Segretario
Renzi, la sua prima intervista dopo il referendum si può incominciare solo
così: che sventola! Quanto le brucia?
"E deve
domandarmelo, non se lo immagina? Brucia, eccome se brucia. Tanto che il vero dubbio
è stato se continuare o lasciare. Ma poi uno ritrova la voglia e riparte".
Davvero
ha pensato di uscire dalla politica?
"Sì,
nei primi giorni. Mi tentava: e devo dirle, un po' per curiosità, un po' per
arroganza".
Poi?
"Poi ho
pensato che solo il vigliacco scappa nei momenti di difficoltà. Ho ripensato
alle migliaia di lettere ricevute, al desiderio di futuro espresso da milioni
di persone. La nostra battaglia è appena incominciata".
Una
rivincita o una vendetta?
"Nessuna
delle due: sono parole che pensano al passato. Noi guardiamo avanti, non
indietro".
Non
è anche questo un modo per scappare dalla sconfitta?
"Se uno
nasconde la testa sotto la sabbia e fa finita di niente, sì. Ma vorrei
ricordarle che io mi sono dimesso, in un Paese dove di solito le dimissioni si
annunciano".
Era
difficile resistere dopo aver
perso 41 a 59, lo ammette?
"Sarei
andato via anche con il 49 per cento. In realtà mi sono dimesso tre
volte".
Perché
tre?
"La
prima appena usciti risultati, domenica sera. La seconda davanti a Mattarella,
lunedì. Poi il Presidente mi ha chiesto di portare a casa la legge di bilancio,
l'abbiamo fatta in 48 ore. E con 173 voti a favore presi al Senato mi sono
dimesso per la terza volta. Adesso c'è il presidente Gentiloni cui va tutto il
nostro sostegno".
E
lei cosa sta facendo?
"Rifletto,
leggo, sto in famiglia. Vado al ricevimento professori dei genitori dei miei
figli. Ho ripreso a usare la bici. Riorganizzo la struttura del partito. Uso
gli occhi e le orecchie più che la bocca. C'era tempo solo per correre, prima.
Adesso mi sono fermato: avrei preferito non farlo ma non è così male".
Ma
non ha appena detto che le brucia?
"Umanamente
è una grande lezione, come tutte le sconfitte. Sa cosa mi spiace soprattutto?
Non essere riuscito a far capire quanto fosse importante per l'Italia questa
riforma. Abbiamo perso un'occasione che per decenni non ricapiterà. Ma nessuno
ci toglierà i mille giorni che abbiamo fatto, straordinari. E soprattutto
nessuno può toglierci il futuro. Abbiamo il tempo, l'energia, la passione per
imparare dalla sconfitta e ripartire ".
Improvvisamente
lei parla al plurale dopo una vita politica vissuta al singolare. E' il momento
di dire "noi", dopo troppi "io"?
"E'
stato uno dei miei limiti. Ma l'Italia che abbiamo trovato nel 2014, con il pil
al meno due per cento, aveva bisogno di una scossa. Dire io e metterci la
faccia è stato necessario".
Insomma,
"noi" non riesce a dirlo fino in fondo?
"Sto
imparando, vorrei ci provassimo tutti. Vede, il Pd potrebbe vantarsi di un Jobs
act votato dalla sinistra, di unioni civili votate dai cattolici, della legge
sul caporalato e del miliardo e otto stanziato per la povertà, degli oltre 17
miliardi di recupero dalla lotta all'evasione, dell'abbassamento delle tasse.
Invece i nostri votano in Parlamento, e tacciono nel Paese, anche sulle cose
più positive".
Non
starà qui a snocciolare la propaganda, visto che lo ha fatto ad ogni ora del giorno
e della notte in tv e non le è servito, non le pare?
"Quella
che lei chiama propaganda sono riforme che hanno aiutato un pezzo di Paese a
vivere meglio. Non ci hanno fatto vincere? Ok, ma sono fiero di averle fatte e
quei 13 milioni di voti raccolti al referendum sono un patrimonio di speranza
per il futuro".
