E’ il cinque marzo duemiladiciotto,
terminati gli scrutini delle elezioni politiche sono noti i risultati: il
centrodestra (meglio dire la multiforme destra) ha vinto come previsto
le elezioni sfiorando il quaranta per cento, il Movimento cinque stelle
si conferma primo partito con il venticinque per cento ma accusa il colpo dei
disastri in cui si è imbattuto, tra notizie vere e gonfiate di irregolarità che
hanno fortemente nuociuto all’immagine di forza antisistema, il Pd si
è fermato al ventuno per cento, un risultato clamorosamente negativo ma atteso,
con la coalizione tocca il ventisei per cento. Renzi infatti
si affretta a scaricare la colpa sugli “scissionisti” che
hanno determinato l’arretramento che senza loro non ci sarebbe stato (motivo
per cui non si dimette anche se ormai è un’anatra più che zoppa). Liberi
e Uguali infatti raggiunge un appena dignitoso sei per cento che è il “minimo
sindacale” ma certo non costituisce un risultato utile per poter
incidere sugli equilibri nazionali, si tratta di ricominciare veramente dal
basso. Potere al popolo supera le previsioni dei sondaggi che
lo volevano all’un per cento e sfiora il quorum fermandosi ad un ottimo e
inutile duevirgolaotto per cento, grande soddisfazione morale, in realtà
un’altra debacle per la sinistra-sinistra.
Così si va verso il quarto governo Berlusconi
ottuagenario che nel frattempo ha ottenuto il via libera dalla Corte
di giustizia europea che gli restituisce i diritti politici passivi di
eleggibilità. Tutti questi dati sono viziati da un risultato di partecipazione
al voto a dir poco allarmante, ha votato infatti il quarantotto per
cento degli eventi diritto, mai una percentuale così bassa, ma
comunque non inficia l’esito delle elezioni per la cui validità, a differenza
che per i referendum, non è previsto un quorum di votanti, a riprova della
scarsa qualità e coerenza della nostra democrazia.
Così si forma un Parlamento pressoché totalmente
composto da nominati delle segreterie dei vari potentati o in-potentati che dir
si voglia, la vita politica italiana riprende il suo asfittico percorso con una
sola vera novità: Salvini diventa vice primo ministro con
l’incarico delle finanze e non primo ministro come sognava di essere, la Meloni
ministra degli Interni e così il sogno di una destra razzista e post fascista
pienamente riabilitata dalla storia viene a compiersi. Viva l’Italia.
Non è ancora la realtà ma un sogno premonitore, la
sinistra ha fatto di tutto per giungere a questo risultato ed ora sta
per pagarne le conseguenze il popolo italiano. Dovrebbero fare mente locale gli
apprendisti stregoni che hanno lavorato per un tale possibile risultato, in
primo luogo Matteo Renzi che porta, attraverso scelte
sciagurate, il suo (nel senso che ne è proprietario) partito ad una disfatta di
dimensioni cosmiche, coloro che l’hanno sostenuto a cominciare da Giorgio
Napolitano e il Presidente della Repubblica in
carica, Eugenio Scalfari e il suo giornale, Mannoni, la
Gruber e le rispettive reti televisive; l’elenco dei corresponsabili
è lungo ma scommettiamo che tra due mesi negheranno ogni cosa, scrivendo
profluvi di articoli e dichiarazioni di totale estraneità. A certe latitudini
ci si salva sempre il di dietro.
Può darsi che l’incubo non si avveri? Qualcuno crede
ai miracoli?
Sergio Caserta (Il Fatto Quotidiano - 20 febbraio 2018)
Credo rimarremo basiti per altri 4 anni, poi torniamo alle armi.
RispondiEliminaMaurizio