Grazie a Graziella, che scrive dall’Oman
Decine e decine di lettere, storie di vita, sul tema della
cittadinanza. Cosa voglia dire ‘essere di’. I doveri, i diritti. La
paura, il tempo di disordine in cui viviamo che spinge cercare un
ordine. Ma quale ordine. Gli esempi del passato, la Storia. Tra tante vi
propongo la lettera di Graziella, che offre un altro punto di vista –
in un certo senso uno specchio. E’ nata in Germania da genitori
italiani. Si sentiva tedesca, è rimasta italiana, è tornata del nostro
Paese dove non ha trovato quel che le occorre per vivere ed è infine
ripartita. Vive in Oman. Dice, Gabriella, una cosa semplice: che si può
pretendere il rispetto delle regole quando si è i primi a osservarle. E’
la vecchia storia del pulpito e la predica: ci si pensa sempre troppo
poco, anche nel privato del nostro agire.
“Ho letto tutte le lettere, ci trovo la vita e mi fanno compagnia. Ad
ogni lettera avrei qualcosa da scrivere, dire anche il mio punto di
vista. Poi scappa il tempo. In questi giorni leggo sulla questione della
cittadinanza e mi sono presa il mio tempo, invece, per ricordare i
figli di italiani nati all'estero. Io sono una dei tanti, nata altrove.
Sono venuta al mondo nel 1972 in Germania, da genitori che sono emigrati
negli anni Sessanta".
"I racconti dei miei genitori non sempre hanno dimostrato pazienza e
integrazione, ma i lavoratori ospiti (Gastarbeiter) si sono adeguati e
con rispetto e tanto lavoro hanno fatto sì che la Germania diventasse
quella locomotiva economica. Ma in Germania vi sono da sempre i
cittadini che creano lo Stato, che rispettano le regole, che fanno in
modo che le cose funzionino. Tanta immondizia magari è sotto il tappeto,
ma sei vai in Comune hai i tuoi certificati. Hai la certezza che chi è
allo sportello sappia cosa fa".
"Per tutta la mia permanenza in Germania avrei voluto avere la
cittadinanza tedesca in quanto mi sentivo cittadina di quel paese;
pensavo e parlavo quella lingua, andavo a scuola, avevo amici che
parlavano tutti in tedesco. Addirittura tra italiani si parlava in
tedesco. Eppure se volevo partecipare a qualche corso oppure avevo
bisogno di un documento, dovevo sempre far ricorso ad uno stato di
famiglia che attestava che fossi italiana. Era irritante, spesso e
volentieri chi doveva compilare il modulo faceva fatica a comprendere
che non fossi tedesca. Volevo quella cittadinanza perché desideravo
essere come i cittadini che vedevo accanto a me".
"Mi è sempre mancato qualcosa. Anche perché al mio rientro in Italia
ero la tedesca.... Ora che ho 45 anni mi sento cittadina del mondo ed il
passaporto è un dettaglio, ma l'Italia prima di affrontare il problema
cittadinanza deve avere dei cittadini che sappiano rispettare le regole,
che siano loro i primi a farlo. Devono essere per primi gli italiani a
rispettare il senso profondo della cittadinanza. Più di tutti quelli al
potere: che facciano da esempio di onestà, lealtà, rispetto delle leggi
in modo. Solo così si può chiedere a chi è ospite – a chi arriva, a chi
nasce da stranieri in Italia - di fare altrettanto".
"Altrimenti accade come nel film di Gianni Amelio "Lamerica", che si
pensa che in Italia basti rispondere a una telefonata e si vincono i
milioni. La maggior parte della gente fa fatica e raramente vince
qualcosa. Infatti dopo tantissimi anni ho nuovamente lasciato l'Italia e
vivo altrove”.
Concita De Gregorio (La Repubblica - 22 giugno 2017)
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