Alt,
lei non può annettersi quel 41 per cento in automatico: non è un voto politico
per Renzi, è un voto referendario. Diverso, no?
"Diverso
quanto vuole. Ma non è che il 59 per cento è un voto politico e il 41 no. O
siamo al paradosso per cui Renzi conta solo nei voti contrari e non in quelli a
favore? Il 59 per cento è molto diviso al proprio interno, il 41 no. Temo che
qualcuno faccia i conti senza l'oste".
Vediamo
gli errori dell'oste, prima: qual è stato il più grave?
"Non
aver colto il valore politico del referendum. Mi sono illuso che si votasse su
province, Cnel, regioni. Errore clamoroso. In questo clima la parola riforma è
suonata vuota, meccanica, artificiale. Nel 2014 il Paese sapeva di essere a
rischio Grecia, l'efficienza aveva presa, funzionava perché serviva. Tre anni
dopo avrei dovuto metterci più cuore, più valori, più ideali. Insomma, meno
efficienza e più qualità".
Prima
diceva che ha corso troppo, ora aggiunge addirittura che vuole più cuore. In
questi tre anni abbiamo scritto tante volte che lei sostituiva il performer al
politico, l'acrobata al leader. Non tutto è prassi, dunque?
"Un
leader è sempre un po' acrobata, altrimenti vivacchia ma quelli che vivacchiano
non sono leader. Poi talvolta cade, ma preferisco rischiare piuttosto che
vivere nell'immobilismo. Ma se vuole andare più a fondo, ci sto: ho agito
spesso senza riuscire a fare una teoria di quel che facevamo, senza
"ideologizzare" la rotta del governo, senza raccontare la profondità
culturale di quel che proponevamo al Paese. Abbiamo fatto la più grande
redistribuzione di reddito della storia fiscale italiana - gli 80 euro - ma
abbiamo accettato che fosse presentata come una mancia. Ma almeno noi lo
abbiamo fatto, dopo anni di chiacchiere".
Più
cultura, dunque, non solo politique d'abord?
"Se
cerca uno slogan ne ho uno migliore: meno slide, più cuore".
E
magari meno Giglio Magico, no? Non crede sia una mancanza di ambizione
scegliere i più fedeli a Firenze invece che i più bravi in Italia?
"Dissento
radicalmente: io ho sempre cercato di scegliere i più bravi. Ogni leader nel
mondo ha un gruppo di collaboratori storici, anche del proprio territorio. E se
lei si riferisce a Boschi e Lotti le dico che sono due persone straordinarie,
professionisti eccellenti".
E
la Manzione, capo dei vigili urbani a Firenze che diventa responsabile del
dipartimento affari giuridici di Palazzo Chigi?
"Talmente
brava che è stata confermata anche da Gentiloni. Tutto qui questo mitico Giglio
Magico?".
E
il suo amico Carrai candidato per settimane a guidare la cyber security?
"E poi
non lo abbiamo nominato. Forse avrebbe fatto comodo la sua competenza, sa?
".
Ma
ci sarà pure un ufficiale dei carabinieri laureato all'Mit che è altrettanto
competente e in più ha giurato fedeltà alla Repubblica e non a lei, no?
"Adesso
ascolti me: all'Eni dopo un lungo colloquio ho nominato De Scalzi, che non
conoscevo, all'Enel Starace che non avevo mai visto, alle Ferrovie Mazzoncini che
non è certo fiorentino, a Finmeccanica Moretti, alla Cdp Costamagna. Vogliamo
parlare delle nomine nelle forze dell'ordine o ai servizi? Vogliamo discutere
di Guerra e Piacentini che hanno accettato di rinunciare a stipendi milionari
per lavorare con me? Vogliamo dire che col mio governo Fabiola Gianotti è
arrivata a dirigere il CERN e Filippo Grandi l'Alto Commissariato per i
rifugiati? Sono orgoglioso di queste scelte, altro che gigli e magie".
E
alla Rai?
