una settantina; di
questi la maggior parte è autorizzata ad operare nelle rimesse degli emigranti,
mentre un altro buon numero si occupa di bollettini postali, sui quali proprio
in questi giorni vediamo l'azione di riaccentramento di Poste Italiane, con massicce
campagne pubblicitarie.
Entrambi i
citati strumenti di pagamento non sono Sepa compliant, al contrario delle carte
di pagamento, dei bonifici (Sepa Credit Transfer) e degli addebiti diretti
(Sepa Direct Debit) e sono anche più costosi.
Inoltre un
terzo tra IP e IMEL ha la propria sede nei paesi anglosassoni, dai quali
operano tramite la licenza europea senza strutture di insediamento nel nostro
paese, con vantaggi competitivi non secondari.
Le
operazioni con carte di credito e di debito mantengono poi un ritmo di sviluppo
più basso della media europea, facendoci accumulare ulteriori ritardi, mentre
il paese subisce i costi di infrastrutture di pagamento maggiori, essendo
queste ultime cresciute molto più velocemente dell'utilizzo che ne viene fatto,
come dimostra il numero di Atm e di Pos, che insieme a quello degli sportelli
bancari, ci colloca ai primi posti in Europa.
Una
contraddizione non da poco se si considera anche il costo della
regolamentazione, assai pervasiva soprattutto in termini di sicurezza
informatica e di contrasto al riciclaggio e terrorismo, da spalmare su un numero
di transazioni totale e pro capite di gran lunga inferiore rispetto ai paesi
nostri concorrenti.
A cinque
anni dalla nascita dei primi operatori specializzati in strumenti di pagamento,
il contesto sembrerebbe dunque favorevole per un cambiamento strutturale dell'industria
nel suo complesso.
Auspichiamo
di conseguenza le prime aggregazioni tra istituti di pagamento e tra istituti
di pagamento e imel, e l'acquisizione di licenze della specie da parte di
operatori nazionali di grandi dimensioni operanti nella GDO, nella telefonia,
nei servizi autostradali e così via. Soltanto così si potrà creare una
struttura più robusta, in grado di aprirsi alle prospettive del mercato, per
contrastare, almeno in parte, l'affermazione ormai alle porte delle grandi piattaforme
internazionali di e-commerce.
In caso
contrario, dovremo rassegnarci ad un ruolo sempre più marginale della nostra
industria dei pagamenti, perdendo definitivamente la possibilità di agganciare
il carro dell'unica attività rimasta indenne dagli effetti della lunga crisi
economica di questi anni.
E rimanendo
al titolo dell'articolo, vogliamo chiudere con un richiamo alla necessità di
azioni sistemiche anche in tema di educazione finanziaria del cittadino, da
fondare su un'informazione più chiara e attendibile per una corretta percezione
dei vantaggi connessi con strumenti come il conto di pagamento e la moneta
elettronica.
La necessità
di spezzare il corto circuito di un'informazione finora rivelatasi
insufficiente, se non addirittura distorsiva delle scelte del cittadino ci deve
infatti evitare casi come quello capitato di recente ad un nostro amico che,
recatosi in una delle prime banche del paese per vendere le proprie
obbligazioni convertibili, è stato sconsigliato dal funzionario addetto con il
risibile argomento che "ora con Trump le obbligazioni aumenteranno di
prezzo".
Anche una
informazione finanziaria di migliore qualità è una novità da portare
definitivamente alla luce.
** G.
Coppola e D.Corsini sono coautori dell'e-book in via di pubblicazione presso
Goware dal titolo “Come difenderci dalle banche per spendere meno e salvare i
nostri risparmi”.