giovedì 22 giugno 2017

Il pulpito delle regole

 
Grazie a Graziella, che scrive dall’Oman 
Decine e decine di lettere, storie di vita, sul tema della cittadinanza. Cosa voglia dire ‘essere di’. I doveri, i diritti. La paura, il tempo di disordine in cui viviamo che spinge cercare un ordine. Ma quale ordine. Gli esempi del passato, la Storia. Tra tante vi propongo la lettera di Graziella, che offre un altro punto di vista – in un certo senso uno specchio. E’ nata in Germania da genitori italiani. Si sentiva tedesca, è rimasta italiana, è tornata del nostro Paese dove non ha trovato quel che le occorre per vivere ed è infine ripartita. Vive in Oman. Dice, Gabriella, una cosa semplice: che si può pretendere il rispetto delle regole quando si è i primi a osservarle. E’ la vecchia storia del pulpito e la predica: ci si pensa sempre troppo poco, anche nel privato del nostro agire.

“Ho letto tutte le lettere, ci trovo la vita e mi fanno compagnia. Ad ogni lettera avrei qualcosa da scrivere, dire anche il mio punto di vista. Poi scappa il tempo. In questi giorni leggo sulla questione della cittadinanza e mi sono presa il mio tempo, invece, per ricordare i figli di italiani nati all'estero. Io sono una dei tanti, nata altrove. Sono venuta al mondo nel 1972 in Germania, da genitori che sono emigrati negli anni Sessanta".

"I racconti dei miei genitori non sempre hanno dimostrato pazienza e integrazione, ma i lavoratori ospiti (Gastarbeiter) si sono adeguati e con rispetto e tanto lavoro hanno fatto sì che la Germania diventasse quella locomotiva economica. Ma in Germania vi sono da sempre i cittadini che creano lo Stato, che rispettano le regole, che fanno in modo che le cose funzionino. Tanta immondizia magari è sotto il tappeto, ma sei vai in Comune hai i tuoi certificati. Hai la certezza che chi è allo sportello sappia cosa fa".

"Per tutta la mia permanenza in Germania avrei voluto avere la cittadinanza tedesca in quanto mi sentivo cittadina di quel paese; pensavo e parlavo quella lingua, andavo a scuola, avevo amici che parlavano tutti in tedesco. Addirittura tra italiani si parlava in tedesco. Eppure se volevo partecipare a qualche corso oppure avevo bisogno di un documento, dovevo sempre far ricorso ad uno stato di famiglia che attestava che fossi italiana. Era irritante, spesso e volentieri chi doveva compilare il modulo faceva fatica a comprendere che non fossi tedesca. Volevo quella cittadinanza perché desideravo essere come i cittadini che vedevo accanto a me".

"Mi è sempre mancato qualcosa. Anche perché al mio rientro in Italia ero la tedesca.... Ora che ho 45 anni mi sento cittadina del mondo ed il passaporto è un dettaglio, ma l'Italia prima di affrontare il problema cittadinanza deve avere dei cittadini che sappiano rispettare le regole, che siano loro i primi a farlo. Devono essere per primi gli italiani a rispettare il senso profondo della cittadinanza. Più di tutti quelli al potere: che facciano da esempio di onestà, lealtà, rispetto delle leggi in modo. Solo così si può chiedere a chi è ospite – a chi arriva, a chi nasce da stranieri in Italia - di fare altrettanto".

"Altrimenti accade come nel film di Gianni Amelio "Lamerica", che si pensa che in Italia basti rispondere a una telefonata e si vincono i milioni. La maggior parte della gente fa fatica e raramente vince qualcosa. Infatti dopo tantissimi anni ho nuovamente lasciato l'Italia e vivo altrove”.

Concita De Gregorio (La Repubblica - 22 giugno 2017)

 

Nessun commento:

Posta un commento

Tutto quanto pubblicato in questo blog è coperto da copyright. E' quindi proibito riprodurre, copiare, utilizzare le fotografie e i testi senza il consenso dell'autore.