"Alla Rai
cosa? Ho scelto un capo azienda del mestiere e l'ho lasciato lavorare".
Ma
quel capo azienda lo ha scelto nel bouquet della Leopolda o sbaglio? E due nomi
per lei scomodi come Berlinguer e Giannini non sono stati sostituiti?
"Non mi
pare che partecipare a un convegno alla Leopolda sia un reato. L'amministratore
delegato l'ho scelto per il mestiere, gli ho dato i poteri con la legge e i
soldi con il canone in bolletta. Per il resto sfido chiunque a dire che ho
messo bocca in una sola nomina. L'unica cosa che è veramente figlia di una mia
proposta è stata la cancellazione della pubblicità dalla tv dei bambini. Sul
resto io devo solo cercare il meglio per il futuro delle aziende. E lo farò
anche per il Pd".
Cioè?
"Il Pd
deve riflettere: a cosa serve un partito oggi? Come può la sinistra rispondere
alla crisi? Come dobbiamo cambiare? Si guardi in giro: in Francia i socialisti
non stanno benissimo. In Spagna per il Psoe abbiamo visto com'è finita, in
Inghilterra con Corbyn il Labour non vince, in Germania la Merkel va al 42,9
per cento, superata solo da Adenauer, negli Usa Obama raccoglie risultati
positivi nell'occupazione per 75 mesi e il Paese vota Trump. Non le dice
niente?".
Sta
pensando che la famiglia socialista appartiene al passato?
"Niente
affatto, si ricordi che ho portato io il Pd nei socialisti europei, cosa che
quelli di prima non erano riusciti a fare. Anni fa, quando qualcuno mi
consigliava di fare un partito nuovo, ho sempre risposto che se fosse capitato
un giorno di andare a palazzo Chigi un conto sarebbe stato andarci come capo
della sinistra italiana, e tutt'altro conto come un passante che ha vinto alla
lotteria. Io credo che la sinistra possa vincere e convincere. Ma deve entrare
nel nuovo secolo, tenere insieme le tradizioni e il futuro ".
Come?
"Le
nuove polarità sono esclusi e inclusi, innovazione e identità, paura e
speranza. Gli esclusi sono la vera nuova faccia delle disuguaglianze, dobbiamo
farli sentire rappresentati. L'identità è ciò che noi siamo, senza muri e
barriere, e non dobbiamo lasciarla alla destra. Quanto all'innovazione, è
indispensabile per non finire ai margini, ma ne ho parlato in termini troppo
entusiastici, bisogna pensare anche ai posti di lavoro che fa saltare. Insomma,
c'è un gran da fare per la sinistra".
E
come può farcela un Pd diviso, negletto, ridotto ai minimi termini?
"Non so
di quale Pd parli lei. Quello che conosco io ha preso il 40,8 per cento alle
Europee, miglior risultato di un partito politico in Italia dalla Dc del 1959.
Sono convinto che se il 4 dicembre si fosse votato per i partiti, saremmo
risultati nettamente primi. Certo, adesso c'è da fare. Lanceremo una nuova
classe dirigente, gireremo in lungo e largo l'Italia, scriveremo il programma
dei prossimi cinque anni in modo originale. Siamo ammaccati dal referendum ma
siamo una comunità piena di idee e di gente che va liberata dai vincoli delle
correnti. Ci sarà da divertirsi nei prossimi mesi dalle parti del
Nazareno".
Per
questo vuole andare a votare subito senza far finire la legislatura?
"Mi è
assolutamente indifferente. Io non ho fretta, decidiamo quel che serve
all'Italia, senza ansie ma anche senza replicare il 2013 dove abbiamo pagato un
tributo elettorale al senso di responsabilità del Pd. Forse alcuni parlamentari
- specie dei nuovi partiti - sono terrorizzati dalle elezioni perché sanno che
non avrebbero i voti neanche per un'assemblea di condominio. Ma noi no. Noi
faremo ciò che serve al Paese ".
Ma
lei è sicuro che le piaccia il mestiere di segretario del Pd ed è sicuro di saperlo
fare?
