Nella maggior parte dei casi, l’immagine
applicata sulla Carta d’Identità non solo non risulta gradita al soggetto, ma,
paradossalmente, non soddisfa nemmeno il fotografo che l’ha realizzata. Furono
le Forze dell’Ordine e gli organi di Polizia ottocenteschi i primi a ritenere
utile conservare una fotografia segnaletica dei malviventi. In questi casi,
tuttavia, veniva utilizzato ogni tipo di immagine come le foto ricordo o i
gruppi di famiglia e, talvolta, perfino quelle più truculente scattate “post
mortem” ai banditi uccisi durante la cattura.
Appaiono immediatamente evidenti le differenze
tra il classico ritratto fotografico ed una comune fototessera, infatti,
quest’ultima, pur rappresentando un volto in primo piano, deve avere delle
caratteristiche precise ed indispensabili che non permettono alcun apporto
artistico, ma consentono solo un risultato neutro e spesso antiestetico.
Sono ritenute valide solo le fotografie in bianco
e nero ed a colori che rispettano le norme internazionali ICAO – ISO (ISO/IEC
JTC 1/SC 37 N506). Oltre al tipico formato della stampa
(mm.40x33mm.), è fondamentale che la ripresa debba essere
frontale e l’espressione “vaga”. Non devono essere
presenti oggetti, arredi o altre persone e lo sfondo chiaro
serve ad impedire a chiunque di modificare i contorni del volto “pasticciando”
barbe o capigliature improbabili. Gli occhiali sono ammessi, ma la montatura,
come l’acconciatura dei capelli, deve lasciare interamente visibili entrambi
gli occhi. Fino a pochi anni addietro, per molti anziani, la coppola
o il basco calato sulla fronte, rappresentavano accessori inseparabili come per
molte signore un vezzoso foulard o un severo “scialle all’uncinetto”,
sennonché, sulla fototessera, non potevano venire indossati dai loro
affezionati possessori.
Come se non bastassero questi imprescindibili
parametri, anche l’illuminazione non deve produrre ombre
visibili e l’impossibilità di ammorbidire la carnagione del soggetto ricorrendo
ad un delicato effetto flou, stronca definitivamente ogni velleità creativa da
parte di chi si trova dietro l’obiettivo e mortifica le ultime vanità anche
delle modelle più carine e solitamente attraenti.
I fortunati individui in possesso di un bell’aspetto sono certamente
avvantaggiati davanti al fotografo, ma, comunque, è alla portata di tutti
ottenere un certo miglioramento attraverso la scelta dell’abbigliamento e dei
colori più adeguati alla propria personalità e ad una postura rilassata, ma
composta. E, infine, se, indipendentemente dalle circostanze e dall’ambiente in
cui si trova, il soggetto fotografato “viene sempre bene!” definiamolo
pure, con un po’ d’invidia, fotogenico.
La bravura del fotografo, in quasi tutte le
occasioni in cui una o più persone devono stare ferme “in posa”,
sembra proprio che consista non tanto nella preparazione tecnica, quanto nella
personale capacità di fare dimenticare ai soggetti la presenza
dell’apparecchio con cui li sta inquadrando.
Andrea di
Napoli (L’Inchiesta Sicilia, 10 maggio 2016)
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