"Vedremo
se sarò capace, le rispondo tra qualche mese. Perché me lo chiede?".
Perché
ha dato l'impressione spesso di usare il partito come un taxi per arrivare a
palazzo Chigi.
"Io
credo nel Pd, credo nell'intuizione veltroniana del partito maggioritario,
credo possa essere la spina dorsale del sistema, soprattutto in un quadro
bipolare come piace a me".
Quindi
rimane favorevole al ballottaggio, anche con Grillo in campo?
"Sì, è
il modo per evitare inciuci, governissimi, larghe intese tra noi e Forza Italia
che non servono al Paese e aprono un'autostrada al grillini. Ballottaggio, o se
no Mattarellum. Se poi dalla Corte verrà fuori un sistema diverso ci
confronteremo con gli altri. Col maggioritario il Pd è il fulcro di un sistema
simile alla democrazia americana. Con il proporzionale torniamo a un sistema
più simile alla democrazia cristiana. Ma il Pd sarà decisivo comunque. Il
futuro dell'Italia passa da noi, dai nostri sindaci, dalla comunità di valori
della nostra gente. Che non ne può più di chi tutti i giorni spara contro il
quartier generale ".
Scusi,
anche a me non piacciono gli inciuci e le large intese, ma si ricorda che lei
ha scelto di governare con Verdini?
"Scelto?
Sono io che ricordo a lei che alle ultime elezioni politiche il Pd - non
guidato da me - aveva preso il 25 per cento, non il 40. Senza Verdini lei oggi
non avrebbe le unioni civili".
E
se nel Pd si preparasse una scissione a sinistra?
"Non mi
sembra l'aria. Una parte del gruppo dirigente ha votato "no" con
Lega, Grillo e Berlusconi, ma il 91 per cento degli elettori del Pd ha votato
sì. La scissione la farebbero i parlamentari, non gli iscritti. Nonostante le
leggende nere, abbiamo perso a destra, non tra i compagni".
Dica
ai compagni che non lascerà morire l'Unità: può dirlo?
"Faremo
di tutto. Vedrò Staino e gli editori la settimana prossima. Ma se il giornale
vende poco davvero pensiamo che la colpa sia del segretario del partito?
Lavoreremo a una soluzione con umiltà e buon senso".
Da
segretario lei è sembrato credere nell'Anno Zero, nel renzismo, accontentandosi
di rappresentare solo metà partito, non tutto. E' così?
"Se ho
dato questa impressione, ho sbagliato. Ma non c'è stato giorno senza che una
parte della vecchia guardia mi abbia attaccato, anche in modo sgradevole a
livello personale, quasi fosse stata lesa maestà sconfiggerli al congresso.
Perché non dice che sono stato circondato nel Pd da un vero e proprio
pregiudizio, secondo cui non ero degno di rappresentare la sinistra? ".
Lei
sente di rappresentarla?
"Certo,
secondo la sua storia e le mie convinzioni. Per me essere di sinistra è anche
innovare: essere garantisti sulla giustizia, abbassare le tasse, non andare
necessariamente a rimorchio del sindacato che contesta ideologicamente i
voucher e poi li usa. Lo farò. L'ho fatto. La battaglia sull'accoglienza agli
immigrati in Europa l'abbiamo fatta noi. E anche quella contro l'austerità come
ideologia, non come necessità. Io ricordo benissimo il primo vertice europeo a
Ypres nel giugno 2014, siamo finiti 2 contro 26 nel voto. Poi la nostra linea
ha camminato. Troppo poco? Può darsi. Risultati parziali? Non c'è dubbio. Ma da
dove eravamo partiti?"
Lo
dica lei.
"Crede
davvero che se non fossimo stati sul bordo della palude avrebbero dato la guida
del governo a uno di 39 anni, senza quarti di nobiltà e senza padrini
politici?".
Non
avrà sangue blu, ma ha un'indubbia attrazione per il potere economico e
imprenditoriale: non è eccessivo?
"Rivendico
gli incontri con chi salva un pezzo di produzione industriale in questo Paese.
Ma non è vero che cerco solo gli imprenditori. Vado a Torino vado alla Fiat,
certo, dove riparte Mirafiori, ma vado anche al Cottolengo. Colpa mia se per
voi Marchionne fa notizia e don Andrea no? Dove non mi troverà mai è nei
salotti, soprattutto a Roma".
Nelle
banche però vi hanno trovati, da Etruria a Mps: non crede che vi sia costato
molto elettoralmente?
"Sì. Ma
è una clamorosa menzogna. E non vedo l'ora che parta la commissione di
inchiesta per fare chiarezza sulle vere responsabilità, dai politici ai manager
ai controllori istituzionali".
Ma
lei come ha fatto a dire che "Mps è un bell'affare, un brand su cui
investire" mentre andava a rotoli?
"Ho
detto in pubblico quel che ho ripetuto a tutti gli investitori stranieri.
Avevamo creato le condizioni per un investimento estero importante - il fondo
del Qatar - che ha detto no il giorno dopo il referendum per l'instabilità
politica. Non ci sarebbe stata operazione pubblica da venti miliardi con la
vittoria sulle riforme".
E
perché ha voluto far fuori Viola per far posto a Morelli gradito a Jp Morgan?
"Sfido
chiunque a dimostrare che ho preso posizione contro Viola o a favore di
Morelli. Piuttosto, sulle banche abbiamo perso con Monti la vera occasione di
fare la bad bank come la Merkel. Ci sono responsabilità politiche decennali. E
sul Monte prima o poi qualcuno racconterà la vera storia, da Banca 121 a
Antonveneta. A proposito, vediamo cosa dirà la commissione di inchiesta sulle
popolari venete".
E
Etruria quanto vi è costata, col padre della Boschi in Consiglio?
"Molto.
Ma abbiamo fatto tutto quello che andava fatto. Abbiamo commissariato la banca,
mandato a casa gli amministratori compreso il padre della Boschi, Etruria è
l'unica banca sanzionata due volte, ci sono indagini della magistratura e ci
saranno processi: vedremo chi sarà condannato e chi no. Ma noi siamo stati di
una trasparenza cristallina. In tempi di post verità e di bufale virali posso
sperare che ci sia ancora qualcuno che legge le carte e non i tweet preparati
in modo scientifico dalla Casaleggio e associati? Mi colpisce molto che Arezzo
e Siena siano tra le poche città in cui il Sì ha vinto: segno che chi sta sul
territorio conosce la verità e non crede alle rappresentazioni di comodo
".
C'è
ancora la Consip, i cui dirigenti sono stati avvertiti delle "cimici"
disposte dalla Procura di Napoli e le hanno tolte prima che funzionassero. La
soffiata, dice l'amministratore delegato, viene dal ministro Lotti, dal
comandante dei Carabinieri Del Sette e dal comandante della Toscana
Saltalamacchia. Non è grave? Non è giglio? Non è logico pensare che anche lei
potesse sapere, visto che suo padre ha legami con l'imprenditore Romeo,
indagato nell'inchiesta?
"La mia
linea è sempre una sola: bene le indagini, si vada a sentenza. Noi chiediamo ai
giudici di fare presto, sempre. Abbiamo visto polveroni su Tempa Rossa, Penati,
Errani, Graziano e non c'è stata condanna. Notizie sparate in prima pagina per
le richieste e nascoste per le assoluzioni. Aspetto di vedere la sentenza.
Qualcuno ha violato la legge? Si dimostri con gli articoli del codice penale,
non con gli articoli dei giornali. E chi ha sbagliato, se ha sbagliato,
paghi".
C'è
un fatto già certo: quelli le cimici le hanno tolte perché qualcuno li ha
avvertiti, e i suoi uomini sono sospettati della soffiata. Non è già questo
gravissimo?
"Mi
interessano le sentenze, non i sospetti. Ovviamente non ho alcun dubbio sulla
totale correttezza dei carabinieri e dei membri del governo in questa vicenda.
Ma del resto basta aspettare per averne certezza".
Nel
frattempo, mi scusi, non sarebbe bene che i vostri familiari si astenessero da
affari che riguardano il settore pubblico, per il periodo temporaneo in cui
avete l'onore di guidare la sinistra o il Paese?
"Condivido
il principio e non mi risultano affari di mio padre con il pubblico. Si è preso
un avviso di garanzia appena io sono andato a Palazzo Chigi. Quando è accaduto
io sono andato in tv, da premier, e ho dato solidarietà, ma ai magistrati, non
a mio padre. Alla fine è stato archiviato. Male non fare, paura non
avere".
Non
crede che il Pd abbia bisogno di aria fresca, troppi indagati, troppi notabili,
troppe compromissioni come denunciava Saviano?
"Il
mancato rinnovo della classe dirigente è stato un mio limite. Saviano lo ha
detto con un tono discutibile, ma nel merito aveva ragione. Non si cambia il
Sud poggiando solo sul notabilato. Idee nuove e amministratori vecchi?
Sbagliato, non funziona. Togliere le ecoballe è importante, ci mancherebbe. Ma
più ancora aprire il Pd a facce nuove. Voglio farlo".
Rimpiange
di essere salito a palazzo Chigi dall'ascensore di servizio e non dallo scalone
d'onore, con il voto?
"No.
Per la mia immagine è stato un errore, ma serviva al Paese e l'Italia vale di
più della mia immagine. Ma lei ricorda quei momenti? Eravamo bloccati e
impauriti, la disoccupazione cresceva, il Pil crollava. Ora l'Italia ha qualche
diritto in più e qualche tassa in meno. Ancora non andiamo bene, ma andiamo
meglio di prima. Dobbiamo stringere i denti e fare di più".
Non
sente oggi come suona male quella continua polemica coi gufi e i rosiconi?
"Bisognava
dar l'idea della svolta. Forse non dovevo usare quelle parole, va bene: ma
l'ottimismo fa parte della politica. Detto questo adesso posso confessarlo: a
me i gufi stanno simpatici. Gli animali, intendo".
Grillo
punta invece sul catastrofismo: conviene?
"Sì.
Lui vince se denuncia il male. Non se prova a cambiare. Quei ragazzi sono già
divisi, si odiano tra gruppi dirigenti, fanno carte e firme false per farsi la
guerra. Ma sono un algoritmo, non un partito. Lui è il Capo di un sistema che
ripete ai seguaci solo quello che vogliono sentirsi dire, raccogliendo la
schiuma dell'onda del web. Dovremmo fare una colletta per liberare la Raggi e i
parlamentari europei dalle orrende manette incostituzionali che multano
l'infedeltà al partito, ogni ribellione o autonomia. Ma quelli che vedevano la
deriva autoritaria nella riforma costituzionale, su questo tacciono. Se
l'immagina una misura del genere nel Pd? Io non voglio una sinistra
dell'algoritmo: la voglio libera, capace di pensare con la sua testa, coi suoi
valori, la sua cultura, i suoi ideali".
Meglio
tardi che mai, segretario, la strada è lunga. E se alla fine non dovesse
portarla a palazzo Chigi, se non ci tornasse più?
"Chissà,
vedremo. In ogni caso che male c'è? Ho lasciato il campanello a Paolo e ho
visto i miei amici entrare in sala Consiglio mentre io me ne andavo. Penso che
sia giusto così. Quando si perde deve pagare il capo, non un capro espiatorio a
caso. Mentre camminavo sulla guida rossa, col drappello militare che rendeva gli
onori al Capo del governo uscente, inchinandomi alla bandiera, ho pensato che
in questi tre anni ho cercato di fare il mio dovere con disciplina e
onore come dice la Costituzione. Se torneremo a Chigi, faremo tesoro degli
errori e proveremo a fare ancora meglio. Se non ci torneremo, abbiamo servito
il Paese più bello del mondo per mille giorni. Dica lei: che posso volere di
più?".
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